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Multe contestate e possibilità di ricorso

Multe contestate e possibilità di ricorsoMulte a Roma – LaPresse

Società Negli ultimi giorni si stanno moltiplicando le proteste contro sanzioni amministrative di dubbia legittimità per spostamenti ritenuti fuori dalla casistica autorizzata. Alcuni chiarimenti dell'avvocato Cesare Antetomaso, membro del direttivo nazionale di Giuristi Democratici

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 21 aprile 2020

Negli ultimi giorni si stanno moltiplicando le proteste contro sanzioni amministrative di dubbia legittimità inflitte dalle forze dell’ordine durante spostamenti ritenuti fuori dalla casistica autorizzata. Dai numeri ufficiali la percentuale delle contravvenzioni rispetto al totale dei controlli si aggira intorno al 5%. Si parla comunque di decine di migliaia di multe che, in base al Dpcm firmato da Giuseppe Conte il 10 aprile 2020, oscillano tra 400 e 3 mila euro. Diversi episodi segnalano un’interpretazione eccessivamente rigida della norma o persino sbagliata.

Se la sanzione di 533 euro inflitta in Toscana ai genitori di una bambina affetta da leucemia al ritorno da una visita in ospedale è stata ritirata in seguito alla figuraccia mediatica, in altre circostanze non c’è stato (almeno per ora) alcun lieto fine. Ieri a Milano un 59enne di origini peruviane è stato fermato nell’hinterland mentre andava a prendere la moglie parzialmente invalida dall’ospedale San Raffaele, dove lavora come operatrice sociosanitaria. È stato multato di 533 euro. Analoga sorte è toccata domenica scorsa all’infermiere Davide Brignola. A nulla è valso spiegare che rientrava a casa da una prestazione domiciliare. È andata male anche ad Andrea Bellotti, rider multato il 17 aprile a Bresso (Milano) per aver attraversato un parco, in bici e con le pizze nel cassone. «533 euro li guadagno in un mese», ha detto ai due vigili.

Per capire meglio come funzionano le sanzioni abbiamo intervistato l’avvocato Cesare Antetomaso, membro del direttivo nazionale di Giuristi Democratici, storica associazione che impronta la sua azione al principio del garantismo e annovera tra i suoi fondatori Umberto Terracini, Lelio Basso, Bianca Guidetti Serra e Ugo Natoli.

In alcuni casi le forze dell’ordine hanno contestato il mancato possesso del modello di autocertificazione. È un obbligo portarlo con sé?

Non è un obbligo avere il modello di autocertificazione stampato e compilato, mentre è obbligatorio riempirlo quando, per una qualunque ragione, venisse richiesto dall’autorità preposta al controllo. Le autorità lo hanno sempre a disposizione e quindi è possibile compilarlo nel momento.

La norma è scritta in maniera chiara o ci sono spazi di interpretazione particolarmente ampi?

La norma si può prestare a un eccesso di discrezionalità, anche se sono convinto che nella maggior parte dei casi la ragionevolezza possa prevalere. Rispetto al modulo di autocertificazione la cosa che ha destato maggiori perplessità è la dichiarazione relativa al proprio stato di salute. Probabilmente è formulata in modo infelice, perché nel momento in cui viene chiesto di certificare il proprio stato il soggetto potrebbe non essere a conoscenza di aver contratto il virus. Ma il senso della norma, benché possa apparire quello, riguarda solo il fatto di essere sottoposti o meno alle procedure di quarantena.

Cosa può fare il cittadino che ritenga di aver subito un torto?

Ci sono 30 giorni per presentare deduzioni difensive. Se il prefetto ritiene di accoglierle archivia, altrimenti infligge la sanzione. A quel punto sono previsti altri 30 giorni per impugnarla dal prefetto o davanti al giudice di pace. Per i ricorsi serve addurre prove che sostengano la legittimità dello spostamento (scontrini, fatture, ricevute, prescrizioni mediche, testimonianze). In questo caso, però, non si beneficia del pagamento ridotto, pensato dal legislatore proprio per dissuadere dal presentare ricorso.

È necessario un avvocato?

Non è necessario ma è consigliabile se la contestazione è articolata e la sanzione economica elevata, perché lì si è in presenza di una violazione ritenuta più corposa.

Con i rallentamenti alla macchina giudiziaria imposti dall’epidemia e la possibilità che arrivino migliaia di ricorsi c’è il rischio di una congestione dei procedimenti?

C’è il rischio di una dilatazione dei tempi, che già di per sé non sono rapidissimi. In genere, almeno su Roma, per la definizione davanti al giudice di pace ci vogliono 18-24 mesi. Si aggraverebbero, ma relativamente.

Migliaia di aziende sono rimaste aperte presentando ai prefetti l’autocertificazione di essere parte, a vario titolo, delle filiere essenziali. In questo caso, però, non sono state previste sanzioni pecuniarie per eventuali dichiarazioni mendaci. Non c’è una disparità di trattamento tra aziende e cittadini?

I cittadini trasgressori incorrono direttamente nella sanzione, mentre per le aziende, qualora ci siano gli estremi, la via è più tortuosa perché prevede un’ispezione susseguente all’autocertificazione. Nell’eventualità, è stata ritenuta sufficiente come «sanzione» la sospensione dell’attività, dalla quale deriverebbero ovviamente mancati introiti.

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