Alias

Muhammad Ali, una vita sul filo del ko

Il ring invisibile Una biografia romanzata del campione

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 2 novembre 2013

Alì prima di diventare Mouhammed Alì, il ragazzino prima del campione dei pesi massimi Cassius Clay, prima di conquistare l’oro alle Olimpiadi di Roma del 1960, prima di insultare i suoi avversari al controllo del peso, prima di diventare amico di Malcom X e convertirsi all’Islam. La rabbia cova in corpo da quando ancora ragazzino suo padre gli spiattella in faccia la pagina di un giornale, che riporta il volto sfigurato di Emmett, un ragazzo nero 14enne che vive nel nord America e va a trascorerre le vacanze estive dai suoi cugini nel Missisipi, dove nel 1955 la segregazione razziale la fa da padrone. Dalla terra dove proviene Emmett, i neri possono entrare nei negozi dei bianchi, e lui con un atto di sbruffoneria vuole dimostrarlo ai suoi cugini. Emmett entra in un negozio e fissa negli occhi la padrona bianca, poi esce.

A notte fonda lo andranno a prendere un gruppo di uomini bianchi a casa dello zio reverendo, lo porteranno fuori casa e lo massacreranno di botte, fino a cavargli gli occhi. Un assasinio che per i giudici non sussiste, tutti assolti. La madre di Emmett, però, mostra al pubblico e per più giorni il corpo del figlio, nonostante il divieto della polizia. Quel corpo martoriato è la scintilla per lo scoppio delle rivolte spontanee dei neri negli Stati Uniti, che si riversano nelle strade e nei quartieri riservati ai bianchi. Cassius Clay prima e Mouhammed Alì poi, vivranno con la rabbia in corpo la morte di Emmett, una rabbia che scatenerà i pugni di Alì sul ring.

Il volto tumefatto di Emmett rappresenterà per tutta la vita trascorsa sul ring la coscienza di Alì, il metro per misurare e prendere le distanze da parolai, truffatori, cialtroni, giornalisti servili, bianchi gentili con lui solo per arraffare soldi:” Emmet, Emmet, Emmet, sei stato stupido come Sansone che si è fatto avvicinare da Dalila e dai Filistei, Sansone che spiattellava il segreto della sua forza a ogni orecchio femminile che gli capitava a portata di labbra. Sei stato stupido come Joe Luis, tornato sul ring a farsi massacrare da Joe Marciano. Emmet, tu che non conosci la regola d’oro della distanza e della vicinanza, Emmett, povero ciclatante imbecille, fratello mio massacrato, ti prometto che non permetterò a nessuno di avvicinarsi a me”.

Alban Lefranc, poeta e scrittore francese, recentemente insignito del premio Gran Prix Sport e Littèrature 2013 per aver scritto Il Ring Invisibile, una biografia romanzata di Mouhammed Alì, pubblicato in Italia da 66thand2, ripercorre il passaggio dalla prima adolescenza ai primi successi sul ring, un percorso segnato dalla morte violenta di Emmett, dalla vita agra del padre, che al bar annegava nell’alcol i dispisceri della vita, come tanti altri neri, fino a quando a tarda notte la madre gli chiedeva di andarlo a prendere, perché incapace di percorrere un metro talmente era ebbro. E’ al bar che Alì impara gli insulti più feroci, che i neri ubriachi si rivolgevano tra loro e che Mouhammed rimanderà agli avversari e al mondo intero.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento