La narrazione della saga della Marvel continua a riservare sorprese. La serie Ms Marvel è una piccola rivoluzione nelle rappresentazioni mediatiche su larga scala. Stereotipi razzisti e sessisti sono sovvertiti dalla storia della protagonista. Kamala ha 16 anni e come tante ragazze/i della sua età è alla ricerca del suo posto nel mondo. È una brava studente, scrive storie e ha una grande passione per Captain Marvel. La sua ricerca identitaria, tipica dell’età adolescenziale, è attraversata anche dalle sfide poste dall’essere una ragazza statunitense di origine pakistana che vuole tenere insieme le sue multiple appartenenze. La sua è, almeno inizialmente, una storia come tante: la sua famiglia si è stabilita da Karachi a Jersey City per migliori opportunità lavorative e migliori possibilità per i figli. Il loro percorso rientra in una di quelle storie di migrazione definite di «successo»: dopo le difficoltà iniziali sono arrivati un buon lavoro, una bella casa, un’accogliente comunità musulmana di riferimento, positivi rapporti con i vicini non musulmani. A un certo punto però Kamala scopre di avere dei super poteri che le arrivano dalla sua bisnonna materna. Un antico e magico bracciale trovato per caso trasforma il suo corpo e le permette di entrare in quel mondo di supereroi/eroine di cui aveva sempre sognato di far parte. In quel mondo fantastico il suo nome è Ms Marvel. Siamo così di fronte a una moderna storia di formazione secondo il canone del genere supereroistico, che qui ha tratti spiccatamente emancipatori e per certi versi femministi. E fin qui niente di totalmente nuovo.

Nel 2021 sempre per la Marvel era uscito Black widow con Scarlett Johansson che rappresenta probabilmente il prodotto migliore nel superamento dei paradigmi sessisti per questo genere cinematografico. Ciò che rende questa serie della Marvel diversa dalle altre è il fatto che la supereroina è musulmana. I sei episodi di cui si compone la serie hanno continui rimandi all’Islam e al modo di vivere di una comunità musulmana diasporica negli Stati Uniti, in questo caso quella pakistana. Elemento questo che caratterizza in maniera forte la serie e che spiega probabilmente perché questa non abbia avuto in Italia lo stesso successo che dall’altra parte dell’Oceano.

Il primo episodio della serie si apre con Kamala che si prepara ad andare a fare l’esame per la patente mentre il fratello prega. Questo incipit circoscrive sin da subito il contesto dentro il quale si sviluppa la serie: una famiglia e una comunità musulmana nel cuore dell’occidente. La sceneggiatura è ricca di dettagli che ricostruiscono un ambiente americano segnato dall’Islam, oltre che da specifiche tradizioni pakistane. La stessa lotta della supereroina contro il male è legittimata da principi islamici. La citazione – non esplicitata nella fonte – del versetto 5:32 del Corano: chi uccide una persona uccide l’umanità, chi salva una persona salva l’intera umanità, che risuona sul finire della serie, rende la scelta di Kamala/Ms Marvel di combattere il male anche islamicamente giusta e lecita.

Sin da subito appare chiaro che lo scopo della serie è quello di «normalizzare» la vita dei musulmani in un paese fortemente segnato da islamofobia e pregiudizi razziali, sulla lunga scia del post 11 settembre. La famiglia di Kamala, padre, madre e un fratello, vive in armonia e amore. Non mancano conflitti tra Kamala e i genitori legati a questioni di regole comportamentali, ma sono sempre posti dentro una cornice rispettosa e non violenta. I personaggi maschili sono quelli probabilmente più sovversivi della serie rispetto ad immaginari consolidati sui ruoli di genere nell’islam. Il padre e il fratello di Kamala, come anche l’imam della moschea sono personaggi gentili, buoni, accoglienti, espressioni di mascolinità inaspettate nella narrazione egemonica dell’uomo musulmano.

Un islam progressista e libertario occupa la scena lungo i 6 episodi. La migliore amica di Kamala, Nakia, che ha scelto di velarsi – diversamente da lei e in contrasto con i suoi genitori – è apertamente impegnata nella lotta per i diritti delle donne. Critica verso quello sguardo occidentale che considera i musulmani una minaccia, ma anche verso le letture oscurantiste dell’Islam, Nakia riesce a farsi eleggere nel consiglio della moschea con l’obiettivo di far avanzare l’uguaglianza di genere anche negli spazi religiosi. Il suo personaggio è quello che meglio racconta la cosiddetta corrente del gender jihad o femminismo islamico, una pratica e un pensiero i cui principi nutrono ampiamente la sceneggiatura di Ms Marvel. Il cosiddetto gender jihad si basa sull’idea che l’Islam abbia garantito diritti e libertà alle donne, ma che i testi religiosi siano stati interpretati in maniera misogina nel corso dei secoli escludendo le donne dal lavoro esegetico, di scrittura del diritto e poi dallo spazio pubblico, per infine relegarle nelle case in posizioni di inferiorità, secondo una gerarchia dei generi che nega l’autentico messaggio islamico. In questa prospettiva le donne possono e devono battersi per libertà e diritti a partire da una rilettura del Corano e degli altri testi dell’Islam. Si tratta di una visione dell’Islam che attraversa tutti e sei gli episodi ed è espressa dai vari personaggi principali femminili.

Sebbene si possa rimproverare alla serie di opporre ad un’immagine essenzialista negativa dell’islam, un’immagine essenzialista positiva, alla fine Ms Marvel funziona nello scopo di normalizzare l’alterità per eccellenza, l’Islam, nel sovvertire pregiudizi e nel costruire un’eroina, Kamala/Ms Marvel che non è solo un modello in cui bimbe e giovani con background musulmano possono facilmente e felicemente identificarsi, ma è anche un’eroina «universale», in cui chiunque possa identificarsi nella lotta senza tempo e senza frontiere del bene contro il male. D’altronde Ms Marvel non è la prima né l’unica supereroina musulmana, è piuttosto la prima ad essere conosciuta così ampiamente anche da un pubblico non musulmano. Prima di lei ci sono state l’egiziana Qahera, cacciatrice di molestatori sessuali, la pakistana Burqa Avenger, maestra nelle arti marziali, o i coraggiosi personaggi femminili del gruppo The 99.

La lista delle supereroine musulmane comincia ormai a essere lunga. Uno sguardo attento non potrà non notare che queste supereroine non sono fantasie utopiche ma sono trasposizioni nel fantastico di una crescente dimensione di protagonismo delle donne e delle loro lotte nelle comunità musulmane contemporanee. Si pensi alla forza delle donne nelle manifestazioni delle cosiddette Primavere arabe della prima e della seconda ondata, o alla determinazione e al coraggio delle donne iraniane che in questi giorni scendono nelle piazze e nelle strade dell’Iran per chiedere libertà. Dall’Afghanistan al Marocco le donne si battono quotidianamente contro il male nelle diverse forme che esso prende, comprese quelle del patriarcato. Sono eroine in carne ed ossa che stanno cambiando il mondo musulmano. Supereroine come Ms Marvel registrano, rilanciano e danno forza a questa realtà di donne combattenti per la libertà, che spesso nell’islam – ripulito da incrostazioni patriarcali e misogine – trovano un alleato piuttosto che un nemico.