Esiste un luogo dove il multiculturalismo non è una formula vuota per definire delle enclave impermeabili? Dove persone di opinione e di cultura diversa si parlano con rispetto e si aiutano a migliorare ? Infine, esiste una scuola che non si occupi solo di distinguere la farina dalla crusca e quindi di riprodurre le differenze sociali? Il film di Maria Speth sembra aver trovato una piccola utopia nella classe del signor Bachmann.

IL DISPOSITIVO del film è semplice. Si tratta di entrare nella classe all’inizio dell’anno e seguirne la routine così come i momenti di eccezione per un intero anno scolastico. Quella di Bachmann è per certi versi una classe come un’altra. Con le sue materie da studiare : il tedesco, l’inglese, la matematica… Con i voti, gli incontri con i genitori, e soprattutto con il risultato più concreto di tutto questo apparato che è la carriera scolastica degli alunni. Anche nell’isola pedagogica del signor Bachmann, la spada di Damocle dell’ascensione sociale non è tolta. A questo scoglio se ne aggiunge un altro, specifico della città di Stadtallendorf. Il film lo fa sorgere dall’interno della classe e pian piano lo estende alla storia della città. Alcuni alunni hanno difficoltà con il tedesco che hanno dovuto apprendere in pochi mesi. E questo crea qualche tensione con chi invece è madrelingua. Discutendo tra di loro gli alunni scoprono presto che la quasi totalità di loro viene da ondate più o meno recenti di immigrazione. Parlando di cognomi, si viene a sapere che lo stesso insegnante Bachmann ha origini polacche; i suoi nonni, immigrati all’inzio del XX secolo, si chiamavano infatti Kowalski, fino a che il regime hitleriano non li obbligò per decreto a scegliere un cognome tedesco.
È Bachmann, il pedagogo, il fuoco del film? Solo nella misura in cui il suo potere di attrazione, pur non scomparendo, viene trasferito progressivamente ai suoi alunni, che ne diventano i custodi. Il vero soggetto è la classe in quanto assemblea di (piccoli) uomini e (piccole) donne liberi•e.

C’È UNA FORZA di seduzione nei film sulla scuola che non è difficile spiegare. Quella della classe è l’esperienza più diffusa e comune che ci sia. Al tempo stesso, la scuola è l’amarcord di tutti, e il presente di nessuno. Il cinema però non nasce dalla semplice nostalgia. Se la classe seduce è soprattutto perché è un’assemblea. In una società che è sempre più incapace di produrre luoghi di dialogo effettivo, una classe è ancora un luogo dove delle persone, in questo caso gli alunni, si sforzano per creare un linguaggio comune. Cosa c’è di più politico?
Non è un caso che la scuola sia uno dei terreni, se non il terreno principale dell’offensiva conservatrice. Negli Stati uniti, dove i più fanatici tra i Repubblicani cercano di bandire dalle aule ogni tipo di libro che non sia la bibbia. In Italia, dove la destra difende con grande successo un arcaico modello normativo patriarcale ed eterosessuale. In Russia, dove tra le prime preoccupazioni del regime putiniano all’indomani dell’invasione c’è stato quello di lavare il cervello dei bambini delle elementari con una propaganda di guerra degna del regime hitleriano. In una società completamente depoliticizzata, quell’assemblea di persone libere che si riuniscono ogni mattina e discutono tra di loro utilizzando le armi dell’argomentazione e del dialogo è di per se un rischio per l’autocrazia.

Perché una classe come quella di Bachmann, dove non si parla di destra e di sinistra, di tasse o di profitti, di leggi o di decreti, rivela un potenziale politico più forte delle assemblee politiche dove si tengono discorsi partigiani? Perché, come si vede nel film, la classe può essere un luogo dove siamo ancora inclini ad ascoltare un’idea nuova, a riconoscere la nostra ignoranza, a rimettere in discussione i principi che guidano le nostre orientazioni fondamentali. Più che nei talk show televisivi, o sui muri dei social network, più ancora che nei parlamenti, è in una classe che ci si rende disponibili a chiunque voglia discutere. È vero che non tutte le classi sono come quella del signor Bechmann. Ma il fascino e il potere dell’educazione socratica è sempre lì, se non in atto, in potenza, in ogni scuola.