Mozart, Figaro e quelle nozze che seducono sempre il pubblico
A teatro Alla Scala di scena fino al 20 ottobre l'opera nell'allestimento che ne fece nel 1973 Giorgio Strehler
A teatro Alla Scala di scena fino al 20 ottobre l'opera nell'allestimento che ne fece nel 1973 Giorgio Strehler
Da molti anni il Teatro alla Scala sembra avere trovato un equilibrio imbattibile nel costruire le sue stagioni alternando produzioni nuove e riprese di produzioni storiche. Tra i titoli della tradizione che tornano più spesso ci sono La bohème di Franco Zeffirelli (1963), riesumata lo scorso marzo, e Le nozze di Figaro di Giorgio Strehler (1973), in scena fino al 20 ottobre. Settantenne il primo, cinquantenne il secondo, i due allestimenti sembrano ancora detenere la regola aurea, sia estetica che economica, per consentire ai due capolavori di Giacomo e Mozart di continuare a trovare (o solo mantenere?) i loro pubblici. Sappiamo bene che lo stupore suscitato dalla licenziosità della commedia di Beaumarchais cui sono ispirate Le nozze è ancora vivo quando nel 1785 Mozart e Da Ponte si accingono a comporre la loro opera ed è la ragione per la quale quest’ultima, grazie all’ineffabile aurea «sensualità nella musica» che dà vita al libretto, ancora oggi continua a sedurre le platee di tutto il mondo.
L’INARRESTABILE meccanismo a orologeria della folle journée, che smonta e rimonta congegni noti, personaggi tipici, situazioni codificate, viene accompagnato da uno sguardo che abbraccia senza riserve tutto ciò che è umano, senza rigettare la volubilità, l’egoismo e in definitiva la fragilità che le genera. Consapevole di questo, Strehler si tiene lontano dal «giochetto di un falso diciottesimo secolo pudico, decente», e insegue «una verità di sentimenti che deve esprimersi con gesti e azioni» capaci di integrare con disinvoltura la libido dei personaggi nel loro quotidiano (all’apertura del sipario, Figaro e Susanna sono sorpresi in un momento di intimità, Cherubino viene mostrato come un ragazzo che «vuole andare a letto con qualcuno, non importa chi»).
IL DIRETTORE Andrés Orozco-Estrada, nato quattro anni dopo la prima scaligera della leggendaria messa in scena di Strehler diretta da Riccardo Muti, non sempre domina l’ingannevole leggerezza della drammaturgia mozartiana, a tratti perdendo il senso del ritmo e della vitalità che sono sostanza della drammaturgia dell’opera, la cui disincantata malinconia (si pensi all’aria della Contessa «Dove sono i bei momenti?») ha senso in quanto sgorga naturalmente dalle battute di arresto dell’ipercinetismo della trama. Nel cast spiccano il Figaro gagliardo scenicamente ma vocalmente studiatissimo di Luca Micheletti, la Susanna maliziosa e umbratile di Benedetta Torre, la contegnosa Contessa di Olga Bezsmertna, perfetta nei piani e pianissimi lunari e troppo poco diretta nelle chiuse in forte gratuite delle battute, il Conte sornione e seducente di Ildebrando D’Arcangelo, al netto di qualche sfocatura vocale; corretto il Cherubino di Svetlina Stoyanova; sorprendente la Marcellina di Mariya Taniguchi.
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