Era lo Special One. Da un po’ è in fase discendente, passaggi a vuoto prima al Tottenham (zeru tituli, direbbe lui) e prima ancora al Manchester United, dove ha vinto qualcosa, anche un’Europa League, ma non è stato di sicuro l’erede designato di Sir Alex Ferguson.

Ma è sempre Josè Mourinho. E quindi, il suo arrivo alla Roma, da luglio, è un’ottima notizia per il calcio italiano.

Contratto triennale, Mou prende il posto del connazionale Fonseca, bravo ma consumato da due stagioni romaniste, diventando immediatamente un trend topic su Twitter, provocando un balzo in Borsa per la società dei Friedkin, che hanno piazzato il primo colpo dal loro arrivo dal Texas.

Pareva Sarri il prescelto del nuovo corso, si è invece andati sulla sensazione, su quanto è rimasto della grandezza di Mou. L’ironia feroce, il linguaggio del corpo è sempre special, la resa sul campo si è un po’ si è persa negli anni, per l’evoluzione del pallone che rincorre i seguaci del gioco e meno i gestori di atleti-aziende difficili da coinvolgere nella sua narrazione.

Un po’ perché il tempo passa per tutti, l’ispirazione è quella che è e non si ripresenta schioccando le dita.

PERO’ E’ MOU. Che riparte in un’ambiente che ha visto vincente – con una squadra da sogno – un altro duro della panca come Fabio Capello, capace di addomesticare le radio romane, le distrazioni della Capitale.

Assieme al Papa, al Parlamento, a Totti, ora per i romanisti c’è Mou. Anche se la Roma di Luciano Spalletti e Totti era la prima avversaria dell’Inter del portoghese che vinse due scudetti, una Coppa Italia, la Champions League, il Triplete.

Diventerà in pochi attimi il capopopolo, l’uomo che traccia il sentiero, in passato assai spesso verso il successo finale, ora chissà.

Sarà in grado di vincere senza i campioni allenati in carriera? O rischia il flop, come Carlo Ancelotti a Napoli. Certo, è una straordinaria carta da esibire per la Serie A a corto di considerazione internazionale.

E non si può non pensare alla sfida tra strateghi della prossima stagione: Antonio Conte all’Inter da campione d’Italia, Allegri sulla strada di Torino, sponda Juve, di nuovo, per ricostruire la fortezza bianconera.

E per formare il quartetto ci vorrebbe un altro totem da qualche mese a riposo come Maurizio Sarri, magari a Napoli, dove è stato grande, grandissimo e pure vincente, se non fosse accaduto qualcosa di più che strano nella primavera del 2018.