Visioni

Mother Tongue, la piccola rivoluzione dei ragazzi del vinile

Mother Tongue, la piccola rivoluzione dei ragazzi del vinile

Musica Un’etichetta veronese nata nel 2019 dove convivono tutte le fasi della produzione e della distribuzione

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 23 aprile 2021

Mother Tongue è l’esperimento coraggioso di cinque ragazzi, lanciato nel 2019 a Verona. Sotto lo stesso tetto, nella piccola azienda lungo il fiume, convivono un vinilificio e un’etichetta discografica, che sono anche distributore e shop online: quattro servizi dentro a un unico nome. In altre parole, una piccola rivoluzione nel frammentato mercato musicale, dove chi produce canzoni, chi le stampa, chi le promuove e chi le vende sono di solito entità diverse. «Stiamo lavorando tantissimo, abbiamo assunto un altro ragazzo e vengono due stagisti al mattino» racconta Patrick Gibin, uno dei cinque fondatori nonché dj anglo-veronese attivo a livello europeo. Tutta l’attività di stampa dei vinili, a Mother Tongue, pesa sulle spalle di una sola macchina Pheenix Alpha, un gioiellino svedese che imprime un disco ogni trenta secondi. Ma se si parla di aumentarne il numero, Gibin ha le idee chiare: «Di solito i pressing plant hanno decine di macchine e fanno solo quello. Sono fabbriche che favoriscono gli ordini con numeri grossi e spesso si servono di broker per mediare gli accordi. Bazzicando l’ambiente, so che le etichette e gli artisti indipendenti hanno tempi di attesa lunghissimi perché fanno ordini ridotti: noi ci rivolgiamo proprio a loro, a chi stampa 2-300 copie, e così vogliamo continuare a fare… In questo momento c’è grande richiesta».

SECONDO i dati di FIMI (Federazione Industria Musicale Italiana), infatti, la pandemia non ha fermato le vendite di vinili, un’ascesa lenta e inesorabile dal 2012. Oggi valgono il 5% del mercato discografico italiano, per un giro di oltre 15 milioni di euro: cifre impensabili qualche anno fa.

INOLTRE, NEGLI STATI UNITI, per la prima volta dagli anni ’80 le vendite di Lp hanno superato quelle dei cd, scrive RIIA (Recording Industry Association of America). Senza dubbio a mantenere viva la cultura del disco quando sembrava destinata a perire ha contribuito il sottofondo dei club, la sperimentazione dei dj, dei rapper e, di recente, le necessità delle band indipendenti, le quali fondano anche sul merchandise il loro sostentamento.
«La nostra è una visione artigianale, siamo come una bottega, dove le persone hanno un rapporto diretto con noi. Il servizio costa qualcosa in più, ma forniamo attenzione ai dettagli, se magari uno vuole il vinile colorato o una carta specifica per la copertina» continua Gibin. «Come etichetta siamo orientati verso il mondo dei dj con varie influenze. Per esempio, abbiamo pubblicato un 12” di Notturno Italiano di Mario Acquaviva: da un lato c’è una versione dub con nuove registrazioni di Acquiviva e della storica band brasiliana Azymuth; dall’altro un remix di Ron Trent, dj di Chicago grande fan del brano originale. Questo disco ci rappresenta molto perché c’è un autore italiano, una band brasiliana e il dj di Chigago». Se Notturno italiano è un brano disco-funk dell’83, le uscite dell’etichetta sono per lo più inediti. Fra i nomi compaiono il batterista nu-jazz Tommaso Cappellato – prima uscita in assoluto con Butterflying, la voce R’n’B di Atlanta Tiombe Lockhart e l’inglese fondatore del broken-beat Kaidi Tatham. Infine, si servono del servizio stampa tanto la multiculturale Morphine Records quanto Arc Records, sottoetichetta per le ristampe jazz della Brownswood Recordings di Gilles Peterson. Tutti nomi che cominciano a delineare un ruolo e uno spazio per Mother Tongue entro la scena indipendente internazionale.

UNA SPINTA DECISIVA al progetto l’ha data un finanziamento europeo di 140 mila euro «fondamentale per partire» dice Gibin, perché ha consentito di affrontare parte delle spese iniziali. Ma il motore di fondo forse è un altro. «Dentro a Mother Tongue c’è equilibrio perché i ruoli di noi cinque non si sovrappongono. Poi siamo amici da una vita, a vent’anni già organizzavamo eventi con un’associazione culturale. Quello che ci ha sempre unito è la passione per la musica».

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