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Mose, l’ex ministro Matteoli condannato a quattro anni

Mose, l’ex ministro Matteoli condannato a quattro anniUna protesta contro il Mose di Venezia

Grandi Opere Il tribunale di Venezia: confiscati 9,5 milioni di euro, assolto l’ex sindaco Giorgio Orsoni. L’associazione Ambiente Venezia e il Comitato NoMose: «L'inchiesta ha dimostrato l'esistenza di una cupola»

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 15 settembre 2017

La giustizia ordinaria sullo scandalo Mose sembra proprio incarnare il simbolico cieco equilibrio. Quattro condanne e altrettanti verdetti di assoluzione o prescrizione del reato. All’ex ministro Altero Mattioli inflitta una pena di 4 anni più la confisca di 9,5 milioni di euro e l’interdizione dai pubblici uffici per un lustro. L’ex sindaco di Venezia Giorgio Orsoni, invece, risulta innocente per il finanziamento «in bianco» e beneficia della prescrizione per i soldi «in nero».

IERI, POCO DOPO LE 18, il presidente del tribunale Stefano Manduzio (Fabio Moretti e Andrea Battistuzzi a latere) legge la sentenza che conclude un dibattimento lungo 16 mesi con 32 udienze (dopo le 11 preliminari) e un centinaio di testimoni. L’inchiesta sulla più grande opera della Repubblica – affidata in concessione unica al Consorzio Venezia Nuova – riempie oltre 70 mila pagine di faldoni. Ammontano già a 5,5 miliardi di euro i costi del sistema di dighe mobili nelle bocche di porto della laguna. Ma il «deus ex machina» del mega-progetto Giovanni Mazzacurati si è ritirato negli Usa; l’impresa Mantovani, presieduta dall’ex questore Carmine Damiano, ha appena minacciato 170 licenziamenti; la fine dei cantieri del Mose è già slittata al 2018 con almeno altri ulteriori tre anni di indispensabili collaudi.

DAL PUNTO DI VISTA giudiziario, erano usciti di scena 31 imputati che hanno patteggiato con la Procura. Su tutti spicca il nome di Giancarlo Galan, ex governatore del Veneto e ministro dei beni culturali, costretto a liberare la prestigiosa villa Rodella sui Colli Euganei pagando anche 9 mila euro di danni provocati nel trasloco.

ORA LA SENTENZA di primo grado, di fatto, chiude la vicenda perché i termini della prescrizione «ghigliottinano» il processo d’appello. Non si chiude però la partita dei risarcimenti con l’Avvocatura dello Stato che ha chiesto 8 milioni di euro. E soprattutto è acclarato che il mega-progetto del Mose abbia «fatturato» tangenti a beneficio di politici, funzionari, imprese, coop, professionisti e perfino fondazioni ecumeniche o premi culturali.

NEL DETTAGLIO, la sentenza del tribunale di Venezia ha condannato alla stessa identica pena comminata a Matteoli anche Erasmo Cinque, imprenditore romano della Socostramo. Assolta l’ex presidente del Magistrato alle Acque, Maria Giovanna Piva per le imputazioni relative al collaudo, con la prescrizione per l’altra. Assolto l’architetto padovano Danilo Turato che aveva seguito la ristrutturazione della villa di Galan. Come Orsoni, nessuna sanzione penale anche per Amalia Sartori che ha prima presieduto il consiglio regionale e poi occupato un seggio all’Europarlamento. Un anno e dieci mesi all’avvocato romano Corrado Crialese, imputato di millantato credito.

Al termine della requisitoria, i pm Stefano Ancilotto e Stefano Buccini avevano sollecitato otto condanne: 6 anni richiesti per Matteoli, 2 anni e 3 mesi per Orsoni e Turato, 2 anni anche per la Sartori. Amara la dichiarazione dell’ex ministro e senatore dopo il verdetto: «Come ho avuto modo di confermare davanti al tribunale non sono un corrotto, mai ho ricevuto denaro né favorito alcuno. Non comprendo quindi questa sentenza verso la quale i miei avvocati ricorreranno in appello. Ho il dovere di credere ancora nella giustizia, nonostante la forte amarezza che patisco da quasi quattro anni» sostiene Matteoli.

L’ASSOCIAZIONE Ambiente Venezia e il Comitato NoMose insistono a manifestare contro la «mafia di Venezia» con una lettura a 360 gradi: «Il Mose è la più grande opera di ingegneria ambientale al mondo, ma c’è stata qualche mela marcia: questa è stata la gestione politica, da parte del governo Renzi e poi Gentiloni, del più grande scandalo del secolo. L’inchiesta della Procura ha dimostrato l’esistenza di una vera e propria cupola, costituita da Mazzacurati e dai manager delle “grandi” imprese del Consorzio e delle “piccole” delle cooperative di tutti i colori, che si divideva lavori e dazioni da pagare a tecnici e politici più o meno eccellenti.   Lo scopo non era ottenere appalti, visto la concessione unica sui lavori, ma far ottenere tutti i via libera ad un progetto sbagliato che prosciuga le risorse pubbliche».

Aggiornamento del 2 marzo 2021

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