Mosca e Ankara più vicine, si pensa ad incontro Putin-Erdogan
Siria Ieri i ministri degli esteri di Ankara e Mosca, Cavusoglu e Lavrov, hanno chiarito che le differenze sull'escalation in corso nella provincia siriana di Idlib non porteranno ad una frattura tra i due paesi. Intanto la guerra aggrava la condizione di centinaia di migliaia di profughi
Siria Ieri i ministri degli esteri di Ankara e Mosca, Cavusoglu e Lavrov, hanno chiarito che le differenze sull'escalation in corso nella provincia siriana di Idlib non porteranno ad una frattura tra i due paesi. Intanto la guerra aggrava la condizione di centinaia di migliaia di profughi
Ankara e Mosca buttano acqua sul fuoco delle polemiche e smettono di accusarsi a vicenda di non aver rispettato le intese per Idlib, come zona di de-escalation, raggiunte da Vladimir Putin e Recep Tayyip Erdogan a Sochi nel settembre 2018. Ieri il capo della diplomazia turca Mevlut Cavusoglu è stato molto netto quando, dopo l’incontro con il ministro degli esteri russo, Sergei Lavrov, a margine della Conferenza sulla Sicurezza di Monaco, ha affermato che le divergenze tra Turchia e Russia sulla Siria «non devono intaccare» le relazioni tra i due paesi. Ed è stato altrettanto perentorio quando ha rimarcato che queste differenze non avranno ripercussioni sull’accordo per la fornitura ad Ankara del sistema missilistico di difesa russo S-400. «Si tratta di due questioni separate. Non possiamo cambiare le nostre posizioni o le nostre politiche per disaccordi con uno o un altro Paese», ha spiegato Cavusoglu. Altrettanto morbido si è mostrato Lavrov. Russia e Turchia hanno relazioni «molto buone» ha detto, ma, «ciò non significa che dobbiamo essere d’accordo su tutto». Le due parti, ha proseguito Lavrov, mantengono stretti contatti per trovare una soluzione all’escalation militare in atto a Idlib che, ha poi precisato, non presuppongono una rinuncia alla lotta contro il terrorismo in Siria.
Il riavvicinamento segue l’ingresso sulla scena di Donald Trump che ieri ha avuto un colloquio telefonico con Erdogan sulla situazione a Idlib (e in Libia). Mosca non ha alcuna intenzione di offrire all’Amministrazione Usa l’opportunità di ricucire i rapporti sfilacciati con la Turchia e di rimettere in discussione la fornitura del sistema S-400 (che turba non poco Washington). Per questo non andrà alla frattura con il leader turco Erdogan. Troppi sono gli interessi comuni: strategici ed economici. Allo stesso tempo il Cremlino afferma il diritto di Damasco, sua alleata, di eliminare la minaccia rappresentata da organizzazioni armate jihadiste e qaediste. Alcuni di questi gruppi, assistiti proprio dalla Turchia, controllano ancora circa la metà della provincia siriana di Idlib da settimane al centro di un’ampia offensiva dell’esercito siriano che ha innescato la fuga di migliaia di civili verso la frontiera con la Turchia. Ankara, che mantiene 12 posti di osservazione nella provincia di Idlib, nei giorni scorsi non ha esitato ad usare la forza contro le forze armate di Damasco – Ankara ha portato nella regione altri 70 carri armati, 200 blindati e 80 pezzi di artiglieria e ha colpito oltre 100 obiettivi siriani facendo, così afferma, centinaia di morti – e minaccia un intervento ancora più ampio a difesa dei suoi interessi e dei suoi soldati (alcuni dei quali sono stati uccisi) che occupano il suolo siriano. Una nuova possibile intesa su Idlib sarà al centro dei colloqui tra funzionari turchi e russi previsti per lunedì a Mosca. In quella sede le due parti proveranno a creare le condizioni per un incontro tra Putin ed Erdogan. Il leader turco ieri ha messo le mani avanti ribadendo di voler il ritiro delle forze armate siriane.
Sul terreno la situazione resta grave ed incerta. Fonti militari e diplomatiche russe hanno denunciato che un grande quantitativo di armi turche è entrato in Siria ed è stato consegnato ai militanti di Hayat Tahrir al Sham, il gruppo qaedista in passato noto come Fronte al Nusra. I miliziani avrebbero ottenuto dalla Turchia anche lanciarazzi con i quali hanno abbattuto negli ultimi giorni due elicotteri siriani. Da parte loro le forze governative siriane celebrano un altro successo. Dopo aver liberato le città strategiche di Marat al Numan e Saraqeb, ieri hanno annunciato di aver ripreso il pieno controllo dell’autostrada M5 che collega Damasco ad Aleppo. E negli ultimi giorni, con l’appoggio dell’aviazione russa, hanno conquistato Maran al Nasan, Uwayjil, Ajil, Urma al Kubra e altri villaggi villaggi da dove i gruppi jihadisti minacciavano Aleppo. Inoltre hanno ripreso il controllo di Uram Saghira, Rif Muhandisin e della Base 46 da più di otto anni in mano a gruppi armati. Si preparano ora ad entrare ad Atareb.
Combattimenti e bombardamenti intanto gettano nel panico i civili mentre le temperature invernali rigide aggravano le condizioni dei bambini e delle loro famiglie costrette a fuggire da Idlib. Un nuovo allarme è stato lanciato ieri da Save the Children che pone l’accento sul sovraffollamento dei campi profughi messi a dura prova anche dalle inondazioni e dalle tempeste che si sono abbattute sulla regione. Secondo le Nazioni Unite, da dicembre circa 700.000 persone, su una popolazione di 3 milioni nella provincia di Idlib, sono state costrette a scappare. È il maggior numero di sfollati in un solo periodo da quando la crisi siriana è iniziata quasi nove anni fa.
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