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Morta Shirley Temple, salvò l’America dalla depressione

Morta Shirley Temple, salvò l’America dalla depressioneShirley Templey, sotto con Gary Cooper

Stardust L'enfant prodige di Hollywood scomparsa a 85 anni in California. Una bimbetta tutta riccioli che stregò gli Stati uniti negli anni della crisi

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 12 febbraio 2014

Nella classifica delle star più popolari (nel senso di successo commerciale, stabilito anno per anno dagli esercenti) tra il 1935 e il 1938 Shirley Temple – morta all’alba di ieri nella sua casa in California a 85 anni, è ampiamente in testa, assieme a Will Rogers: Greta Garbo non è neppure tra le prime. Will Rogers è quel vecchietto simpatico, che fa il giudice in Judge Priest di John Ford, 1934, e che ha scritto tra l’altro il primo lungometraggio di successo di Shirley (che aveva esordito nei corti musicali a quattro anni) ovvero Il trionfo della vita (Stand Up and Cheer, 1934). Il film era uno strano musical che raccontava il progetto di un Ministro per il Divertimento, nominato da F.D.Roosevelt, per risollevare il paese dalla depressione. E questo , profeticamente, sarà in effetti il compito di Shirley nella sua carriera

Shirley Temple era una bimbetta dai riccioli biondi (per l’esattezza 56 boccoli arricciati dalla madre ogni mattina), che sapeva ballare e cantare e aveva un sorriso pieno di sole. I titoli dei suoi film (La mascotte dell’aeroporto/Bright Eyes, Riccioli d’oro/Curly Top, La piccola principessa/The Little Princess, Un angolo di paradiso/Our Little Girl, La piccola ribella/The Littlest Rebel, Il piccolo colonnello/The Little Colonel, L’idolo di Broadway/Little Miss Broadway) fanno riferimento alla sua figura minuta e alla sua grazia di bambolina – e una bambolina infatti le era stata dedicata, prima della Barbie sicuramente il must per una generazione di bambine, non solo americane: anche mia madre ne aveva una. Oltre alla bambola c’era un’intera linea di merchandising a lei intitolata: da aggiungere ai 3 milioni di dollari che fece incassare alla Fox coi suoi film.

Gary-Cooper-and-Shirley-Temple-in-Now-And-Forever-1934

«Riccioli d’oro» ha anche uno strano primato: è stata la prima «bionda» della Fox, prima di Betty Grable e naturalmente di Marilyn. Ma la genealogia della bionda riccioluta nel cinema americano è significativa in sè se partiamo dagli angelicati riccioli d’oro di Mary Pickford (la sua ascendente muta) e di Lillian Gish, gli angeli vittoriani ora vittime predestinate ora intraprendenti ragazzine, che sembrano essere sexy solo involontariamente, ma… È così anche per Shirley che aggiunge una grazia spigliata al personaggio e sgambetta con i suoi vestitini corti, a mettere in risalto quei piedini e quelle gambette che sapevano ballare il tip tap meglio di Ginger Rogers, e introduce una vocina intonata e per nulla speciale, nella figura della bionda della Fox, che anticipa Marilyn, con la quale condivide la luminosità del sorriso e la seduttività infantile.

Shirley ha girato molti film che sfruttavano in modo ripetitivo la sua popolarità, sempre con famiglie più o meno disastrate, padri o patrigni scapestrati se non criminali, da Gary Cooper in Rivelazione/Now and Forever, ad Adolphe Menjou in Little Miss Marker, oppure con nonni burberi o in orfanotrofi più o meno spietati, nel Sud della guerra civile o in una contemporaneità piena di problemi, ma cantando e ballando redimeva anche i più cinici. Ogni tanto le sono capitati però anche dei buoni registi come John Ford, col quale ha fatto We Willie Winkle, col burbero Victor McLaglen alle prese con una base coloniale inglese o Allan Dwan che l’ha diretta in un Zoccoletti rossi/Heidi molto più sobrio del cartone animato di infantile memoria.

Shirley insomma, conduce l’America fuori dalla Depressione, per mano, come quando balla con gli adulti e li guida con la sua energia inesauribile e l’ottimismo, indispensabili per uscire dalla Crisi. In effetti il musical degli anni Trenta, coi balletti luccicanti, i ritmi accattivanti e l’energia stessa del ballo, era un antidoto naturale alla depressione, visto il lavoro di squadra necessario al suo allestimento, come ci hanno raccontato tanti backstage musical dell’epoca. Ma quando la canzone smette si torna alla realtà, a parlare della famiglia assente, visto che spesso Shirley è un’orfanella, oppure delle condizioni sociali, di miseria, di lavoro. Questo spiega perché Shirley era così popolare. E spiega anche perché crescendo Shirley non resta tra le star, non fa come Judy Garland o Mickey Rooney un passaggio a una carriera adulta (ma a che prezzo).

E nonostante sia molto convincente in Da quando te ne andasti/Since You Went Away, un melodramma sulle donne che aspettano a casa gli uomini partiti la seconda guerra mondiale. Le è rimasta un’aria paffutella, non è sexy, non è dura, non è drammatica come le star femminili degli anni Quaranta. E ancora Shirley, ma diventata grande,e non può essere più una little niente.

 

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