Internazionale

«L’ostaggio Jean Muller uccisa da un raid giordano»

«L’ostaggio Jean Muller uccisa da un raid giordano»Foto diffusa dall'Isis dell'edificio di Raqqa colpito dall'aviazione giordana in cui avrebbe trovato la morte Kayla Jean Mueller

Stato Islamico/Giordania Lo afferma l'Isis in un comunicato. La donna, una cooperante americana, sarebbe rimasta uccisa quando un jet giordano ha colpito l'edificio dove era tenuta prigioniera a Raqqa. Il Pentagono ieri sera non ha confermato la notizia. Intanto in Siria la guerra civile fa altre decine di morti

Pubblicato quasi 10 anni faEdizione del 7 febbraio 2015

La notizia è arrivata mentre migliaia di giordani, con la regina Rania, sfilavano per Amman gridando «Morte all’Isis» e re Abdallah e il suo governo confermavano l’espansione dei raid aerei contro il Califfato di Abu Bakr al Baghdadi. Ci sarebbe anche la cooperante americana Kayla Jean Mueller, ostaggio dei jihadisti, tra le vittime dell'”Operazione Martire Muaz” lanciata da Amman per vendicare l’esecuzione del pilota Muaz al Kassesbeh. Lo ha annunciato SITE Intelligence Group, che si occupa del monitoraggio sul web del jihadismo, facendo riferimento a un comunicato diffuso dall’Isis. Mueller sarebbe morta quando un bombardiere giordano ha colpito l’edificio dove si trovava nel distretto di Raqqa, in Siria. La notizia ieri sera attendeva una conferma da parte degli Stati Uniti. Il Pentagono si è limitato a comunicare, attraverso la Cnn, che «non ci sono prove» che la cooperante sia stata uccisa da un bombardamento aereo. L’Isis potrebbe avere diffuso il messaggio allo scopo di imbarazzare i giordani di fronte agli alleati americani. Mueller, 26enne, fu rapita in Siria nel 2013 mentre stava raggiungendo Aleppo con il suo fidanzato siriano. Di lei da allora non si era saputo più nulla per mesi. Poi il Califfato ha inviato un video ai colleghi della donna per dimostrare che era viva, in cui la 26enne chiedeva di essere salvata. Per il suo rilascio aveva chiesto più di 6 milioni di dollari.

La morte di Mueller, se confermata, potrebbe raffreddare in parte il desiderio di vendetta dei vertici giordani, forti in queste ultime ore di un più convinto sostegno popolare alla decisione di partecipare alla Coalizione anti-Isis guidata dagli Usa. «La rappresaglia è solo all’inizio…colpiremo l’Isis ovunque», in Siria e Iraq, ha detto perentorio ieri il ministro degli esteri Nasser Judeh commentando le decine di raid aerei giordani che avrebbero distrutto postazioni dell’Isis in località non precisate. Secondo fonti americane i jet giordani avrebbe effettuato tra le 15 e i 24 incursioni su Raqqa e Deir az-Zour, grazie all’appoggio0 e ai rifornimenti in volo garantiti dalla Coalizione. Amman non rinuncia peraltro alla possibilità di inviare truppe scelte a combattere sul terreno i miliziani dell’Isis. A Est è in corso un rafforzamento dei reparti giordani dispiegati lungo il confine con la regione irachena di Al Anbar, dove è forte la presenza dell’Isis, in modo particolare nell’area di Ruwaished. Tuttavia Amman mentre combatte l’Isis, rimette in libertà importanti ideologi di al Qaeda. E’ stato scarcerato nelle ultime ore Issam al Barqawi, più noto tra i suoi seguaci come Abu Muhammad al Maqdisi, padre spirituale di Abu Mussab Zarqawi, delfino di Osama bin Laden e fondatore, dopo l’invasione anglo-americana dell’Iraq nel 2003, dello “Stato Islamico in Iraq” (ramo iracheno di al Qaeda che, in seguito, sotto la guida di al Baghadi, è uscito dall’organizzazione diventando Isis). Al Maqdisi, che ha studiato a Mosul, con ogni probabilità è stato scarcerato per essere usato in funzione anti Califfato. Un ruolo che non deve dispiacere all’ideologo qaedista, visto che la sua organizzazione cerca di recuperare tra i salafiti radicali i consensi perduti dopo la proclamazione del Califfato.

Come sarà impiegato e a chi andrà il miliardo di dollari che l’Unione europea, ha annunciato ieri la responsabile della politica estera Federica Mogherini, intende stanziare per aiutare la lotta contro l’Isis? L’interrogativo è d’obbligo. È probabile infatti che i fondi europei vadano in parte a finanziare ancora una volta la cosiddetta “opposizione siriana moderata”, che conta pochissimo sul terreno e che, attraverso la sua milizia, l’Esercito siriano libero, mantiene alleanze e contatti con formazoni islamiste radicali ideologicamente vicine all’Isis, a cominciare dal Fronte al Nusra (al Qaeda in Siria). La guerra civile siriana peraltro sta conoscendo alcune delle sue giornate più insanguinate. La formazione jihadista Jeish all’Islam due giorni fa ha bombardato con 120 colpi di mortaio e razzi Damasco uccidendo almeno 10 civili, tra le quali un bambino, e facendo un numero imprecisato di feriti. Il gruppo armato aveva già colpito la capitale lo scorso 25 gennaio prendendo di mira il quartiere residenziale di Midan (7 civili uccisi). La risposta dell’aviazione governativa non si è fatta attendere ed è stata devastante. Almeno 60 persone – tra cui alcuni ragazzi – sono rimaste uccise in decine di raid aerei su Duma, Arbin, Kafar Batna ed Ein Terma, centri situati nella regione orientale di Ghouta dove i gruppi islamisti e jihadisti hanno stabilito da tempo alcune delle loro roccaforti e dove si concentrano da settimane i tentativi delle forze armate siriane di riprendere il controllo di quei territori.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.



I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento