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Morsi senza via d’uscita

Morsi senza via d’uscitaCairo, manifestazione in piazza Tahrir – Reuters

Egitto Il presidente respinge ogni richiesta di dimissioni e il governo perde pezzi: si dimettono cinque ministri. Forze armate pronte a sciogliere il parlamento. «Cercare il martirio per impedire il colpo di stato», la Fratellanza musulmana agita le violenze

Pubblicato più di 11 anni faEdizione del 3 luglio 2013

La crisi politica in Egitto si aggrava. L’esercito potrebbe disporre in poche ore la sospensione della Costituzione e lo scioglimento del Parlamento. Mentre le opposizioni, che hanno formato il Fronte del 30 giugno (giorno dell’elezione di Morsi nel 2012) fanno quadrato intorno a El-Baradei. I giovani della campagna di raccolta firme Tamarrod (ribellione) e i leader del Fronte di salvezza nazionale hanno dato mandato al premio Nobel per la pace di chiudere la crisi politica. In tutti i momenti critici il nome del liberale Baradei viene fatto a gran voce, nonostante abbia uno scarso seguito elettorale. Non ha saputo opporsi a Hosni Mubarak, una volta tornato in Egitto dopo anni vissuti all’estero nel 2009.

L’ex direttore dell’Agenzia internazionale per l’Energia atomica (Aiea) ha sfiorato per due volte la nomina a premier. La prima nella crisi del governo ad interim di Essam Sharaf nel novembre 2011 e la seconda in occasione della formazione del primo governo dopo l’elezione di Morsi nel luglio dello scorso anno. Non solo, tutti i movimenti di opposizioni hanno assicurato che non permetteranno un colpo di stato militare che restituisca il controllo del paese nelle mani dell’esercito. Ma, scaduto l’ultimatum, lanciato dai giovani rivoluzionari alle 17 di ieri, alcuni manifestanti anti-Morsi hanno avviato una serie di iniziative di disobbedienza civile, bloccando l’accesso alle sedi di dodici dei 27 governatorati del paese.

Una ridda di voci si è rincorsa nel pomeriggio di martedì invece sulle dimissioni presentate dal premier egiziano Hesham Qandil che avrebbe rimesso il suo mandato nelle mani del presidente Morsi. Ma la stampa locale ha smentito queste rivelazioni. Non solo, cinque ministri si sono dimessi, tra loro il ministro degli Esteri Mohamed Kamil Amr. Insieme a lui, due portavoce della presidenza della Repubblica Omar Amer e Ihab Fahmy.
Il controverso presidente egiziano ha respinto però ogni richiesta di dimissioni. Ha allertato gli egiziani di un rischio concreto di «colpo militare» e ribadito di essere il «comandante delle Forze armate». Infine, ha ricevuto il ministro della Difesa Abdel Fattah el Sissi, che poco prima aveva presieduto una riunione del Consiglio militare. Anche alcuni esponenti salafiti di El-Nour si sono accodati alla mediazione dei militari, chiedendo elezioni presidenziali anticipate.

A conferma dell’altissima tensione, dopo le violenze dei giorni scorsi e alcuni stranieri presi di mira, i Fratelli musulmani hanno avvertito i dimostranti di rischi di violenze per chi fosse sceso in piazza ieri. Non solo, uno dei principali leader islamisti, Mohammed el-Beltagui ha lanciato un appello per impedire un colpo di stato dopo l’ultimatum posto dall’esercito, anche con il «sacrificio della vita». «Cercare il martirio per impedire un colpo di stato è quello che possiamo offrire ai precedenti martiri della rivoluzione», ha dichiarato in un comunicato Beltagui.

Per questo, migliaia di islamisti si sono raccolti a sostegno di Morsi alle porte della moschea Rabea al-Adaweya a Medinat Nassr al Cairo. Secondo un ufficiale di sicurezza del governatorato di Giza, un sostenitore della Fratellanza ha sparato su alcuni manifestanti. Scontri tra pro e anti-Morsi hanno avuto luogo nelle principali città del paese: da Damietta a Beheira, dal Cairo a Alessandria. Gli incidenti sono avvenuti a Kit Kat dove due persone sarebbero morte e tredici sono rimaste ferite. I feriti sono stati trasportati agli ospedali di Embaba e Agouza. Manifestazioni contro il presidente sono in corso intorno al palazzo presidenziale di Qasr el-Qobba dove Morsi alloggia. Mentre la sede del partito islamista Libertà e giustizia a Banha nel governatorato di Qaliubiya è stata data alle fiamme e colpita dal lancio di pietre.

Oggi scade l’ultimatum dell’esercito alle forze politiche per trovare una soluzione alla crisi. Qualora non si farà chiarezza sulle sorti di Morsi, i militari potrebbero fare il ritorno sulla scena politica. Questo potrebbe provocare ulteriori reazioni delle opposizioni che, se hanno gioito per l’aut aut proposto dai militari al presidente Morsi, conoscono bene le pratiche repressive e la manipolazione politica che un ritorno della giunta militare potrebbe comportare per la tormentata transizione politica egiziana.

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