Moroder, l’anima dance in 4/4
Icone Il 26 aprile compie 80 anni il produttore altoatesino. Dalla disco e Donna Summer alle colonne sonore per riscoprirsi oggi «maestro» dj
Icone Il 26 aprile compie 80 anni il produttore altoatesino. Dalla disco e Donna Summer alle colonne sonore per riscoprirsi oggi «maestro» dj
La disco demolition night, il 12 luglio del 1979 a Comiskey Park di Chicago, dove durante lo svolgimento di una gara di baseball un manipolo di esagitati anti disco music (con il supporto di una parte dell’industria discografica) invasero il campo di gioco gettando bottiglie e petardi e incendiando migliaia di vinili di disco start, andò ben oltre la provocazione. Fu in realtà un vero e proprio atto di violenza contro uno stile musicale che aveva conquistato il mondo, un atto di pesante omofobia, razzista. L’obiettivo era chiaro; uccidere un genere che stava oscurando le stelle del rock e soprattutto – e per la prima volta – vedeva stelle afroamerican in vetta alle classifiche. Con grande scorno e perdite economiche pesanti, per l’establishment dell’industria (lo spiega bene La storia della disco music di Andrea Angeli Bufalini e Giovanni Savastano, Hoepli). Uno spartiacque così eclatante – e una campagna persecutoria – che contribuì nel giro di dodici mesi al declino del genere. Un genere partito del basso e diventato fenomeno di massa, dove tutti – e lo scoramento viene ora quando tutti siamo costretti e chiusi nelle proprie abitazioni – potevano danzare, e muoversi in mezzo a gente sconosciuta e senza barriere di razza e di orientamenti sessuali.
GIORGIO MORODER – che il 26 aprile compie 80 anni – di questo genere è stato uno dei massimi esponenti, sicuramente il produttore che ha saputo adattare i 4/4 della disco ai gusti del pubblico sia nel vecchio continente che negli Stati uniti. Per molti è stato l’anello di congiunzione fra le sperimentazioni di John Cage, la ricerca dei Kraftwerk e l’r’n’b, tutto filtrato attraverso la voce della sua musa, Donna Summer. I feel love – siamo nel 1977 – il brano che mette in chiaro – se ancora se ce ne fosse stato bisogno – che la disco e Moroder guardavano molto oltre, il «futuro della musica» come suggerì Brian Eno a Bowie.
I feel love era il momento «futurista», il sintetizzatore la sua incarnazione, in un album I remember yesterday dove la disco veniva declinata in più stili. «Non era semplice lavorare con i primi synth – ci spiegava Moroder in un’intervista – perché non era possibile, come oggi, avere loop e basi pronte. Ogni strumento aveva un trigger, un clic che faceva muovere la macchina». La rivoluzione moroderiana si muove nella Germania anni settanta che per la prima (e unica) volta si ritroverà al centro della scena pop rappresentata da diverse scuole (Frank Farian e Michael Kunze fra le altre). Quella del produttore di Ortisei, di stanza nei Musicland studios di Monaco, si caratterizzava su brani dall’afflato melodico e da un sound inconfondibile, giocato su partiture elettroniche, sull’utilizzo del moog e dei primi – rudimentali sintetizzatori. «In Germania eravamo in tanti a usare i sintetizzatori, il sound con i violini ha dato il via al cosiddetto Munich Sound».
L’INCONTRO con Donna Summer è – per entrambi – la chiave di svolta: «Non è successo tutto subito, i primi singoli con lei (Hostage, Lady of the night,ndr) avevano avuto un buon riscontro, ma è con Love to love you baby che abbiamo inventato il suono giusto, l’idea di tenere la batteria fuori e in bella evidenza, con il basso a diventare strumento principe». Moroder/Summer/Bellotte – produttore e musicista britannico – è un trio che dal 1975 al 1980 sforna una lunga serie di album, molti doppi, tutti caratterizzati da velocità di incisioni e cura estrema dei dettagli. In contemporanea, Giorgio realizzava diversi lavori solisti, in testa From here to eternity (1977). Poi la trasferta negli Stati uniti dove la disco queen di Boston impazza con ogni album e concerti sold out. La collaborazione cessa improvvisamente nel 1981: non per un dissidio fra Moroder e Donna, i due si frequentarono e collaborarono sporadicamente fino alla morte della cantante, nel 2012. La causa è il doppio I’m a rainbow, bloccato dal mogul David Geffen, che aveva voluto nella sua neonata etichetta la cantante strappandola alla Casablanca di Neil Bogart: «Donna se la prese molto ma anch’io ero deluso. Il fatto è che David Geffen l’aveva messa sotto contratto spendendo un sacco di soldi e l’album precedente, The Wanderer, era andato bene ma non ai suoi standard abituali. Eravamo al tramonto della disco e il nostro tentativo di mescolare i vari generi non lo aveva convinto..».
CON L’ARRIVO negli Stati uniti Moroder allaccia intensi rapporti con Hollywood, il suo tocco da Re Mida sulle colonne sonore è garanzia di successo: «Lavoravo molto sulle canzoni, il pezzo doveva funzionare con le immagini. Mi mettevo al pianoforte, guardavo le scene e componevo. Poi facevo un demo e mi confrontavo con il regista e il produttore. Poi si sa, bisogna anche essere fortunati; Debbie Harry in Call me era perfetta per raccontare il gigolo Richard Gere…». Con Metropolis – il classico muto di Fritz Lang del 1927 – Moroder va oltre: riprende il film, lo colora qua e là e, soprattutto, crea una colonna sonora ex novo. «L’idea – spiega – mi era venuta vedendo l’operazione fatta da Francis Ford Coppola sul Napoleon di Abel Gance. Mi era piaciuta molto anche se io ho pensato sin dall’inizio di concentrami su una colonna sonora moderna. Ho comprato i diritti e mi sono messo alla ricerca di buone copie del film. Mi interessava far riscoprire ai giovani i capolavori del muto: alcuni critici hanno apprezzato, altri sono stati cattivissimi…». Due anni prima Morroder cura le musiche del remake de Il bacio della pantera di Paul Schrader con Nastassja Kinski, il tema Cat’s people è interpretato da David Bowie: «Bravissimo e estremamente professionale. Abbiamo inciso tutto in un’ora», e collabora con il duo losangelino degli Sparks.
DOPO IL RITORNO sette anni fa – complici i Daft Punk e il loro omaggio alla disco di Random Access Memories e l’incisione di Deja vu (2015) per la Sony, Moroder si è scoperto dj e insieme a un gruppo di musicisti, ha portato in giro la sua musica per il mondo – tappe italiane nel 2019 – primo dello stop Covid che lo tiene isolato con la famiglia a Los Angeles, dove continua a lavorare sulle musiche del remake di Top Gun (uscita posticipata nel 2021) e su due brani dei Duran Duran.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento