I rumori si sentono anche da fuori: tintinnio di vetri, soprattutto. E ronzio di nastri insieme a un lontano vociare indistinto di operai. È forgiato a temperature di 1.700 gradi così diventa «come miele», il vetro. Materiale fragile e solido, allo stesso tempo. Non come chi, oggi, lavora per vivere in Italia: fragile più che mai.

Il forno non è mai stato spento, nemmeno domenica sera, quando la vita di Nicoletta Palladini, 50 anni, due figlie e un marito come sopravvissuti, è stata strappata nel turno di notte della Vetreria di Borgonovo, in provincia di Piacenza.
Operaia nata e cresciuta in Valtidone: una vita «di provincia», orgogliosa e solare, sempre disponibile, all’incrocio tra le province di Piacenza e Pavia e a un tiro di schioppo dal Milanese, da tre decenni timbrava il cartellino. Ingresso, uscita. Ingresso, uscita. Fino a domenica.

TRA I CENTO LAVORATORI e lavoratrici in sciopero davanti ai cancelli «della fabbrica», martedì, il sentimento che la fa da padrone è l’incredulità, mista a una rabbia pronunciata a denti stretti. In sua memoria vengono distribuiti fiori bianchi che verranno deposti sotto una sua fotografia incorniciata in bianco, agganciata alla cancellata, sopra a lumini e un ciondolo rosso a forma di cuore. Presenti anche i rappresentanti dei lavoratori che hanno lanciato un coro unanime: «Mai più. Le istituzioni devono intervenire perché non si debba più parlare di morti sul lavoro», dicono Cgil, Cisl, Uil di Piacenza.

QUI IN VETRERIA OLTRE IL 50% dei lavoratori e delle lavoratrici è in appalto, ossia non è assunta direttamente dall’azienda, ma tramite cooperative. Non era il caso di Nicoletta. Lei aveva anche ruoli di responsabilità, e domenica notte stava lavorando in fondo alla linea di produzione. Era da sola. Era vicino a quella nuova macchina, acquistata anche grazie ai finanziamenti dell’Industria 4.0, che si occupa di trasportare bancali pieni di recipienti, bicchieri e tutto ciò che può venire in mente essere fatto di «sabbia silicea», ovvero di vetro. Dai boccali per l’Oktoberfest ai vasetti della crema alla nocciola più famosa al mondo. Nicoletta era sola, poco prima delle 3. Nessuno ha assistito alla sua morte. «Decesso da schiacciamento», scriverà nel referto il medico dell’Asl arrivato sul posto, insieme ai carabinieri della Compagnia di Piacenza che in queste ore stanno cercando di fare luce sull’accaduto, coordinati dal pm Matteo Centini della Procura della Repubblica di Piacenza.

I PRIMI AD ARRIVARE, domenica, l’hanno riconosciuta da una ciocca di capelli biondi. Poi uno straziante lavoro dei vigili del fuoco per estrarla dal macchinario. «Una morte inspiegabile», si dice. «Il primo incidente mortale mai avvenuto in questo posto». Qualcosa è andato storto. I nuovi sistemi di sicurezza dei macchinari acquistati per pesare meno sulle spalle di chi lavora non hanno funzionato. Perché?

Sono sette, dall’inizio dell’anno, le «morti bianche» solo qui, a Piacenza. La media mensile degli incidenti mortali sul lavoro si attesta su 88 vittime, considerato il periodo gennaio-settembre 2022. Si parla di 20 decessi a settimana, pari a tre infortuni mortali al giorno. I numeri lascerebbero intendere un calo, se ci si limitasse al mero confronto del dato: 910 nel 2021 contro i 790 di infortuni mortali verificatisi nel 2022, con un indice di mortalità che cala del -13%.

LA LETTURA DEL DATO deve considerare che sono oggi sparite, quasi completamente, le vittime di Covid – 14 su 677 secondo gli ultimi dati disponibili di fine agosto 2022 – che, invece, lo scorso anno costituivano più di un terzo dei decessi sul lavoro – 271 su 772 – Allentata l’emergenza pandemica, torna a pesare quella dell’insicurezza sul lavoro.

«UNA SITUAZIONE inaccettabile – si legge in una nota congiunta delle segreterie nazionali di Filctem Cgil, Femca Cisl, Uiltec Uil – il lavoro non può più coincidere con le morti, non è concepibile uscire di casa per andare a lavorare e non fare più ritorno dai propri cari. Da molto tempo stiamo denunciando la crescita continua, sia degli infortuni che delle morti sul lavoro. Questo argomento deve essere portato nelle priorità dell’agenda politica».
Il turno di notte lo fanno le stelle, scriveva Erri de Luca. Da domenica, una in più, una di troppo. Mai più.