Da anni i familiari delle 32 vittime e del centinaio di feriti della strage di Viareggio del 2009 chiedevano agli imputati di rinunciare alla prescrizione che permetterebbe loro di non essere condannati per i reati più gravi: non solo l’incendio colposo, ma, se la corte non dovesse riconoscere l’aggravante del disastro sul lavoro, cadrebbero anche l’omicidio colposo plurimo e le lesioni gravi e gravissime.
Ieri, durante l’ottava udienza del processo di appello, Mauro Moretti, all’epoca dei fatti amministratore delegato di Fs e di Rfi, è intervenuto in aula appena dopo che la procura generale di Firenze aveva chiesto per lui una condanna a 15 anni e 6 mesi.

L’ex ad di Fs Mauro Moretti

«Ho preso atto di quello che ha detto il procuratore, sono parecchi anni che si discute in merito alla prescrizione e sono stato spesso portato a bersaglio, per la prescrizione, per i fatti di Viareggio. Rinuncio alla prescrizione, lo faccio per rispetto delle vittime, dei familiari delle vittime e del loro dolore. Lo faccio perché ritengo di essere innocente», ha detto Moretti.
La giudice della Corte di appello ha chiesto a Moretti se fosse conscio delle conseguenze, se il suo avvocato lo avesse avvertito che la rinuncia vale anche in Cassazione. Moretti ha annuito.
Si tratta dunque di una svolta importante per il processo. Che però i familiari delle vittime valutano come «una strategia difensiva». «Ce l’aspettavamo, è una strategia figlia della demagogia, dell’arroganza», spiega al manifesto Daniela Rombi, rappresentante dei familiari delle vittime che nella strage ha perso dopo 41 giorni di agonia la figlia Emanuela di 21 anni. «Dopo la condanna in primo grado, l’avvocato di Moretti, Armando D’Apote, parlò subito di errori di comunicazione. In quel processo Moretti non si vide quasi mai, in appello è sempre in aula: deve far sembrare ai giudici di fare il bravo, di sentirsi colpito, ma non lo è minimamente». E proprio il riferimento fatto da Moretti «al rispetto delle vittime e dei familiari» ha scatenato in aula la reazione di Daniela: «Pulisciti la bocca prima di parlare delle famiglie delle vittime». Moretti l’ha guardata ma non ha risposto. «Non può parlare di rispetto per noi quando ci ha ignorato per 10 anni dicendosi “innocente” nonostante le prove schiaccianti: è chiaro che è tutta una strategia mediatica, ma io sono fiduciosa: giustizia sarà fatta», continua Daniela.
La richiesta della procura è la stessa del primo grado. Nella requisitoria partita il 5 febbraio il pm Salvatore Giannino si è soffermato sulle condizioni del carro, la cui rottura provocò la strage: Fs Logistica «non era in grado di garantire un idoneo monitoraggio dei fornitori», la ditta titolare del carro, l’austriaca Gatx Rail e le officine di manutenzione Jughental Waggon di Hannover sarebbero state scelte pur essendo prive della certificazione Iso 9000, richiesta in base alle procedure interne di Trenitalia». Il pm Giannino ha chiesto inoltre 14 anni e 6 mesi per Michele Mario Elia, ex ad Rfi, e 7 anni e 6 mesi per Vincenzo Soprano, ex ad Trenitalia: entrambi non hanno rinunciato alla prescrizione.
Le richieste già considerano 6 mesi di taglio per la prescrizione di alcuni reati dal 2018. Nel processo di primo grado a Lucca, concluso il 31 gennaio del 2017 con 23 condanne e 10 assoluzioni, Moretti è stato condannato a 7 anni in quanto ex ad di Rfi, ma assolto come ex ad di Fs. «Moretti incarnava la holding Fs, Trenitalia e Rfi non avevano libertà, le decisioni le prendeva tutte Moretti», commenta Daniela. «A Firenze giochiamo fuori casa e le cose sono più difficili rispetto a Lucca dove la mobilitazione era continua, ma le prove sono inoppugnabili», commenta Riccardo Antonini, ferroviere licenziato da Fs per aver fatto da consulente ai familiari delle vittime.