Moratoria brevetti, domani il vertice e i movimenti in piazza
G20, Global health summit 110 associazioni del Right2cure raccolgono le firme per "convincere" la Commissione europea. Un panel di 26 super scienziati raccomanda di prepararsi al «long Covid»
G20, Global health summit 110 associazioni del Right2cure raccolgono le firme per "convincere" la Commissione europea. Un panel di 26 super scienziati raccomanda di prepararsi al «long Covid»
Moratoria dei brevetti, accesso equo ai vaccini anti-Covid, ma anche ai farmaci e ai tamponi. Gran parte del mondo scientifico, culturale, politico e della “società civile” chiede ormai pressantemente al premier Draghi di appoggiare le proposte di India e Sudafrica durante il Global Health Summit che si aprirà domani a Roma. E mentre una lunga serie di associazioni, sindacati, movimenti e collettivi di sinistra si preparano ad una mobilitazione cittadina promossa sotto lo slogan «La salute non è merce», il report firmato dai 26 super scienziati chiamati dalla Commissione europea e dalla presidenza italiana del G20 a partecipare al summit di domani è proprio sotto il segno dell’approccio «One Health», modello sanitario che integra discipline diverse per il raggiungimento di una salute olistica globale, con particolare attenzione ai bisogni delle popolazioni più vulnerabili.
MA MALGRADO i buoni propositi del panel di esperti di livello internazionale – tra cui il presidente dell’Iss, Brusaferro, quello dell’Aifa, Palù, e lo scopritore del virus Ebola, Peter Piot -, sembra (secondo indiscrezioni di testate estere) che nella bozza della «Dichiarazione di Roma», il documento conclusivo del vertice, non si tenga ancora conto della richiesta di moratoria parzialmente rilanciata dal presidente Usa Biden. Gli scienziati invece raccomandano di prepararsi alla «probabilità che Sars-Cov-2 diventerà endemico», con possibili «focolai stagionali a causa della diminuzione dell’immunità, della copertura vaccinale insufficiente a livello globale o dell’emergere di nuove varianti virali», e «ulteriori ondate epidemiche probabili, in particolare in Paesi con bassa copertura vaccinale».
Parlano di «long Covid» e suggeriscono di coltivare una «visione a lungo termine», finanziando adeguatamente gli strumenti e le piattaforme per un accesso ampio ai vaccini (Covax, Act-A) e alle terapie, e investendo sulla ricerca, in occidente come nei Paesi «a basso e medio reddito». Il gruppo di scienziati spiega poi il ruolo della crisi climatica alla base di questa come di altre possibili future pandemie, e raccomanda perciò di «rafforzare la sorveglianza integrata delle malattie, la raccolta dei dati, la sicurezza e la condivisione a tutti i livelli», e di chiarire i confini fra scienza e politica. Perché non si deve ripetere l’errore della «comunità globale» che «ha collettivamente fallito nel prendere sul serio la ben nota minaccia delle epidemie». «La pandemia non finirà da nessuna parte, finché non sarà finita ovunque», è il monito ai politici e alle case farmaceutiche.
LA QUESTIONE DEI BREVETTI però è più complessa di quello che sembra: secondo la Federazione internazionale delle imprese del farmaco ci sono volute «oltre 200 sperimentazioni cliniche e circa 300 collaborazioni fra aziende in tutto il mondo» affinché in pochi mesi la produzione dei vaccini anti Covid aumentasse da zero fino a 2,2 miliardi di dosi a fine maggio, «con una sbalorditiva stima di 11 miliardi di dosi entro la fine del 2021», ossia «abbastanza da vaccinare la popolazione mondiale adulta». Un numero, questo, «impensabile per una malattia sconosciuta fino a poco più di un anno fa», sottolinea il presidente di Farmindustria, Scaccabarozzi, secondo il quale il risultato è stato «reso possibile anche grazie alla proprietà intellettuale».
Come già altri hanno fatto notare, e non solo tra le fila di “Big Pharma”, Scaccabarozzi spiega che «la produzione di vaccini è molto complessa e non facilmente replicabile», e dunque «la liberalizzazione dei brevetti non è la soluzione». In effetti, la richiesta di India e Sudafrica non riguarda solo i vaccini (difficilmente riproducibili in Africa, per esempio) ma anche – e soprattutto – i brevetti di farmaci e test.
IN QUESTI TERMINI la moratoria sulla proprietà intellettuale sarebbe un primo importante – seppur simbolico – passo verso l’equità di accesso alla salute pubblica, nel mondo. Il fatto che non sia stata menzionata nella bozza di dichiarazione per il summit, «preoccupa fortemente» il Comitato italiano della Campagna europea Right2Cure #NoprofitOnPandemic, che riunisce «110 realtà associative impegnate nella raccolta di un milione di firme», per «costringere la Commissione Ue a rimettere in discussione la propria opposizione alla moratoria sui brevetti».
E così, mentre si prepara la mobilitazione «anti-summit» di Roma, si moltiplicano le iniziative del tema: domani stesso, dalla Camera la Lega trasmetterà un webinar di approfondimento, mentre oggi pomeriggio esponenti del Pd, del M5S e di Articolo 1 si confronteranno in dibattito pubblico. «Dobbiamo agire ora», esorta in una nota il M5S nel presentare l’iniziativa che promuove la liberalizzazione dei diritti di proprietà intellettuale. Non è chiaro se lo hanno già detto anche a Draghi.
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