Morandi e Manzoni, pittori a fumetti
Graphic «Basta a ciascun giorno la sua pena» di Paolo Bacilieri, e «Natura morta» di Maicol&Mirco
Graphic «Basta a ciascun giorno la sua pena» di Paolo Bacilieri, e «Natura morta» di Maicol&Mirco
È ripreso dal Vangelo secondo Matteo il titolo del fumetto di Paolo Bacilieri, Basta a ciascun giorno la sua pena. Il senso del versetto è quello di cercare il regno di Dio e la giustizia divina senza preoccuparsi dei beni materiali, apprezzando invece ogni giorno il dono della vita. Di giorni, la vita dell’artista Piero Manzoni non ne ha avuti molti, ma il vertiginoso racconto a fumetti che ne fa Bacilieri, rende a pieno la loro intensità. Uscito negli ultimi mesi del 2023, l’atteso graphic novel sulla figura dell’artista milanese si apre con una musica: i frammenti del testo di El piscinin, vecchia canzone popolare, occupano le prime vignette del libro, che con stile accurato nel segno e nei dettagli raffigurano spazi urbani desolati all’alba del 7 febbraio 1963. Quella di proporre una musica che attraversa lo spazio come un personaggio e accompagna la lettura di queste immagini è una scelta suggestiva che per qualche motivo, probabilmente legato allo speciale sistema di montaggio del fumetto operato dal lettore, potrebbe essere accostata a un lungo piano sequenza cinematografico. Di fatto la melodia diviene un lamento funebre: dagli esterni con strade, vicoli, piazze, organizzati perlopiù su tavole divise in modo simmetrico in due vignette-fatta eccezione per quella della Torre Velasca, landmark feticcio bacilieriano – la melodia ci conduce all’interno dello studio di Piero Manzoni, in via dei Fiori chiari, dove il suo corpo giace senza vita. Con un brutale flashback che lega morte e vita e insiste sulla fugacità dell’esistenza e sulla gioventù dell’artista-scomparso a soli trentatré anni, assistiamo nella pagina successiva alla nascita del piccolo Piero.
Non è la prima volta che Paolo Bacilieri si dedica alla biografia- ricordiamo Sweet Salgari e Ettore e Fernanda- ma c’è qualcosa di più filologico in questo racconto: qui è palpabile e ben espressa la tensione per far confluire l’arte contemporanea e le innovative creazioni di Piero Manzoni all’interno della pagina, così come la volontà di rappresentare la vivace e irrequieta vita sociale e artistica della Milano degli anni ’50. Nel primo caso, il racconto raccoglie e amplia a più riprese quella pratica intermediale anticipata dalla presenza della musica nella lunga sequenza iniziale. L’arte contemporanea entra nelle tavole del fumetto attraverso le opere di Manzoni, rappresentate non solo come scansione dei tempi del racconto, ma anche nella sequenza che mostra la realizzazione della linea che misura 7200 mt disegnata su un lungo rotolo di carta nel 1960. L’opera occupa, unendole, la parte inferiore di diverse tavole; c’è anche Base magica, il piedistallo della scultura vivente realizzato nel 1961, riprodotto per qualche tavola in basso, quasi a ospitare un personaggio diverso a ogni voltapagina, o forse la scultura dello stesso racconto a fumetti.
Nella storia oltre a molta musica- un indimenticabile Piero Ciampi, intona «Il vino» al Bar Giamaica- è presente anche il cinema, con John Wayne sullo schermo e gli spettatori Manzoni e Uliano in platea che bevono da una fiaschetta e si cospargono di lozione anti pidocchi; c’è infine tanta letteratura nei passi da Luciano Bianciardi, letti ad alta voce nella confusione degli avventori del Bar Giamaica e negli estratti dagli scritti critici dedicati a Manzoni. Bacilieri racconta la vivacità del pensiero dell’artista, la frustrazione iniziale di non potersi esprimere come «semplice» pittore riversata nella ricerca concettuale, una spinta che lo porterà ad essere apprezzato e quotato in altri paesi europei – in un periplo di cui si raccontano le tappe- e largamente incompreso in Italia, dove un critico lo definisce «caccautore» senza che lui, che ha intuito l’importanza di far notizia, se ne curi troppo. Un ritratto ricco e articolato che rende grazia alla spigolosità del personaggio e alle sue inquietudini con un controllo impressionante e maniacale della tecnica grafica e narrativa da parte di Bacilieri.
Potrebbe sembrare scontato il titolo Natura morta per il fumetto che Maicol&Mirco dedica al pittore Giorgio Morandi, ma il ritratto e il pensiero di artista che ne emergono smentiscono ogni ovvietà. Come spesso accade nei lavori dell’autore degli Scarabocchi, il racconto coinvolge il suo alter ego su pagina: lo scarabocchio Maicol&Mirco, rappresentato qui con una t-shirt con la scritta FRAGILE ha posto una domanda al pittore bolognese. Interrogato sul perché dipinga solo oggetti, Morandi si lancia in una riflessione sulla definizione di «natura morta» che lo porta da un lato a postulare l’illusorietà dei nostri sensi e dall’altro a sancire il trionfo delle cose, intese come artificio ma anche come materia di valore. A livello grafico e testuale, il racconto si struttura come un monologo in cui il pittore, la cui forza e autorevolezza attingono qui anche alla sua sagoma isolata su una pagina vuota, sviluppa la sua visione del mondo attraverso esempi molto chiari. Indirettamente l’autore giustifica la pittura di Morandi facendogli spiegare come più che sulle emozioni, i caratteri e gli eventi, la mente umana si concentri e ritenga solo concetti reificati, ovvero relativi agli oggetti; convinto della bontà della sua lettura del reale, il pittore si spinge poi a interpretare tutta la nostra esistenza come un’attività al servizio delle cose.
Il profondo discorso di Morandi è intervallato da magnifiche tavole a colori che con la semplicità abbozzata del segno degli Scarabocchi riprendono in modo efficace le gamme cromatiche dei suoi quadri: si parte con le nature morte prima, per arrivare alla esemplificazione grafica di quel preciso processo metonimico che rimpiazza concetti e personaggi storici per mezzo di oggetti simbolici, come la ciotola di cicuta per Socrate e la croce per Cristo. Dal paradosso implicito nella definizione di «natura morta» ad una risposta artistica che sposta l’elucubrazione su semplici oggetti inanimati, rendendoli dispositivi di senso profondo il tragitto è breve: la natura è morta-dice Morandi- perché in realtà attribuiamo più valore alle cose e agli oggetti benché questi siano senza vita. La vita stessa, prosegue il pittore protagonista del fumetto, è probabilmente un’illusione, giacché i nostri ricordi si afferrano agli oggetti e semplificano la realtà reificandola. Non vi è contraddizione dunque, se rispetto al nostro sistema il pittore si pronuncia definendo il capitalismo come l’umanesimo delle cose.
Da buon artista, memore dell’importanza della propria opera e interprete riservato e geniale di quella solitudine contemplativa tipica di un certo pensiero novecentesco, lo scarabocchio Morandi riconosce ed esalta l’importanza della luce, vera chiave di interpretazione del mondo delle cose, che noi umani inquiniamo anche respirando. Non a caso ne La dolce vita di Fellini un trasognato Marcello Mastroianni di fronte a una tela del pittore dice che «i suoi oggetti sono immersi in una luce di sogno». Morandi con la luce ha sognato e dipinto oggetti vivi, ha rinnovato il concetto di natura morta e spostato l’asse dell’esperienza contemplativa dello spettatore, inaugurando una modalità visiva ed espressiva resistente alle successive correnti artistiche. Maicol&Mirco, vestito di una maglietta con la scritta FRAGILE, attore sulla pagina come può esserlo un oggetto qualsiasi, dalla propria tipica lente del ribaltamento e del paradosso non poteva spiegare meglio la silenziosa rivoluzione morandiana delle nature morte fatte di oggetti vivi.
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