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Moor Mother, conflitti aperti

Moor Mother, conflitti apertiMoor Mother (foto Ebru Yildiz)

Intervista/L’artista afroamericana racconta il nuovo disco, tra versificazioni e ritmi visionari Temi come oppressione, colonialismo, potere, guerra innervano «The Great Bailout», e vengono riletti con veemenza attraverso la lente dell’afrofuturismo

Pubblicato 4 mesi faEdizione del 1 giugno 2024

C’è un conflitto aperto fra Moor Mother e l’arroganza del potere, la violenza sistematica, l’oppressione più coatta. Nei suoi lavori – che siano sviluppati in musica o in poesia, realizzati in solitario o all’interno delle comunità con cui collabora – vi è sempre una profonda esplorazione di fenomeni sociali e culturali che affondano le proprie radici nella storia occidentale. Questa ricerca è anche alla base del suo nono album intitolato The Great Bailout, pubblicato da Anti- Records (distr. Self), un disco di sonic poetry in cui la potenza espressiva è amplificata dai temi di denuncia che l’artista statunitense ha strutturato attraverso le maglie dell’afrofuturismo. «La ricerca è una parte importante del mio lavoro – spiega l’attivista 42enne, oggi di base a Los Angeles dopo anni di lavoro a Filadelfia -. La ricerca storica, e in particolare la storia africana e la filosofia, è uno dei miei principali interessi». The Great Bailout è probabilmente l’opera più politica di Camae Ayewa (questo il suo vero nome), dove scandaglia la relazione brutale che ha legato Europa e Africa in relazione al colonialismo e alla liberazione. Ma il nuovo album è soprattutto un potente atto d’accusa contro la Gran Bretagna e la sua realtà politica, poiché ha come sfondo la legge sull’abolizione della schiavitù del 1833 e soprattutto lo Slavery Abolition Act del 1835. Quest’ultimo consisteva in un prestito di 20 milioni di pound (17 miliardi delle attuali sterline) attraverso il quale il governo britannico avrebbe dovuto «risarcire» 46mila proprietari di schiavi che stavano perdendo le loro «proprietà» a causa dell’abolizione legale della schiavitù. Uno dei più grandi prestiti della storia, equivalente al 40% delle entrate annuali del Tesoro, estinto solo nel 2015. E c’è un tratto d’unione in ciò che è accaduto fra il XIX e il XXI secolo, perché due primi ministri britannici (William Ewart Gladstone, primo ministro in quattro occasioni tra il 1868 e il 1894, e David Cameron tra il 2010 e il 2016) hanno entrambi avuto antenati che hanno ricevuto tale «risarcimento».

CONNESSIONI
The Great Bailout connette, dunque, il nostro contemporaneo ai temi più dolorosi dell’afrodiaspora, ultimo tassello in ordine cronologico di una discografia quantomai variegata per generi, collaborazioni e sviluppi crossmediali. Partendo dalla migliore tradizione nera e dalla visionaria innovazione di Sun Ra e Aretha Franklin, Moor Mother si inserisce perfettamente nel suono contemporaneo di artiste come Matana Roberts, Angel Bat Dawid e Nicole Mitchell, proiettandosi verso un futuro di affermazione e rivendicazione sociale. Cresciuta in una comunità nera ad Aberdeen, una piccola città nel Maryland, si è poi trasferita a Filadelfia per studiare fotografia e nel 2005 ha fondato i Mighty Paradocs, il suo primo duo punk assieme a Rebecca Roe. Da queste collisioni di stile nasce il cuore pulsante della musica di Camae, che frantuma l’hip hop attraverso le spigolosità del noise, spezza il flow vocale immergendolo nelle maglie del digitale e passa agevolmente dal jazz al punk, dal rap al rock, proponendosi come una delle voci più autentiche e originali del movimento artistico afroamericano.
«Ciò che rende contemporaneo The Great Bailout è la sua determinazione a riesaminare la storia – spiega Moor Mother collegata in video da Los Angeles -. È essenziale comprendere ciò che sta accadendo oggi, ma per farlo si deve imparare dalla storia, conoscere l’oppressione, il potere, la guerra e la giustizia. A livello musicale, invece, quando inizio a scrivere una canzone tendo a pensarla nella tradizione soul, penso alle grandi cantanti che amo, come Aretha Franklin, Amina Claudine Myers, Stephanie Mills… queste sono le voci che mi piacciono. Per me, l’opera lirica è perfettamente in sintonia con tutto questo e grandi cantanti come Leontyne Price e Marian Anderson sono esattamente quello che apprezzo. Mi sono ispirata a queste donne, ma fin da giovanissima mi sono ispirata alla musica in generale. Ho sempre voluto partecipare, ma semplicemente non sapevo come farlo. Bob Marley è stato senza dubbio un importante riferimento, lo considero un grande autore, così come conoscere la musica punk rock è stata sicuramente una grande ispirazione, soprattutto perché questo genere possedeva la capacità di raccontare storie senza aver bisogno di farlo in un modo perfetto. Questo mi ha molto aiutata, anche perché alcune delle cantanti e delle artiste che mi piacciono erano semplicemente eccezionali, donne come Aretha Franklin e Chaka Khan e Whitney Houston, che erano a livelli top».

APPROCCIO CREATIVO
Accanto all’aspetto sonoro, l’approccio creativo di Moor Mother abbraccia una molteplicità di schemi e sollecitazioni, prima fra tutte la poesia. Da principio, il confronto con artisti di massima levatura ha bloccato la giovane autrice, ma l’idea di accostarsi seriamente alla poesia è arrivato solo dopo la scomparsa di Amiri Baraka, poeta, scrittore, insegnante e soprattutto attivista politico spentosi nel New Jersey nel 2014. «Il mio intento era di portare avanti l’eredità e le tradizioni di questi grandi artisti e dopo il college ho iniziato a fare musica – prosegue Camae -. La mia prima band era una specie di ibrido punk/rock/hip hop/reggae, in cui convergeva tutta la musica che amavo e che mi ha ispirato, non c’era l’idea di fare musica di protesta».
Da allora la carriera di Moor Mother si è ampliata con incredibile forza centrifuga, coinvolgendo comunità, attivisti e artisti di estrazione realmente eterogenea. Dalla sperimentazione meditativa con la flautista Nicole Mitchell all’aggressività dell’hip hop digitale con Billy Woods, per arrivare al febbrile noise & spoken word del progetto 700 Bliss assieme a DJ Haram. E poi ancora l’esaltante collaborazione con gli Irreversible Entanglements, il collettivo di avant jazz in cui Moor Mother è voce-guida, il suo ruolo sempre più presente con l’Art Ensemble of Chicago, i featuring con Sons of Kemet, The Bug, Armand Hammer e molto altro ancora. Per anni il fulcro operativo di Camae Ayewa è stata Filadelfia, ma lo spostamento a Los Angeles ha ora cambiato l’assetto del suo lavoro. Racconta: «Al momento non conosco molto bene la scena californiana, è davvero enorme. A Filadelfia c’era una fantastica scena DIY, il che significa che anche i musicisti riuscivano a organizzare show senza la necessità che vi fosse un promoter o un agente. Era davvero un ambiente in cui essere artisticamente proattivi, senza ritrovarsi così dipendenti dal supporto delle grandi istituzioni artistiche. Ho realizzato un evento musicale per circa 15 anni chiamato Rockers!, dove arrivavano musicisti che suonavano generi diversi. Così è nata una bellissima comunità, con persone che la ricorderanno per sempre e rimarranno in contatto per sempre».
Dell’autunno 2021 Camae Ayewa è anche diventata Assistant Professor all’Università della California del Sud, dove si occupa di classical performance & composition ed entra in contatto con studenti provenienti da tutto il mondo. Anche questo aspetto della sua produzione culturale si lega in maniera inscindibile con la teoria e la pratica del Black Quantum Futurism, di cui è co-fondatrice assieme a un’altra importante figura, quella dell’artista, attivista e avvocatessa Rashida Phillips. «Il futurismo nero – dice – è la lente attraverso cui esamino il mio lavoro e presto pubblicheremo un libro che sarà semplicemente fenomenale e rappresenterà davvero un momento rivoluzionario. Abbiamo alcune mostre d’arte in arrivo, ma ne abbiamo fatte 14 l’anno scorso e vogliamo un po’ rallentare».
Come fondatrice del Black Quantum Futurism Collective, infatti, Moor Mother non solo ha realizzato libri e opere sonore sperimentali, ma ha anche esposto in vari musei, da Londra a Filadelfia, da Chicago a Parigi. Ma soprattutto il Black Quantum Futurism intende supportare le interazioni fra differenti esperienze socio-culturali, insistendo sull’antropologia di comunità e scoprendo storie nascoste di carattere multigenerazionale. «Il Black Quantum Futurism – continua – è la messa in pratica della teoria, dunque per noi è essenziale interagire con la comunità. Puoi suonare in tutte le grandi sale da concerto e in tutte le grandi università, ma proprio l’incontro con le comunità è fondamentale e penso che questa esigenza stia diventando sempre più presente nella testa degli artisti e dei curatori. Dobbiamo fare workshop, portare l’arte e il lavoro nelle conversazioni della gente, per far comprendere dove vogliamo arrivare come collettività».

DA ASCOLTARE
Gli inizi
La prima produzione solista di Moor Mother è senza dubbio quella che si avventura maggiormente nella bruma delle interferenze digitali, mimetizzando la voce fra le sferzate elettroniche e il noise ossessivo. Non è un caso che queste tre pubblicazioni siano uscite per la Don Giovanni Records, label che ha da subito sporcato il punk rock con qualunque influenza potesse supportare il superamento dei confini di genere e che in Moor Mother ha trovato un’icona non solo sonora. Proprio Fetish Bones (del 2016) è un perfetto esempio di incrocio fra hip hop, dissonanze, stridori, bassi saturi e libertà espressiva, che trova un coerente seguito nella risolutezza ritmica di Analog Fluids of Sonic Black Holes (2019). Già in quest’album la ricerca delle radici e la rivendicazione di una tradizione fieramente «nera» si scontrano con la sfrontatezza alternativa e sperimentale del materiale sonoro, un oscuro scrutare nel dolore e nella lotta di una nuova generazione di avanguardisti digitali. Se l’esperienza di produzione muterà fortemente le pubblicazioni di pochi anni dopo, è proprio in queste release che la spinta oltranzista dell’opera di Camae Ayewa trova piena detonazione. Circuit City (2020) rappresenta dunque la virata verso la free form jazzata, grazie soprattutto alla collaborazione già avviata con gli Irreversible Entanglements, qui decisamente presenti con fiati e percussioni. Un vortice elettroacustico su cui si staglia la figura di Moor Mother, sacerdotessa di un rituale che connette passato e presente.

Il progetto Moor Jewelry
Il fuoco delle chitarre rock sprigiona pienamente dalle 10 tracce di True Opera (Don Giovanni Records, 2020), il disco che Camae realizza con il produttore industrial Mental Jewelry sotto lo pseudonimo di Moor Jewelry. Insolente, diretto, veloce e lo-fi, questo è l’album che trasborda pienamente gli anni Novanta nel percorso di Moor Mother, mai così svelta e selvaggia. Una raccolta fulminante a base del classico trittico chitarra-basso-batteria, sul quale svetta come sempre la declamazione intransigente della Ayewa.

Con Nicole Mitchell
Nel 2018 il festival di Utrecht Le Guess Who chiama Moor Mother fra i curatori dell’edizione e l’artista afroamericana invita Nicole Mitchell a esibirsi sul palco Hertz del meraviglioso TivoliVredenburg. Nasce una collaborazione dal vivo, che due anni dopo troverà pubblicazione per Don Giovanni Records, una spettrale e intensa performance in cui la compositrice e flautista nota in tutto il mondo attraversa le maglie elettroniche intessute da Moor Mother. Offering è un disco a tratti meditativo, senza dubbio mesmerico, che oscilla fra pieni e vuoti, pacatezza e ossessione.

Con Billy Woods
Disco apertamente black soprattutto per lo scambio produttivo con Billy Woods – il rapper che è anche metà degli acclamati Armand Hammer – Brass (2020) è uscito proprio per la record label del rapper newyorkese, la Backwoodz Studioz. La battuta lenta e l’atmosfera psicotropa dei 15 brani riescono a fagocitare l’ascoltatore in oscurità profonde e atmosfere decisamente inquiete, che finiscono per infrangersi sullo spoken word di Moor Mother e sul suo lavorio sotterraneo e sottotraccia di noise e free jazz.

Gli album Anti- Records
La firma con la Anti- Records (label di Los Angeles) segna un netto cambio di rotta, che Moor Mother sviluppa attraverso un suono più raffinato anche se meno dirompente, dove jazz, hip hop blues ed elettronica si fondono in tre uscite discografiche che le forniscono un nuovo posizionamento artistico. Black Encyclopedia of the Air (uscito nel 2021 ma registrato a casa durante la pandemia) è un album che ha acquisito piena padronanza di un suono complesso, dove la cultura di strada incontra l’approccio intellettuale e riflette sui temi della violenza, della memoria e del futuro. L’utilizzo di una moltitudine di strumenti e l’inserimento delle liriche in un flusso di suoni quasi amniotici torna anche in Jazz Codes (2022), disco nato appositamente per mettere in musica le poesie dell’omonima raccolta di Camae Ayewa. Anche qui la contaminazione è determinante, un effluvio di elementi eterogenei che si amalgamano e si sciolgono in dimensioni da psilocibina. Melodia e sperimentazione si aggrovigliano attorno al concetto di un mondo afrofuturista, la cui rivendicazione affonda le radici anche nello studio e nella narrazione di un passato particolarmente efferato. Proprio dalla relazione storica fra Europa e Africa nasce il lavoro forse più complesso e ambizioso (politicamente parlando) di Moor Mother, che in The Great Bailout (2024) unisce bellezza e orrore raccontando le atrocità del colonialismo britannico e i suoi interessi di natura economica.

Con gli Irreversible Entanglements
Gli Irreversible Entanglements rappresentano una delle migliori espressioni del jazz dei nostri giorni, un’esplosione di energia creativa in cui elettronica avanguardista e poesia militante trovano un volto e una voce nella figura di Moor Mother. Nati nel 2015 grazie all’intuizione di Camae Ayewa, del batterista Tcheser Holmes, del trombettista Aquiles Navarro, del sassofonista Keir Neuringer e del bassista Luke Stewart, gli Irreversible Entanglements arrivano all’omonimo debut album (nel 2017) proprio tramite Don Giovanni Records e International Anthem, label di Chicago che in quegli anni licenziava alcuni dei dischi più significativi del nuovo jazz di contaminazione. Il trittico di album formato dall’esordio e dai successivi Who Sent You? (2020) e Open the Gates (2021) si propone come un geniale incrocio di armonie e dissonanze, dove l’improvvisazione si sovrappone alle texture elettroniche e la voce di Moor Mother irretisce e ipnotizza. La musica dell’ensemble è una dichiarazione di resistenza, una celebrazione di diversità e complessità, che esplode di una nuova vitalità nel quarto disco Protect Your Light (uscito nel 2023 per la storica label newyorkese Impulse!). L’energia vitale dell’ultimo album si mostra subito nel brano di apertura Free Love, che unisce l’attitudine alla danza con le evoluzioni prettamente jazz, ma il percorso creativo e innovativo del gruppo sembra in piena evoluzione e promette di riservare ancora sorprese.

Con DJ Haram per 700 Bliss
Fianco a fianco già dal 2014, DJ Haram e Moor Mother danno libera forma alle loro identità artistiche con il coinvolgente progetto 700 Bliss, uno spazio sonoro in cui tutto è possibile e dove si ritrovano un cast di collaboratori tutti afferenti alla scena di Filadelfia. Per capire di cosa parliamo basta guardare il video di Cosmic Slop, brano davvero ipnotico e potentissimo in cui compare la comunità artistica cittadina. Ma è con Nothing to Declare (Hyperdub, 2022) che il suono sincopato del duo trova concreta espressione, giocando con la musica e con le parole, divenendo ora sensuale e subito dopo irruento, riconnettendo la scena dei club con l’underground più creativo e con il mercato discografico internazionale.

Con Roscoe Mitchell e l’Art Ensemble of Chicago
Indicato da Moor Mother come determinante fonte di ispirazione, l’Art Ensemble of Chicago è l’ulteriore – e per certi versi necessario – approdo dell’artista del Black Quantum Futurism. Non solo Ayewa ha suonato in tour con la formazione, ha anche scritto i versi della title track di We Are on the Edge, il disco che celebra i 50 anni di attività della band. Ed è davvero la sua voce a fornire un’energia rinnovata alla musica dell’Art Ensemble, aspetto che deve aver colpito anche il fondatore Mitchell, che assieme a lei è stato in tour con la narrazione poetica di Moor Mother The Black Drop. Un nuovo, essenziale capitolo per la «Great Black Music-Ancient to the Future».

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