Visioni

Monti e i canti ribelli di Renaud

Monti e i canti ribelli di RenaudGiangilberto Monti

Musica L'artista milanese parla dei suoi mille progetti e del nuovo lavoro, un tributo al cantautore francese poco conosciuto in Italia

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 30 giugno 2017

A dispetto del poeta e della meteorologia, i mesi di aprile e di inizio maggio per Giangilberto Monti non sono stati né crudeli né piovosi, ma fioriti. E molto: avendo aggiunto al proprio carnet un nuovo album; la ristampa dello storico Guardie e Ladri cui parteciparono cantanti come la Oxa, Alberto Camerini, Bernardo Lanzetti e gruppi come il Banco, un concerto- reunion allo Zelig con alcuni reduci di allora più Ivan Cattaneo e l’avvio della scrittura di un nuovo libro. Intanto alle spalle, Monti ha lasciato un disco notevole come Opinioni di un clown e un libro aperto a ventaglio sulla produzione canzonettistica di Dario Fo. Colta al volo l’opportunità, la conversazione si apre proprio sul suo indimenticato maestro: «Mi piacerebbe moltissimo registrare le sue canzoni, qualcuna l’ho già cantata e suonata; mi ha insegnato molte cose» – per poi scivolare sul presente che come dice: «lo attraverso sentendomi un superdilettante. È un termine che ha usato anche Boris Vian e come lui ho tentato di mischiare tutto: narrazione musicale e espressione teatrale totale. Posso essere definito in tanti modi per come uso tutto ciò che ho imparato».

Nel discorso e prima entrare nel mondo di Renaud, cui dedica il suo ultimo album, Canti Ribelli. Giangilberto Monti interpreta Renaud (Incipit Records), il cantante svela il suo prossimo progetto evocando il nome dello scrittore di Sputerò sulle vostre tombe e autore de Il disertore, che l’ha più ispirato, peraltro già affrontato nel 2004 con il doppio cd La belle epoque della Banda Bonnot, forse il suo lavoro più bello ed importante, e che ancor oggi dice la sua: «Sarà un libro a tutto tondo sul mondo di Boris Vian». Per intanto il cantautore ed interprete milanese estrae un altro «file» dai suoi «maledetti francesi» aggiungendo così un fondamentale tassello alla sua personale esplorazione della canzone francese occupandosi di un personaggio non facile, dalle volitive sfaccettature come Renaud, al secolo Renaud Séchan: «È stata un’operazione coraggiosa, Renaud è tanto celebre in patria, quanto sconosciuto in Italia. Ho visto in lui una mia specie di alter-ego», Monti è nato l’11 maggio del 1952, esattamente come Renaud – «ed uno dei motivi che ha spinto a tradurre le sue canzoni è anche quella contaminazione tra pop e rock che lo rende amatissimo in Francia».

«I suoi testi, per l’appunto ribelli, li sento vicini ai giovani francesi, ai rapper d’oggi che non si piegano come Renaud stesso non si è piegato a compromessi». Soprattutto nella vita, vivendo non come una rockstar, ma come un uomo e un artista che continua a far i conti con il mondo e con se stesso, lasciando però la porta aperta a quella feroce e beffarda ironia appartenente a Charlie Hebod, di cui è azionista. Qui ad entrare a gamba tesa è anche l’argot, la lingua delle banlieue, adoperata in chiave poetica e non gergale. La sua musica poi contiene riferimenti ispirati a Brassens come al punk. «In questo modo di essere e agire anarchico mi è molto vicino ed in alcune canzoni sembra essere in anticipo di vent’anni se non di più su situazioni d’oggi».

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