Monti a capo della commissione Oms. Ma stavolta non andrà oltre i consigli
La nomina di chi tagliò più tutti la sanità in Italia. Dovrà valutare le politiche dei vari paesi. Lui che inagurò in Italia l’austerity liberista
La nomina di chi tagliò più tutti la sanità in Italia. Dovrà valutare le politiche dei vari paesi. Lui che inagurò in Italia l’austerity liberista
Le battute si sono già sprecate. «Dracula a capo dei donatori del sangue», «Taglierà quel poco che è rimasto in piedi negli ospedali dopo la cura stile Loden del suo governo». La nomina di Mario Monti a capo della commissione «Salute e sviluppo sostenibile» dell’Organizazione mondiale della Sanità (Oms) è agli occhi degli italiani una presa in giro. Si tratta infatti del presidente del consiglio che dal Salva Italia in poi ha tagliato di più sul budget della sanità pubblica, ben coadiuvato poi da Renzi.
È lo stesso ministero della Salute a certificarlo. Il finanziamento del Sistema sanitario nazionale (Ssn) a carico dello Stato negli ultimi 20 anni ha avuto due picchi negativi: «Un calo si è registrato tra il 2012 e il 2013 (passando da 108 miliardi a 107 miliardi) e tra il 2014 e il 2015 (passando da 109,9 a 109,7 miliardi)». I nomi dei presidenti del consiglio erano già stati svelati.
«Nel decennio 2010-2019, il finanziamento pubblico del Ssn è aumentato complessivamente di 8,8 miliardi di euro, crescendo in media dello 0,9 per cento annuo, tasso inferiore a quello dell’inflazione media annua pari a 1,07 per cento», spiega la Fondazione Gimbe nel suo rapporto del 2019 sul «definanziamento della sanità pubblica» e come citava sempre Walter Ricciardi nel suo periodo di dirigenza all’Istituto superiore di sanità 2014-2019, prima di finire anche lui all’Oms: «Alla sanità pubblica sono stati sottratti oltre 37 miliardi di euro in 10 anni».
Mario Monti passerà infatti alla storia patria più per l’espressione «spending review» che per la vittoria all’antitrust europeo contro il monopolio di Microsoft. L’espressione di deriva anglosassone è diventata giustamente sinonimo di «taglio indiscriminato». Nel trionfalismo iniziale dell’epoca post Berlusconi – guidato da Repubblica che ne lodava «il loden e l’uso di alberghi a tre stelle» – «la spending review» avrebbe dovuto colpire «gli sprechi di danaro pubblico». In realtà si è trattata di una semplice scure che ha tagliato in modo lineare tutto il settore pubblico a partire dagli investimenti.
Insomma, il trionfo del neo liberismo e dell’austerità fallace – a partire dall’errore sul «moltiplicatore» ammesso dal capo economista del Fondo monetario internazionale Olivier Blanchard – che hanno prodotto decine di migliaia di licenziamenti e mancato turn over fra medici e infermieri pagati nella pandemia e prodotto recessione su recessione.
Ascoltare Mario Monti ora dichiarare: «La salute dovrà pesare di più nelle scelte politiche, se vogliamo evitare crisi che rischiano di costare un multiplo delle cifre che si potrebbero stanziare per prevenirle o attenuarne la portata devastante» pare lunare. L’unico augurio possibile è che si sia già compiuto il contrappasso dantesco e che il senatore a vita nominato da Giorgio Napolitano abbia compreso lo scempio commesso. Per fortuna, comunque, il suo compito è prettamente consultivo – «esaminare come i diversi Paesi hanno reagito all’emergenza Covid-19 e per formulare raccomandazioni per migliorare la risposta dei sistemi sanitari e di assistenza sociale» – . Il Covid sembra infatti aver spazzato via l’austerità. E Dracula si spera tornerà a dormire.
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