Benvenuti a Montesilvano, comune derazzistizzato. Entri o esci dalla città e il segnale deve essere chiaro: qui la discriminazione, l’odio e il terrore per il diverso non hanno cittadinanza. Nel paese in cui la clandestinità è un reato e in cui tirano le banane a un ministro dalla pelle nera, nella regione in cui Alba Dorata si è affacciata per la sua prima italiana – annunciata da squilli di tromba, finita malamente alle urne –, nella città in cui una persona su dieci ha il passaporto straniero, un sindaco chiamato Attilio Di Mattia lancia il suo sasso nello stagno e prova a smuovere le acque con un progetto che nei prossimi giorni verrà approvato dal consiglio comunale: divieto di transito in città per tutto ciò che puzza di xenofobia. Una figurina stilizzata con il braccio destro teso a mo’ di saluto romano dentro a un cerchio rosso sbarrato, e sotto la scritta: «Comune derazzistizzato». La firma è d’artista: il progetto grafico, già pronto, l’ha fatto Pep Marchegiani, «l’ultimo grande della pop art» secondo la critica.
Non saranno dei cartelli stradali a sconfiggere il razzismo, senza dubbio, ma il segnale in sé è forte: se a Novara alcuni genitori ritirano i propri figli da scuola perché «ci sono troppi rom in classe», in Abruzzo almeno c’è qualcuno che prova a dire basta e a invertire la rotta di un paese che sembra ormai la versione grottesca del «Buio oltre la siepe», senza Gregory Peck ma con un Borghezio sempre pronto a esaltare il proprio elettorato a colpi di battute che fanno rabbrividire, accostando, per esempio, le fattezze del ministro Kyenge a quelle di un orango.
«L’obiettivo – dice il sindaco – è chiarificare e porre preventivamente le basi culturali e comunicative affinché Montesilvano non diventi mai una città razzista e intollerante». L’idea è nata dopo una delle ultime affermazioni di Bergoglio sull’accoglienza dei rifugiati: «Bisogna specchiarsi nelle dichiarazioni di papa Francesco, che propone di aprire i conventi ai profughi, manifestando una chiara posizione antirazzista».
Un bel tipo, questo Di Mattia. Eletto nelle file del centrosinistra, è adorato dai suoi e odiato dalla destra, ultimamente si è parlato di lui prima per l’iscrizione ai Radicali e la sottoscrizione dei dodici referendum della discordia, poi per una recente apparizione nel programma pomeridiano di Barbara D’Urso per parlare di un’altra idea: i «garage del sesso» o «lovely park» che dir si voglia.
A Montesilvano, come in gran parte della costa Adriatica d’altra parte, il fenomeno della prostituzione in strada dilaga, tanto che, ha spiegato Di Mattia in tv «un giorno sono andato in una scuola, ho visto dei disegni dei bambini. Quando disegnano la nostra città fanno il mare, le palme, gli stabilimenti balneari e le donnine vicino ai marciapiedi. I genitori dicono loro che sono persone che aspettano l’autobus». La cosa divertente è che questa proposta ha spaccato l’opposizione: nel Pdl gridano allo scandalo ma in realtà gli alleati di Fratelli d’Italia stanno preparano una raccolta di firme contro la legge Merlin.
I detrattori gli danno dell’esibizionista («I problemi non si risolvono in televisione»), ma per una volta si riesce a parlare di una città nel bene, e non per fatti di cronaca nerissima o episodi tremendi tipo «la caccia allo zingaro» che si scatenò nella vicina Pescara l’anno scorso, quando un regolamento di conti tra un rom e un ultras locale finì con un morto ammazzato e lanci di molotov in strada. L’Abruzzo è terreno fertile per la destra più estrema: l’alta concentrazione di stranieri e di campi per i nomadi ha generato un numero imprecisabile di comitati cittadini. Il giorno prima dell’annuncio di Di Mattia sui cartelli antirazzisti, proprio davanti al municipio di Montesilvano è apparso uno striscione di Forza Nuova che è tutto dire: «Agli italiani nessun tetto, agli africani un bel ghetto». Dal canto suo il sindaco ha negato ai neofascisti una sala comunale per una conferenza stampa prevista per oggi: «Mi sembra doveroso non concedere tale opportunità a chi si dimostra così sprezzante rispetto ai principi e i valori della dignità umana».
La situazione è quella che è: il giornalista inglese John Foot, in un articolo uscito sul Guardian nel giugno scorso, sottolineò come gran parte dei media italiani usino senza vergogna né consapevolezza l’espressione «vu cumprà» per indicare gli ambulanti che cercano di vendere paccottaglia sulle spiagge, ché il razzismo è un fenomeno politico soltanto fino a un certo punto e il fatto è anzitutto culturale, e comincia con le parole che usiamo più o meno con cognizione di causa.
E allora, se la battaglia deve consumarsi prima di tutto sui simboli e sui modi di fare, una prima risposta arriva proprio da Montesilvano: un comune, il primo in Italia, derazzistizzato.