Visioni

Monsignor Romero, un martirio oltre la morte

Monsignor Romero,  un martirio oltre la morte

Locarno 69 Il documentario «Il risarcimento» di Gianni Beretta e Patrik Soergel, sulle colpe del Vaticano nell’assassinio a San Salvador nel 1980 del prelato Oscar Romero

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 6 agosto 2016

L’associazione per l’aiuto medico al Centro America, Amca, durante il festival di Locarno propone una sua autonoma iniziativa con la proiezione di un film dedicato al Centro America. Quest’anno è stato Il risarcimento di Gianni Beretta (storico corrispondente per questo giornale da quei paesi) e Patrik Soergel, dedicato a Monsignor Romero, il suo popolo e papa Francesco. Il risarcimento del titolo è quello che la Chiesa cattolica sta perfezionando nei confronti di un arcivescovo assassinato «in odium fidei» da altri cattolici, guardato con sospetto da Giovanni Paolo II che lo riteneva quasi filocomunista (salvo un tardivo ripensamento) e da molti esponenti conservatori della Chiesa cattolica che con bugie e maldicenze hanno di fatto rallentato al limite del boicottaggio il processo di beatificazione di un martire ucciso da un cecchino durate la celebrazione della messa.

Benedetto XVI ha rimesso in moto le pratiche e l’arrivo di papa Francesco ha accelerato il processo così che il 23 maggio 2015 nella piazza di San Salvador, stracolma, ha potuto essere ufficialmente dichiarato beato. Il perché di tanto malcelato risentimento nei confronti di Romero va cercato proprio nel suo apostolato.
Inizialmente Romero guarda forse con maggiore simpatia i benestanti, le persone cosiddette perbene, piuttosto che i contadini, i tagliatori di canna da zucchero e i reietti della società. Anche perché Romero non è schierato con gli esponenti della teologia della liberazione che ritiene politicizzati, per questo quando nel 1977 viene nominato arcivescovo di San Salvador le famiglie potenti sono sicure di avere in lui un alleato. Però Romero è profondamente ancorato ai valori cristiani, evangelici e alla nonviolenza e non può non vedere. E il suo sguardo si fa altro quando l’oligarchia che controlla il paese grazie all’asservimento della stampa, alla repressione dell’esercito e alla connivenza della chiesa mostra il suo volto più criminale proprio per difendere i privilegi che talvolta risalgono addirittura ai conquistadores.

E quando il gesuita padre Rutilio Grande viene assassinato con due catecumeni il suo amico Oscar Romero decide che non è più tempo di silenzio. A partire dai funerali Romero si schiera dalla parte di quelli che non hanno nulla contro quelli che hanno tutto e non esitano a compiere crimini orrendi per mantenere i loro privilegi. Le prediche dell’arcivescovo vengono diffuse via radio (e le radio vengono fatte saltare), l’esercito e gli squadroni della morte hanno ormai nel loro mirino anche preti e fedeli (uno slogan recita «fai un gesto patriotico: uccidi un prete»). Organizza anche un soccorso legale contro i soprusi e i crimini, Beto, l’avvocato che dirige questa struttura dichiara sarcastico che non sono mai riusciti a vincere una causa.

Poi l’epilogo quando Romero invita i militari a disobbedire se viene loro ordinato di commettere crimini contro l’umanità. Il giorno dopo viene assassinato. E da lì si parte, da quella chiesa come è oggi e come era quella sera del 1980 con il sangue sotto l’altare. Sino alla frase di papa Francesco che ricorda come Romero non sia stato martire solo al momento della sua morte, anche dopo «fu diffamato, calunniato, infangato. Il suo martirio continuò anche per mano dei suoi fratelli nel sacerdozio e nell’episcopato» una frase dura che arriva quasi alla fine del documentario, forte prepotente e inquietante.

Mentre è solo forte l’affetto del suo popolo, gente modesta che aveva riempito la piazza per i suoi funerali, prima di essere messa in fuga da una bomba, poi protagonista di una sanguinosa guerra civile e ancora oggi in piazza per venerare il «suo» santo, quello che ha avuto il coraggio di guardare dritto verso i crimini e di mantenere dritta la schiena contro le pressioni e le miserie, raccontate anche da chi ha dovuto istruire le pratiche per la beatificazione che rievoca tra lo sconsolato e il faceto come siano stati messi infiniti bastoni per bloccare quell’istruttoria che forse solo un papa latinoamericano poteva sbloccare perché sa di cosa si tratta quando si parla di dittature e di violenza contro gli ultimi della terra.

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