Europa

Monsignor Montenegro: «Triton non serve a nulla»

Monsignor Montenegro: «Triton non serve a nulla»Monsignor Francesco Montenegro

Intervista Parla l'arcivescovo di Agrigento, prossimo cardinale. «Basta contare i morti. L’Italia non può fare tutto da sola, ma la legge Bossi-Fini va subito cambiata»

Pubblicato quasi 10 anni faEdizione del 12 febbraio 2015

Questa nuova, ennesima, strage di migranti nel Mediterraneo purtroppo non sarà l’ultima. Ci saranno altri morti se il governo italiano e l’Unione europea non cambieranno direzione in fretta e proseguiranno nelle attuali politiche di difesa dei confini». Ne è convinto monsignor Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento (nella cui diocesi si trova Lampedusa) e presidente della Fondazione Migrantes, in prima linea nell’accoglienza di chi sbarca sulle coste siciliane, ma anche stanco di parlare al vento. «Resta solo il silenzio – aggiunge Montenegro, che nel concistoro che si aprirà sabato prossimo verrà nominato cardinale da Papa Francesco –. Abbiamo detto tante parole, ma questa triste storia continua. Gridare non è servito a nulla. Allora forse dobbiamo fare silenzio per sentire le urla di queste persone che muoiono, per renderci conto che queste storie ci appartengono, che non possiamo fare finta che non stia succedendo nulla».

Francesco è intervenuto di nuovo, ieri, durante l’udienza generale in piazza san Pietro, quando le notizie da Lampedusa erano ancora frammentarie: «Si contano altri morti tra gli immigrati a causa del freddo lungo la traversata del Mediterraneo. Desidero assicurare la mia preghiera per le vittime e incoraggiare nuovamente alla solidarietà, affinché a nessuno manchi il necessario soccorso». E sono intervenuti anche gli organismi cattolici impegnati nella accoglienza degli immigrati (Caritas, Migrantes, Centro Astalli, insieme ad Amnesty International, Emergency e Terre de Hommes) denunciando la «inadeguatezza dell’operazione Triton», rilanciando Mare Nostrum e chiedendo al governo italiano e all’Ue «un reale cambio di rotta nelle politiche sull’immigrazione».

Monsignor Montenegro, solo gli scafisti sono i responsabili di questa nuova strage nel Mediterrano?
Gli scafisti hanno la loro responsabilità, grande e pesante. Ma non sono gli unici. Se queste tragedie si ripetono è perché nel mondo c’è qualcosa che non funziona. Tutti parlano di globalizzazione, tutti la vogliono, però le merci il denaro possono spostarsi liberamente, gli uomini e le donne no. Ma chi scelglie di emigrare vuole vivere dignitosamente, fuggire dalla povertà, da guerre e persecuzioni. E tanti Paesi da cui queste persone fuggono sono sostenuti da noi europei. E spesso si tratta di governi violenti e corrotti. Ma noi li sosteniamo. La storia è complessa, e siamo un po’ tutti coinvolti.

Ieri mons. Perego, direttore della Fondazione Migrantes, ha detto questa tragedia è «figlia dell’abbandono di Mare Nostrum». È d’accordo?
Sì. Ma sono convinto che il problema non lo può affrontare solo l’Italia che è un Paese di transizione per molti migranti. Quindi tutti devono impegnarsi a trovare soluzioni.

Che ne pensa dell’Operazione Triton?
Impostata come salvaguardia dei confini non serve a nulla. Sento che anche in Europa qualcuno comincia a dire che bisogna cambiare direzione, speriamo che lo facciano presto.

Lei ha detto più volte che la legge Bossi-Fini va cancellata e cambiata…
Lo abbiamo detto e continuiamo a dirlo oggi. Se il risultato della Bossi-Fini è continuare a contare i morti significa che non ha funzionato e non funziona. Non spetta a me dire come deve essere modificata, non sono un tecnico. Ma va cambiata.

Cosa dovrebbe fare la politica?
Mettere da parte le politiche di difesa e attuare politiche di accoglienza, che non significa solo salvare i migranti dalle acque, ma aiutarli a concludere il viaggio nella maniera migliore, in modo che ognuno veda riconosciuta la propria dignità. Ma devono cambiare anche i mezzi di informazione, che spesso non sono corretti. E dobbiamo cambiare tutti noi, perché fino a quando diciamo che gli immigrati ci danno fastidio e li scartiamo, aumentiamo le distanze e provochiamo morte. A spostarsi non sono poche persone, ma popolazioni. 230 milioni di persone che si muovono nel mondo sono un continente, il sesto continente. E non si può fermare o cancellare un continente.

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