Un testo come Le relazioni pericolose è universalmente conosciuto e apprezzato. Scritto da Choderlos de Laclos alla vigilia della rivoluzione francese, è un concertato fantastico di umanità, pulsioni e pensiero: la disputa su un’intreccio di sessualità e di potere, che suscita da sempre nello spettatore un concertato di entusiasmi e riflessioni, oltre che di sano divertimento. Ora Carmelo Rifici ne ha presentato una sua edizione (al teatro Vascello fino a domani), prodotta dal Lac di Lugano di cui è direttore, e l’ha «riscritta» assieme a Livia Rossi che ne è anche una delle interpreti. Quel testo, spesso citato da Arbasino nei suoi articoli, ha costituito anche qualche anno fa l’unica regia teatrale di Mario Monicelli (con cast prestigioso, da Dominique Sanda a Laura Morante), ed ebbe un notevole, quasi comico insuccesso, di cui lui rideva sornione. Rifici ha qui un notevole ensemble, in cui primeggiano quali perfide eroine Monica Piseddu e Elena Ghiaurov, ma compie sul testo un’impresa azzardata, nel trasformare quel geometrico concertato in una serie di monologhi, quasi a voler sottolineare il peso di quei pensieri e parole che vi risuonano. Anche se parte di quelle riflessioni hanno lontane origini illustri, da Artaud a Teresa d’Avila, da Pasolini a Simone Weil tra gli altri.

OGNUNO dei personaggi in scena, invece di interloquire maliziosamente con l’altro, spostando così scientemente l’equilibrio del discorso, imbraccia una sorta di vigoroso monologo, amplificato da una individuale attrezzatura microfonica. Il rischio è così di mandare perduto il feroce quanto mellifluo andamento di quelle coscienze libertine. Queste acquistano sicuramente in profondità, ma a scapito del piacere di ascoltare il teorema malizioso della seduzione. E lampeggiano isolate anche le immagini, proiettate su due schermi, che pure hanno la maestria dell’occhio esperto di Daniele Spanò.