Europa

Moldavia, la manovra di Sandu per consolidare un orizzonte europeo

La presidente della Moldavia Maia Sandu tiene un evento in cui ha lanciato la sua campagna elettorale presidenziale foto AnsaLa presidente della Moldavia Maia Sandu tiene un evento in cui ha lanciato la sua campagna elettorale presidenziale – Ansa

Doppio voto Elezioni presidenziali oggi nella piccola repubblica. Dove si decide con un referendum se l’ingresso nell’Ue è un «obiettivo strategico». La svolta non sarà però immediata, il distacco da Mosca è sullo sfondo da almeno dieci anni

Pubblicato circa 8 ore faEdizione del 20 ottobre 2024

In bilico fra cambiamento storico e ordinaria amministrazione. Le elezioni previste per la giornata di oggi nella piccola Repubblica di Moldavia, che riguardano sia la scelta del nuovo presidente che la possibilità di inserire l’ingresso nell’Unione Europea come «obiettivo strategico» nella Costituzione, rivelano una sorta di doppio volto.

Da una parte, infatti, una vittoria del “sì” al referendum sull’avvicinamento a Bruxelles accoppiato a una riconferma, molto probabile, dell’attuale capa di stato Maia Sandu sancirebbero in maniera quasi definitiva l’orientamento geopolitico del paese. Una questione parecchio sentita nella vita quotidiana di una società che è praticamente bilingue (fra russo e rumeno), ha attraversato all’inizio della propria storia una breve guerra civile da cui si è creato lo stato separatista della Transnistria (sostenuto da Mosca) e vede una fortissima emigrazione che si dirige sia verso est che verso ovest.

«SARÀ LA DECISIONE più importante da quando siamo diventati indipendenti a oggi», ha affermato Sandu in chiusura del tour elettorale con un video girato dalle campagne sulla via di Telenesti (cittadina a nord della capitale; circa il 56% della popolazione risiede in contesti rurali, una delle cifre più alte in Europa).

Ma, dall’altra parte, quello di oggi è un voto che difficilmente porterà dei cambiamenti immediati. Il processo di integrazione europea e il distacco da Mosca sono, almeno da un decennio, sempre sullo sfondo e in particolare negli ultimi anni stanno diventando una realtà ormai concreta, soprattutto a livello economico: se nel 2009, il 75% degli scambi commerciali della Moldova avvenivano con la Russia e gli altri stati della Csi, oggi Bruxelles è il primo partner economico con il 53,7% del totale (seguito dall’Ucraina, 13%, e dalla Cina, 8%).

Un’evoluzione che, in qualche modo, si riflette anche in un mutamento di abitudini e attitudini generazionali: la fascia di popolazione fra i 18 e i 35 anni sembra essere quella che sostiene più convintamente l’adesione all’Ue (secondo i sondaggi, 64% contro il 50% dei più anziani) e che magari è più propensa a spostarsi verso ovest e a non subire l’influenza culturale, o perlomeno linguistica, che arriva dalla Russia (ancora: nel tempo, è diventata l’Europa la prima destinazione per chi emigra).

Quella che verrà presa dagli elettori sarà la decisione più importante da quando siamo diventati indipendenti a oggiMaia Sandu

Infine, con la guerra in Ucraina alle porte viene spontaneo per molti vedere in un rapido avvicinamento a Bruxelles anche maggiori garanzie di sicurezza.

Non stupisce allora che per alcuni analisti l’appuntamento di oggi, più che un «pronunciamento epocale» sul futuro del paese, rappresenta più che altro una manovra politica da parte di Sandu per mobilitare la propria base di sostegno e per associare in maniera più stringente la propria figura con un orizzonte di sviluppo che già si sa essere condiviso da una buona maggioranza della popolazione.

Il referendum è stato annunciato, abbastanza a sorpresa, soltanto lo scorso maggio e la campagna elettorale si è svolta in modo articolato (con particolare attenzione anche a centri e cittadine più “periferici”) ma senza grandi picchi di intensità (a eccezione magari della visita di qualche giorno fa da parte di Ursula Von der Leyen, che ha annunciato 1,8 miliardi di euro di investimento nei prossimi tre anni).

DURANTE L’ULTIMA SETTIMANA di avvicinamento al voto, nella capitale Chisinau gli sparuti segni di partecipazione politica si sono concentrati quasi solo nella fila di stand a sostegno per i diversi candidati sul lungo boulevard centrale di Stefan cel Mare, mentre la sera della vigilia sembra scivolare in un normale sabato di attesa e intrattenimento.

Paradossalmente, anzi, potrebbe essere la sfida presidenziale a giocare un ruolo più rilevante per il prossimo futuro.

Come accennato, la presidente uscente Sandu si presenta come favorita (33% di sostegno indicato dai sondaggi) rispetto ai suoi sfidanti, che sono ben undici fra cui: l’ex-procuratore generale Alexndru Stoianoglu (Partito dei Socialisti), l’ex sindaco di Balti Renato Usatii (Il Nostro Partito), l’ex-presidente dalla regione autonoma della Gagauzia Irina Vlah, la giornalista indipendente Natalia Morari, l’ex-primo ministro Ion Chicu e l’ex-vice primo ministro Andrei Nastase (che è stato fra i leader delle proteste di massa contro la corruzione iniziate nell’autunno del 2015).

FUORI DALLA CORSA, perché estromessa dalla commissione elettorale, una coalizione di partiti che fa riferimento al controverso ex-sindaco di Orehi Ilan Shor, uomo d’affari condannato per riciclaggio di denaro ai danni delle casse dello stato e ora residente a Mosca, da tanti considerato nient’altro che un «agente del Cremlino» ma figura comunque ancora capace di raccogliere consensi (un 15% dice di fidarsi di lui) e di esercitare una certa influenza nel paese, pare anche con mezzi illeciti.

È opinione di alcuni che queste elezioni siano dunque una “prova generale” per le parlamentari dell’anno prossimo.

Gli equilibri che usciranno dal voto potrebbero suggerire nuove alleanze e strategie, mentre l’Europa più che un sogno è la realtà che avanza, forse inesorabile ma “in sordina”.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento