Cultura

Mohawk e Allergan, il patto diabolico

Mohawk e Allergan, il patto diabolico

Scienza e affari La società farmaceutica usa la tribù nativa come prestanome per il suo brevetto sul collirio Restasis: in questo modo, nessuna società concorrente può produrre quella medicina a prezzo inferiore poiché esiste un proprietario che ha una immunità giuridica rispetto ai reati amministrativi

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 15 ottobre 2017

La tribù nativa americana dei Mohawk di Saint Regis è diventata titolare di un brevetto su un farmaco. Glielo ha ceduto la società farmaceutica Allergan e riguarda il Restasis, un collirio per gli occhi. Un indennizzo per l’ennesimo caso di biopirateria ai danni di una popolazione indigena? Macché: la decisione della Allergan, annunciata a inizio settembre, serve ad aggirare la concorrenza delle altre società farmaceutiche sfruttando un cavillo legale. In quanto nazioni sovrane interne al territorio statunitense, le tribù native godono di una parziale immunità giuridica e non possono essere perseguite per reati amministrativi. Il brevetto per il Restasis, ora che è proprietà dei Mohawk, non potrà essere invalidato dall’ufficio preposto, come chiedono le società concorrenti Mylan e Teva interessate a produrre un farmaco equivalente a prezzo inferiore.
L’immunità non arriva a coprire le cause davanti ai tribunali federali, che però hanno tempi più lunghi. Alla Allergan interessa guadagnare tempo, visto che il brevetto scadrà comunque nel 2024. Nel 2017 le vendite del Restasis hanno superato il miliardo di dollari e si prevede che nel 2023 siano almeno il doppio. Grazie al Restasis e al Botox, la Allergan è diventata la settima società farmaceutica degli Usa con circa trentamila dipendenti.

STUPISCE CHE PROPRIO i Mohawk, una delle sei «nazioni» irochesi, si siano prestati a un espediente del genere. La tribù è nota per la sua tradizionale estraneità ai principi del capitalismo. Quando a metà Ottocento l’antropologo statunitense Lewis Henry Morgan ne studiò l’organizzazione sociale, scoprì che «libertà, uguaglianza e fraternità» ne erano «principi cardinali» e che la tribù praticava il «comunismo». Le osservazioni di Morgan colpirono anche Marx ed Engels, che dedicò agli irochesi un intero capitolo del classico L’origine della famiglia, della proprietà e dello Stato. In tempi più recenti, anche Democrazia Proletaria si innamorò dei Mohawk, «i miei fratelli indiani», secondo Mario Capanna. Le cronache del 1980 narrano di un suo lungo soggiorno nella «Lunga Casa», la striscia di territorio tra Usa e Canada abitata dalla tribù, per organizzare una manifestazione contro lo sfruttamento minerario della regione. «L’incontro con i Mohawk ha modificato profondamente il mio modo di pensare, in particolare per quanto riguarda il rapporto tra la tecnica e la natura», racconta l’ex-leader sessantottino. Alla tribù è dedicato il romanzo Manituana (2007), in cui il collettivo Wu Ming ha narrato le gesta del capo Mohawk Joseph Brant e dell’alleato inglese William Johnson, unico bianco ammesso al Gran Consiglio delle Sei Nazioni Irochesi prima di Capanna.
Nel frattempo, i tremila abitanti della riserva devono aver cambiato idea su proprietà, natura e comunismo. Accettando il ruolo di prestanome per il colosso farmaceutico, la tribù riceverà quattordici milioni di dollari, più altri quindici milioni di royalties ogni anno – circa l’1% dei ricavi del Restasis. In cambio, essa concederà alla Allergan una licenza esclusiva sul brevetto. Non è neanche la prima volta. Secondo l’agenzia Reuters in agosto un’altra società, la Src Labs, ha ceduto quaranta brevetti informatici alla tribù Mohawk.

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ALMENO NEL CASO della Allergan, nessuno nega che si tratti di un sotterfugio. Michael Shore, uno dei legali che ha assistito la Allergan, ha raccontato candidamente di aver proposto l’affare a diverse tribù «ma nessuno l’ha capito, prima dei Mohawk di Saint Regis». Per la verità, anche le tribù Mandan, Hidatsa e Arikara del North Dakota, titolari di un brevetto su un dispositivo realizzato dal taiwanese Industrial Technology Research Institute, sono in causa contro la Apple perché il dispositivo sarebbe utilizzato senza autorizzazione nell’iPad. Secondo le informazioni raccolte dalla Reuters, «decine di tribù si stanno rivolgendo a studi legali per accordi simili». Da parte sua, il consigliere generale dei Mohawk Dale White ha ammesso che la tribù è in difficoltà economiche e alla ricerca di nuove fonti di guadagno. Finora, a garantire il reddito dei circa tremila membri della tribù erano soprattutto le roulette del casino di Akwesasne, una delle 460 case da gioco gestite dalle tribù. I brevetti rappresentano una strada da esplorare.

Il partito democratico vorrebbe mettere in discussione la sovranità dei Mohawk. Con cinque senatori, vorrebbe aprire un’inchiesta contro la mossa della Allergan, giudicata un «tentativo anti-competitivo di proteggere i propri brevetti per mantenere elevati i prezzi dei farmaci». Una di loro, la senatrice Claire McCaskill, ha presentato una proposta di legge che limiti la sovranità delle tribù in materia di brevetti.

IL FATTO È CHE LA DECISIONE della Allergan cade in un momento piuttosto caldo. Il costo eccessivo dei farmaci è uno dei principali argomento di dibattito negli Usa, soprattutto dopo gli scandali del 2016. Diverse case farmaceutiche hanno deciso di moltiplicare da un giorno all’altro il prezzo di medicine di uso comune, peggiorando ulteriormente la reputazione del settore presso l’opinione pubblica. Durante l’ultima campagna elettorale, Hillary Clinton e Bernie Saunders si erano sfidati sui provvedimenti possibili per abbassare i prezzi dei farmaci. Persino Donald Trump, da candidato, aveva promesso di intervenire contro le case farmaceutiche. Ma il comportamento della sua amministrazione finora è stato piuttosto ondivago.

La Food & Drug Administration, l’agenzia Usa che autorizza le nuove medicine diretta dall’ex-manager farmaceutico Scott Gottlieb, ha appena annunciato misure che facilitano la diffusione dei farmaci generici. Al contrario, il presidente ha menzionato spesso l’intenzione di rafforzare la difesa della proprietà intellettuale delle imprese statunitensi.
Dopo l’accordo all’Organizzazione Mondiale del Commercio (Omc) del lontano 1994, assai favorevole alle corporation, diversi Stati si sono organizzati per resistere ai prezzi sui farmaci imposti dalle aziende occidentali. Paesi come l’India hanno adottato legislazioni a favore della produzione locale di farmaci generici, sottraendo quote di mercato alle aziende statunitensi. L’amministrazione Trump intende rilanciare il tema nei prossimi trattati commerciali bilaterali, dove il potere contrattuale del governo americano è maggiore.

UNA DELLE PRINCIPALI contestazioni contro l’Omc proveniva dalle comunità indigene americane, africane e asiatiche. Spesso, infatti, le imprese multinazionali brevettano come invenzioni originali conoscenze appartenenti alla cultura tradizionale delle comunità, costringendole a pagare per continuare a farne uso. Per questo, anche l’Assemblea della Prima Nazione, l’organo sovranazionale che riunisce i nativi canadesi e a cui partecipano i Mohawk, si era schierata contro la nozione occidentale di proprietà intellettuale. Secondo un documento dell’Assemblea del 2011, «la proprietà intellettuale attualmente serve solo a perseguire il beneficio economico individuale e non la conservazione della cultura detenuta collettivamente da una comunità». Chi aveva scritto quelle parole non poteva immaginare che i proventi di un brevetto un giorno sarebbero finiti nelle tasche di una tribù, grazie a un accordo con una multinazionale. Allearsi con il nemico è una scommessa ad alto rischio ma, come recita un vecchio proverbio Mohawk, rien ne va plus.

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