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Mohamed, Zakaria, Paola: così si muore nei campi pugliesi

Mohamed, Zakaria, Paola: così si muore nei campi pugliesi

I tre precedenti Prima di Arcangelo, finito ieri in coma, hanno perso la vita nel giro di poche settimane ben tre braccianti. Il corpo della donna verrà riesumato per una autopsia

Pubblicato circa 9 anni faEdizione del 19 agosto 2015

Arcangelo è l’ultimo caso di un’estate tra le più drammatiche degli ultimi anni per i braccianti pugliesi. La prima vittima è stata Paola Clemente, la raccoglitrice di 43 anni, madre di tre figli, morta ad Andria il 13 luglio scorso mentre lavorava all’acinellatura dell’uva: nelle stesse campagne dove lavorava Arcangelo.

Una morte misteriosa quella della bracciante tarantina, che venne portata direttamente nella camera mortuaria del cimitero di Andria, dove fu seppellita senza autopsia. Né è chiaro se sul posto arrivò o meno il 118: la notizia infatti trapelò soltanto due settimane dopo grazie alla denuncia della Flai Cgil. Ma è proprio di ieri la notizia che il pm della Procura di Trani ha disposto la riesumazione del corpo e ha fissato per il 21 agosto l’autopsia.

La donna, che viveva con la famiglia a San Giorgio Jonico in provincia di Taranto, si recava ogni giorno a circa 150 chilometri da casa per 27 euro al giorno. L’esposto-denuncia alla procura di Trani, competente per territorio, è stato depositato il 14 agosto scorso ai carabinieri di San Giorgio Jonico dal marito della donna, Stefano Arcuri, che è assistito da tre avvocati: il professor Pasquale Chieco, Vito Miccolis e Giovanni Vinci. L’autopsia sarà compiuta dal medico legale dell’Università di Bari Alessandro Dell’Erba.

Dopo Paola era poi stato il turno di Mohamed. Tre le persone iscritte nel registro degli indagati dalla Procura di Lecce per la sua morte. Il 47enne di origini sudanesi fu stroncato da un malore mentre lavorava come bracciante irregolare, sotto il caldo torrido di luglio – con temperature che sfioravano i 40 gradi – in un campo di pomodori fra Nardò e Avetrana. Gli indagati sono i titolari dell’azienda agricola Mariano, marito e moglie, e il caporale sudanese che avrebbe svolto il classico ruolo di intermediario fra gli imprenditori e i lavoratori.

Il sostituto procuratore Paola Guglielmi ha ipotizzato al momento il solo reato di omicidio colposo, ma sono ancora in corso le indagini dei Carabinieri, visto che l’azienda in cui è avvenuto l’incidente, già nel 2012 era finita nel mirino della Procura con l’arresto del titolare Giuseppe Mariano, coinvolto nell’operazione «Sabr» sullo sfruttamento dei braccianti nei campi di raccolta.

Da allora però, nulla sembra essere cambiato nelle campagne di Nardò e dell’hinterland nonostante la storica rivolta dell’agosto del 2011 nella masseria Bancuri guidata dal camerunense Yvan Sagnet.

L’ultimo a perdere la vita in ordine di tempo è stato Zakaria Ben Hassine, il 52enne tunisino morto il 4 agosto nell’azienda Galluzzi srl di Polignano a Mare. Nell’Istituto di Medicina legale del Policlinico di Bari, è stata eseguita l’autopsia richiesta dal pubblico ministero, Grazia Errede, che dovrà stabilire le cause del decesso e se siano la conseguenza di un infortunio sul lavoro. I risultati dovrebbero arrivare entro pochi giorni e dovranno confermare o smentire le prime ipotesi che parlano di «morte naturale».

Secondo le testimonianze di alcuni compagni di lavoro, Zakaria si sarebbe accasciato davanti alle macchinette automatiche intorno alle 13, mentre era intento a prendere il caffè dopo aver lavorato per 8 ore. Sin da subito si è provato a rianimarlo, ma nonostante sul posto sia intervenuto il personale del 118, per l’uomo non c’è stato nulla da fare. Era in Italia da diversi anni Zakaria, ed era molto conosciuto nella cittadina di Fasano in provincia di Brindisi, dove viveva in una casa nella zona industriale nord con la moglie italiana e i quattro figli.
Dare giustizia a questi lavoratori agricoli e ai loro parenti è il minimo che si possa fare.

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