Politica

«Modifiche subito al senato. Ascoltiamo le parti sociali»

«Modifiche subito al senato. Ascoltiamo le parti sociali»Erica D'Adda, senatrice Pd

Il caso Unica senatrice contraria in commissione, ha chiesto di essere sostituita: non voleva far mancare i voti al Pd. Lo spettro del soccorso azzurro sul jobs act

Pubblicato circa 10 anni faEdizione del 21 settembre 2014

Sulla legge delega si sentono rullare tamburi di guerra democratici. Eppure al senato, in commissione lavoro, al primo voto – giovedì scorso – il Pd ha votato graniticamente sì (Sel e 5 stelle invece hanno abbandonato l’aula). Tutti già riallineati?
No, forse. Erica D’Adda, unica voce contraria al jobs act della commissione XI, ha chiesto di essere sostituita. Bella e pacata signora bergamasca, l’aspetto non deve ingannare: la senatrice prima dell’estate è stata una delle più attive oppositrici delle riforme costitituzionali. Filosofa, pedagoga e studiosa di bioetica, già bersaniana, è dell’area di Vannino Chiti che già si sta scaldando al senato per portare a casa le modifiche delle legge. Quindi la richiesta di sostituzione, spiega, non è una diserzione ma un gesto «di responsabilità». Per evitare, in pratica, la prima polemica sanguinosa con il suo partito. «Non potevo votare sì, ma non volevo far mancare i numeri del Pd». Sarebbe stato un bel guaio se dall’inizio la legge fosse partita con i voti determinanti di Forza Italia.

Il governo vorrebbe portare a casa la delega entro il vertice Ue dell’8 ottobre. Chiederà a voi senatori di votare turandovi il naso, promettendo modifiche alla camera, dove ci sono i ’big’ del lavoro?

Mi sembra insensato. Ma comunque a me non interessa la visibilità ma il risultato. Quindi se c’è un impegno serio di cambiare la legge, la cambino a Montecitorio. Io preferirei che ciascuno di noi facesse bene ovunque sta. Presentiamo gli emendamenti e vediamo che succede. Come faranno quando ci sarà una sola camera?

A lei legge delega così com’è non va bene?

No. Ma non mi interessa lo scontro ideologico. Non si possono tagliare i diritti e rimandare le politiche attive a un altro momento. Benissimo estendere i diritti a tutti i lavoratori, ma allora il governo si impegni a decretare contemporaneamente su tutti gli aspetti della riforma. Il rischio è che si facciano i decreti a costo zero e il resto venga rimandato a quando si trovano i soldi, cioè chissà quando. Sarebbe gravissimo.

L’articolo 18 sarà cancellato?

Iniziare la discussione togliendo diritti è sbagliato, e in più dobbiamo stare attenti: nasconde le altre cose insopportabili che ci sono nella delega. Per esempio l’idea di voucherizzare il mondo del lavoro. Tutto l’opposto di nuove garanzie.

Il dibattito è partito male?

Molto male. Il governo discuta con le parti sociali e il parlamento. E per vedere che il problema non è la libertà di licenziare basta fare un giro in Calabria, dove sono stata nel week end invitata dalla Cisl. Per vedere com’è ridotta l’occupazione in questa regione. Passerebbero le scalmane a tutti.

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