«Modifiche subito al senato. Ascoltiamo le parti sociali»
Il caso Unica senatrice contraria in commissione, ha chiesto di essere sostituita: non voleva far mancare i voti al Pd. Lo spettro del soccorso azzurro sul jobs act
Il caso Unica senatrice contraria in commissione, ha chiesto di essere sostituita: non voleva far mancare i voti al Pd. Lo spettro del soccorso azzurro sul jobs act
Sulla legge delega si sentono rullare tamburi di guerra democratici. Eppure al senato, in commissione lavoro, al primo voto – giovedì scorso – il Pd ha votato graniticamente sì (Sel e 5 stelle invece hanno abbandonato l’aula). Tutti già riallineati?
No, forse. Erica D’Adda, unica voce contraria al jobs act della commissione XI, ha chiesto di essere sostituita. Bella e pacata signora bergamasca, l’aspetto non deve ingannare: la senatrice prima dell’estate è stata una delle più attive oppositrici delle riforme costitituzionali. Filosofa, pedagoga e studiosa di bioetica, già bersaniana, è dell’area di Vannino Chiti che già si sta scaldando al senato per portare a casa le modifiche delle legge. Quindi la richiesta di sostituzione, spiega, non è una diserzione ma un gesto «di responsabilità». Per evitare, in pratica, la prima polemica sanguinosa con il suo partito. «Non potevo votare sì, ma non volevo far mancare i numeri del Pd». Sarebbe stato un bel guaio se dall’inizio la legge fosse partita con i voti determinanti di Forza Italia.
Il governo vorrebbe portare a casa la delega entro il vertice Ue dell’8 ottobre. Chiederà a voi senatori di votare turandovi il naso, promettendo modifiche alla camera, dove ci sono i ’big’ del lavoro?
Mi sembra insensato. Ma comunque a me non interessa la visibilità ma il risultato. Quindi se c’è un impegno serio di cambiare la legge, la cambino a Montecitorio. Io preferirei che ciascuno di noi facesse bene ovunque sta. Presentiamo gli emendamenti e vediamo che succede. Come faranno quando ci sarà una sola camera?
A lei legge delega così com’è non va bene?
No. Ma non mi interessa lo scontro ideologico. Non si possono tagliare i diritti e rimandare le politiche attive a un altro momento. Benissimo estendere i diritti a tutti i lavoratori, ma allora il governo si impegni a decretare contemporaneamente su tutti gli aspetti della riforma. Il rischio è che si facciano i decreti a costo zero e il resto venga rimandato a quando si trovano i soldi, cioè chissà quando. Sarebbe gravissimo.
L’articolo 18 sarà cancellato?
Iniziare la discussione togliendo diritti è sbagliato, e in più dobbiamo stare attenti: nasconde le altre cose insopportabili che ci sono nella delega. Per esempio l’idea di voucherizzare il mondo del lavoro. Tutto l’opposto di nuove garanzie.
Il dibattito è partito male?
Molto male. Il governo discuta con le parti sociali e il parlamento. E per vedere che il problema non è la libertà di licenziare basta fare un giro in Calabria, dove sono stata nel week end invitata dalla Cisl. Per vedere com’è ridotta l’occupazione in questa regione. Passerebbero le scalmane a tutti.
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