Lavoro

Mittal «usa» il no del tribunale per mettere in Cig 3500 operai

Mittal «usa» il no del tribunale per mettere in Cig 3500 operaiUn lavoratore ex Ilva

Taranto A poche ore dal rigetto della proroga per l’Afo 2 Morselli vara la cassa straordinaria. I sindacati: usano i lavoratori come scudi umani. Oggi al Mise il governo svelerà il suo nuovo piano

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 12 dicembre 2019

Come al solito i primi a pagare sono i lavoratori. A meno di 12 ore dalla decisione del tribunale di Taranto di non concedere una proroga per l’altoforno 2, Arcelor Mittal Italia ha prima contattato i segretari generali e poi convocato i sindacati per comunicare che da domani scatta la cassa integrazione straordinaria per ben 3.500 lavoratori sugli 8.700 addetti totali nell’acciaieria pugliese. I 1.300 attualmente in cassa integrazione ordinaria per 13 settimane sono compresi in questi numeri e per loro la situazione peggiora: da crisi congiunturale si trasforma in strutturale.

IL TUTTO È ARRIVATO ALLA VIGILIA della convocazione al Mise da parte del ministro Stefano Patuanelli che dovrebbe presentare ai sindacati il nuovo piano del governo alla presenza dei commissari Ilva Francesco Ardito, Alessandro Danovi e Antonio Lupo.

La reazione di Fim, Fiom e Uilm alla decisione di Lucia Morselli è molto dura. «La decisione di ArcelorMittal è di una gravità inaudita poichè, invece di verificare tutte le alternative possibili per non ricorrere ad uno strumento così invasivo, utilizza il provvedimento del giudice per ottenere i risultati che si era prefissata: utilizzare i lavoratori come scudi umani», commenta il segretario generale della Uilm Rocco Palombella. «La situazione si fa sempre più incerta. In tutto ciò l’unica certezza è che sono sempre i lavoratori a pagare il prezzo più alto, sia per il non rispetto degli accordi sia per la cassa integrazione», osserva la segretaria generale della Fiom Francesca Re David.

L’occasione pare invece propizia al segretario generale della Fim Cisl Marco Bentivogli per fare una dichiarazione contro magistratura e nazionalizzazione: «Dopo l’incidente mortale, accaduto nel 2015, il Tribunale aveva dato 3 mesi per ottemperare le prescrizioni, il governo di allora (Renzi, ndr) aveva chiesto giustamente più tempo, un anno. Dopo 4 anni non è stato fatto nulla e si chiedono altri 16 mesi. Ora sarebbe utile verificare perché i Commissari non hanno fatto nulla. Coloro che sognano la nazionalizzazione, devono fare i conti con quanto accaduto in questi anni di commissariamento. Bisogna non solo fare presto ma iniziare a fare sul serio», ha concluso Bentivogli.

APPOGGIA IL TRIBUNALE INVECE l’Usb: «La decisione della magistratura che conduce, giustamente, allo spegnimento dell’Afo2 ha immediatamente visto la reazione scomposta e arrogante della multinazionale indiana: trasformazione della cassa ordinaria in speciale e incremento del numero dei lavoratori coinvolti sino a 3500. Ciò significa, nei fatti, il licenziamento», affermano il segretario nazionale Sergio Bellavita e il coordinatore provinciale di Taranto Francesco Rizzo.

I liberisti quindi addossano alla magistratura la responsabilità di fornire a Mittal un nuovo alibi per andarsene.

Ma le motivazioni del giudice Francesco Maccagnano nel provvedimento di rigetto della richiesta di proroga presentata dai commissari dell’Ilva sull’uso dell’Altoforno 2 – sequestrato e dissequestrato più volte nell’inchiesta sulla morte dell’operaio Alessandro Morricella a giugno 2015 per un getto di ghisa incandescente – sembrano ineccepibili. Il giudice osserva «come la sicurezza sui luoghi di lavoro è un prius» e che «questo giudice giammai potrebbe stabilire un nuovo – invero, l’ennesimo – “termine intermedio” per consentire ad Ilva di adempiere ad una tranche di prescrizioni il cui termine ultimo di era stato originariamente fissato al 30 novembre 2015 e nuovamente fissato dal Tribunale del riesame alla data del 13 novembre 2019: diversamente procedere costituirebbe una palese violazione del giudicato cautelare sino ad oggi formatosi». Ecco che mettendo in fila le cose il quadro è più chiaro.

OGGI DUNQUE ALLE 17 toccherà al governo scoprire le sue carte. Il «consulente informale» Francesco Caio potrebbe annunciare la composizione della newco che dovrebbe rilanciare la produzione con Mittal come socio e con una forte presenza pubblica. Ma i nodi sono ancora complessi, il tempo stringe – il 20 dicembre il tribunale di Milano vuole un accordo oppure si va alla battaglia giudiziaria – e soprattutto Mittal va convinta a rimanere.

I sindacati, in questa impresa molto complicata fin dall’inizio, hanno fissato due paletti: non vogliono essere semplici notai di un accordo già deciso fra governo e Mittal e – soprattutto – non accetteranno esuberi.

FINORA LE COSE STANNO andando all’opposto: non sono stati minimamente consultati mentre Caio e Morselli hanno tenuto più incontro e Gualtieri cercava lo strumento giuridico e la società pubblica migliore per entrare nella nuova cordata. E almeno 2mila esuberi vengono dati come sicuri. Anzi: il governo ha inserito in manovra sgravi triennali per chi assume i circa 1.700 ancora in amministrazione straordinaria Ilva. Segnali molto negativi entrambi.

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