Dante Gabriel Rossetti e Henry Treffry Dunn, «Lady Lilith», 1867
Dante Gabriel Rossetti e Henry Treffry Dunn, «Lady Lilith», 1867 – New York, Metropolitan
Alias Domenica

Mistica, sensuale, irresistibile: fatale ai misogini

Storie culturali Dee, sacerdotesse, maghe, seduttrici, tra mito e storia. Dal «Cantico dei Cantici» alla Vergine Madre, da Platone a Lombroso: «Donne sacre» (il Mulino), una rassegna di Franco Cardini e Marina Montesano
Pubblicato 9 mesi faEdizione del 3 marzo 2024

«Lodato sia il Signore, Re dell’Universo, per non avermi fatto donna!». L’esilarante furia misogina di questa massima ebraica fa da contraltare alla condanna contenuta nel Qohèlet, forse uno dei libri più belli della letteratura di ogni tempo: «La donna è più amara della morte, perché è un laccio, il suo cuore è una rete e le sue braccia sono catene. Chi è gradito a Dio ne può scampare, ma il peccatore resta preso. Un uomo su mille ho trovato, ma una donna, fra tutte, non ho trovato».

Sia la massima che il passo del Qohèlet, molto amato dall’«apolide metafisico» Cioran, sono citati da Franco Cardini e Marina Montesano in Donne sacre Sacerdotesse e maghe, mistiche e seduttrici (il Mulino «Intersezioni», pp. 344, euro 18,00).

Fra i troppi, inutili volumi dedicati alla donna nel mondo antico, questo di Cardini e Montesano è un libro inconsueto: soprattutto perché è un bel libro. Dopo i capitoli iniziali, forse i meno riusciti, dedicati alle donne della religione e della mitologia orientale, greca e romana, in quelli centrali gli autori raccontano Maria, tra il trionfo della verginità e della maternità e i paradossi della misoginia cristiana. Perché se la cultura ebraica, sia nel suo sviluppo antico, sia all’interno delle culture della Diaspora, presenta i tratti misogini tipici delle culture patriarcali – in primis quelle greca e romana – è anche vero che il Cantico dei Cantici descrive una donna mistica, fisica, sensuale, e irresistibile: è sorella, è sposa, è bella, fra le sue trecce i suoi occhi sono colombe, la sua bocca è desiderabile, il suo odore supera ogni profumo, le sue carezze sono più meravigliose del vino, e stravolge la mente del suo amato; la donna del Cantico, soprattutto, è – positivamente – molto attiva: seduce e vuole essere sedotta. Non è, come scrive l’Epistola a Timoteo di San Paolo, una figura che «deve stare in silenzio». E non è neppure la donna presentata nel Fedone, dove le sollecitazioni femminili apparivano un ostacolo alla vita spiritualmente pura, in una sorta di vertigine della purezza in cui affiorano istanze ispirate al manicheismo persiano e all’induismo che hanno condizionato non poco la configurazione dell’ascesi e della mistica cristiana.

Anche Aristotele, naturalmente, proclama l’inferiorità della donna, ma viene «punito» dal mondo ellenistico e successivamente dal Medioevo, in cui è raffigurato, molto disorientato, mentre è «cavalcato» dalla sontuosa Fillide, giovane amante di Alessandro Magno, che lo sottopone a ogni umiliazione e lo costringe a servirla. Interessante è anche il capitolo sulle fate («Donne fatate. Tra mito, magia e stregoneria»), che parla di ninfe, Moire e Parche – le tria fata di Ausonio – ma anche della meno nota Dana, moglie del dio solare celtico Beli, che è unita alla grande «Dea Madre» medievale, la Vergine Nera, ed è allo stesso tempo legata a Maria, ma è anche la regina del popolo dell’Altro Mondo, delle fate e dei defunti.

Non a caso, in La donna delinquente, la prostituta e la donna normale, Lombroso, qui ricordato dagli autori, scriveva che anche nella «donna normale» sarebbero presenti caratteri «che l’avvicinano al selvaggio, al fanciullo, e quindi al criminale». Tratti che condensano il mito della femme fatale, descritto nel nono capitolo, che racconta l’archetipo Lilith: un demone derivato da credenze babilonesi, che seduceva gli uomini e insidiava le donne incinte, ed è chiamato liliu o lilith nel Talmud, Lilith nella Bibbia e Lamia nella Vulgata; identificata con la «Eva primitiva» nell’Alfabeto di Ben Sira, minaccia i neonati ed è, quindi, una vera e propria Nemica dell’Uomo che si ritrova nello Zohar come sposa dell’angelo ribelle Samael. La femme fatale, che trionferà nell’Ottocento, è crudele, enigmatica, inquietante, sinuosa, perversa, e fa morire d’amore. Perché, come sussurra alla sua vittima tra tumultuosi sospiri, fremiti e ambigui singhiozzi l’irresistibile vampira femme fatale Carmilla nel racconto di Sheridan Le Fanu: «io vivo in te; e tu moriresti per me, che ti amo così tanto».

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