C’è un senso del mito, in vari livelli, incarnato in un mosaico di interpretazioni, variazioni, attualizzazioni; radicato innanzitutto nella Sicilia terragna e marina di Rosso di San Secondo – ormai dimenticato, perduto nei gangli di innumerevoli lacune libresche, o negli interstizi polverosi, mucidi di palcoscenici dismessi, la sua Bella addormentata, prostituta assolata, desolata, che torna ora in Anna, nella sua frontalità pasoliniana, ridente –, in quella lunare, rocciosa di Ciaula, e di lì in avanti, tra Pasolini e Morante, o indietro fino all’elementarità, esemplarità dei miti classici; tutto questo, ma vivo e vegeto, anche vegetale, brulicante di sterpi e di...