Le opere in ceramica da Miquel Barceló sono travolgenti. Trasudano vitalismo anche se rimane imprigionato nella materia. «Non è esattamente ceramica quella che faccio, sono pezzi di argilla cotta e talvolta nemmeno cotta, solo bagnata. Sono un’altra forma di pittura, dipinti tridimensionali».
COSÌ BARCELÓ ha introdotto la mostra Todos somos griegos alla Pedrera di Barcellona. Il suo approccio sperimentale è evidente nelle cento opere esposte, animate da uno stato di «trasformazione continua», in cui nulla è ciò che appare al primo sguardo. Sculture di dimensioni diverse vengono tagliate, accartocciate, ricomposte, affumicate e/o strangolate. I riferimenti sono i più vari: pitture rupestri, temi botanici, frammenti di anatomie corporee, scheletri di animali terrestri o marini che cercano di liberarsi dalla materia argillosa, pur rimanendone parte.
ALLA PEDRERA sono esposti anche i disegni preparatori del grande murale in terracotta di trecento metri quadrati realizzato per la cattedrale gotica La Seu di Palma di Maiorca. Un’opera monumentale creata nel corso di sei anni con il maestro napoletano Vincenzo Santoriello a Vietri sul Mare, e trasportata a Palma divisa in frammenti. Quelle divisioni sono importanti perché Barceló ha voluto installarlo come un grande puzzle che raffigura il miracolo della moltiplicazione dei pani e dei pesci, mettendolo in scena con un’iconografia profana che diviene un inno alla vita.
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NELLA COLATA D’ARGILLA i pesci prendono vita, accanto a loro emerge un bestiario acquatico composto da murene, polipi, aragoste, seppie. Insieme ai pani scolpisce pomodori, angurie, melanzane, grappoli d’uva. Altrettanto straordinaria è l’opera realizzata nel 2008 per la cupola della Camera dei Diritti Umani e dell’Alleanza delle Civiltà, in uno dei Palazzi delle Nazioni Unite a Ginevra.
Per due anni l’artista, assieme a una ventina di assistenti, ha trasformato la cupola ellittica in un oceano di colori, da cui emergono stalattiti marine dalle punte rosse, blu e verdi.
Todos somos griegos, curata da Enrique Juncosa (visitabile fino al 30 giugno), termina con alcune opere recenti intitolate Totem, sculture in argilla composte da mattoni di grandi dimensioni che vengono scolpiti, forati e impilati. Il Totem dorico-azteco è composto da mattoni che raffigurano capitelli ionici, serpenti aztechi e draghi cinesi, un universo sincretico che sembra provenire da scavi archeologici. «Ogni opera è sperimentale, è una prova per un’altra che probabilmente non esisterà mai. La ceramica è legata anche al mio interesse per la paleontologia e la storia delle civiltà extraeuropee», conclude Barceló soddisfatto.