Visioni

Mina Celentano, sono sempre Le migliori

Mina Celentano, sono sempre Le miglioriMina e Celentano a Milleluci, 1974

Musica Dodici canzoni - e non solo - per il ritorno su disco della Tigre e il Molleggiato diciotto anni dopo l'album dalle vendite milionarie. Agghindati da signore in copertina, si rincorrono fra stili moderni e classici

Pubblicato circa 8 anni faEdizione del 10 novembre 2016

Un nuovo disco di Mina e Celentano insieme dal titolo Le migliori. Subito viene in mente l’ennesima furbata di due grandi della nostra musica leggera che arraffano una manciata di canzoni, le coverizzano e le danno in pasto agli irriducibili fan di ogni età. Sbagliato. Non perché i nostri non sappiano di marketing, ma perché nonostante gli anni, che sono parecchi, non hanno ancora smesso di cantare per divertirsi e per divertire. In qualche modo sono rimasti fedeli alle loro immagini di ragazzi che fecero irruzione nel mondo degli adulti quando i giovani per la prima volta ebbero la possibilità di diventare protagonisti. E allora perché quel titolo? Lo si deve allo spiritaccio irrequieto di Adriano. Lo scorso anno Mina compie 75 anni e Adriano (due di più) le ha mandato gli auguri. Ma visto che le candeline cominciano a essere davvero tante le scrive «i compleanni ci fanno incazzare, ma io e te rimarremo sempre le migliori». E qui c’è la voglia di spiazzare che appartiene a Celentano che si coniuga al femminile. Poi in Adriano nasce anche l’idea di rifare un disco insieme a Mina.

Quando lo fecereo nel 1998 riuscirono a vendere un milione e seicentomila copie. Più di tutti quell’anno. Così Adriano telefona a Mina, scoprono di avere ancora voglia di giocare e di divertirsi insieme. Ormai vivono autosegregati. Lei a Lugano, lui a Galbiate. Si incontrano, lavorano insieme per scegliere i brani, che ognuno però poi registra da solo, a casa. La collaborazione tra l’etichetta di Adriano, il Clan e quella di Mina, Pdu deve essere complessa, ma alla fine il disco è pronto con quel titolo felicemente ambiguo: le migliori.

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Corredato da una copertina davvero buffa: in via Marino (e si intravede un angolo dell’omonimo palazzo comunale di Milano) quattro signore sono in posa, agghindate con un’accozzaglia di colori buffa, stravagante e originale, come si addice alla capitale mondiale di moda e design. Solo che, guardando meglio, non sono solo quattro modelle, ma hanno i volti di due adriani e due mine, perfettamente fotomontati su di loro. Sono in tutto 12 brani, solo uno già edito: Prisencolinensinaimciusol in irrefrenabile versione pompata da discoteca (curata da Benny Benassi) e cantata da entrambi con effetti che funzionano ancora dopo oltre quaranta anni dall’invenzione di quello che potrebbe essere considerato un protorap. Poco prima ognuno si è ritagliato il suo pezzo in solitaria. Adriano dà fiato e tensione a Il bambino col fucile, nel suo spirito più consolidato che passa dalla madonna alla minigonna per raggelare di fronte alla frase «all’asilo c’è un bambino col fucile». Mina va sul classico con Quando la smetterò.

Ma questo è l’epilogo dell’album che si apre invece con il brano che già da qualche settimana è in circolazione, Amami amami accompagnato da un video girato a Venice Beach, con i testi del brano che compaiono sotto forma di scritte sulla scenografia. Ovviamente nessuna traccia visiva dei nostri due, se non su un cellulare con foto d’epoca. C’è però una citazione durante l’assolo di fisarmonica che riprende un frammento di Storia d’amore, vecchio pezzo di Adriano. Che Massimiliano Pani ha sottolineato come forma di risarcimento perché 18 anni fa era stato fatto un lavoro analogo per un brano di Mina.
GIÀ PERCHÉ vista l’assenza dei due «titolari» è toccato ai famigliari presentare pubblicamente il disco, quindi Massimiliano, figlio di Mina e Claudia Mori, moglie di Adriano. Le due anime pubbliche di due personaggi che continuano a non apparire. Con un paradosso perché il 12 dicembre, in prima serata su Raiuno, ci sarà uno speciale che parte dal disco, però senza i protagonisti che potrebbero essere presenti solo in voce, mentre di spalle si vedrebbero le loro controfigure della copertina. Un’idea che dovrebbe permettere di non ricorrere a mani basse alle teche, già ampiamente saccheggiate. E non finisce qui perché dopo Sanremo previste altre due serate ancora da definire. La linea della non visibilità scelta anche dal giovane papa Pio XIII sembra prevalere. Tornando al disco i brani sono contrassegnati da duetti e da dialoghi divertiti tra i due protagonisti con un Ma che ci faccio qui che comincia con un fischiato, echeggia sapori latini e si caratterizza per essere forse il brano più accattivante.

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I due sembrano davvero divertirsi a giocare agli amanti che si lasciano, si tormentano, si dichiarano, si lamentano, ma spesso il gioco è anche a confondere tra interpretazione del pezzo e realtà dei cantanti non tanto sul piano della passione amorosa, quanto su quella della complicità che li vede in qualche modo legati da sempre. Cinque titoli fanno esplicito riferimento all’amore, altri lo fanno nei testi. Brani nuovi che la coppia ha pescato tra nuovi e vecchi autori dando loro veste e confezione inedita. C’è da aggiungere un’ultima cosa: le voci. Si può essere degli estimatori o meno sia di Celentano che di Mina, ma ascoltare la loro voce è magnifico. Forse perché hanno saputo preservare il loro strumento vocale. Certo sentire i loro duetti non è un’operazione nostalgia ma una sensazione fantastica e avvolgente capace di emozionare. Oggi come allora.

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