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Mille migranti sbarcati a Reggio e Vibo: 4 i morti

Mille migranti sbarcati  a Reggio e Vibo: 4 i morti

Calabria I volontari continuano a garantire assistenza e prima accoglienza. Ma mancano le risorse. I volontari continuano a garantire assistenza e prima accoglienza. Ma mancano le risorse

Pubblicato circa 9 anni faEdizione del 29 agosto 2015
Silvio MessinettiREGGIO CALABRIA

C’è chi predica odio e chi pratica accoglienza. A Reggio Calabria ieri è stato il ventesimo sbarco in meno di un anno, a Vibo Valentia il dodicesimo. In totale altri mille migranti arrivati in Calabria in una sola giornata: 700 a Vibo e 300 a Reggio dove il viaggio si è tramutato in tragedia.

I primi a toccare le banchine del porto reggino, dopo i controlli accurati alla ricerca dei mercanti di carne umana, sono stati, infatti, i quattro migranti morti nella stiva. Tre sono donne. I loro corpi – afferma chi è intervenuto – sono deturpati dalle vaste ustioni che solo il contatto con gli idrocarburi scappati da motori vecchi e puzzolenti possono provocare. Toccherà al medico legale darne conferma all’esito dell’autopsia. L’altra vittima è un uomo che per ore i medici imbarcati sulla motonave Fiorillo della Guardia Costiera hanno cercato di salvare.

Quando i soccorsi sono arrivati, il barcone su cui viaggiava stava già imbarcando acqua per una foratura a poppa. L’uomo era già esanime, non si sa se a causa di un malore o perché scivolato in acqua. Neanche l’immediato intervento del personale sanitario è riuscito a salvarlo. Nonostante due ore di tentativi di rianimazione, il suo cuore ha ceduto. Ma la lista delle vittime potrebbe allungarsi. Dalla Fiorillo sono scesi prima i malati, le donne e i bambini. Tutti si sono sottoposti a un accurato controllo medico, chi portava i segni della scabbia è stato separato dagli altri perché, prima di partire per i centri di accoglienza, dovrà essere sottoposto al consueto trattamento. Gli altri hanno trovato posto sotto il tendone del ministero dell’Interno che ha sostituito i traballanti gazebo della protezione civile che per anni hanno resistito a sole, pioggia e intemperie e solo da un paio di settimane sono stati sostituiti.

I volontari che si occupano di fornire assistenza ai migranti invece sono sempre gli stessi. Per loro, sulle cui spalle da mesi grava l’onere della gestione dell’emergenza, non c’è possibilità di sostituzione. Non ci sono forze, non ci sono soldi, non ci sono mezzi. Così dicono dai palazzi romani. E i volontari continuano a lavorare. Nessuno si tira indietro. «Anche se siamo ormai al limite, come si fa a rimanere inerti di fronte a questa tragedia?», dice uno di loro, mentre sul molo hanno sfilato ordinati i migranti verso il tendone in attesa dell’identificazione.

Ma la macchina viaggia a pieno ritmo e per molti è già tempo di rimettersi in viaggio. Secondo il piano approntato dal ministero, solo una ventina rimarranno a Reggio, mentre in duecento partiranno per i centri di accoglienza di Veneto e Toscana. Per i più, dopo, sarà tempo di riprendere il viaggio della speranza verso la Germania, l’Olanda, la Norvegia, la Svezia. Ma l’Europa da tempo è sorda ai lamenti dei disperati che fuggono da terre in cui non possono più stare.
È l’Europa fortezza, l’Europa di Frontex e Triton, l’Europa degli scogli di Ventimiglia. Invece il sud dimostra ancora una volta di saper accogliere. Nonostante scarse risorse e una propaganda xenofoba che non cessa. La Calabria è, inoltre, la terra di Riace, borgo della Locride celebre in tutto il mondo per le pratiche d’accoglienza. Oggi nel comune di 1000 abitanti vi sono 300 migranti sistemati in abitazioni e non in tende o case fatiscenti, e attorno ai 300 stranieri ci sono circa 70 riacesi che lavorano per assisterli e inserirli nel tessuto sociale. Tutto il motore economico e produttivo del borgo ruota, così, intorno ai migranti. Perché Riace è un luogo dell’anima.

È un luogo dove è possibile misurare ideali e pratiche stando assieme a bambini, donne, uomini di altro colore provenienti da mezzo mondo. Mimmo Lucano, sindaco per la terza volta, ha messo a disposizione questa possibilità a tutti coloro che vogliono viverla. Riace è un luogo in cui bisognerebbe portare per una terapia riabilitativa quei cittadini che vorrebbero alzare barricate contro i profughi alloggiati vicini alle proprie abitazioni.

Polemiche, intanto, ha sollevato la decisione del presidente della Regione, Mario Oliverio (Pd), di costruire un cimitero internazionale per i migranti a Tarsia, vicino Cosenza. Perplessi gli antirazzisti e gli attivisti dei movimenti sociali. Durissima Rifondazione: «Se in Calabria – spiega a il manifesto il segretario regionale, Pino Scarpelli – si volesse da parte della Giunta iniziare a ragionare di diritti dei migranti, occorrerebbe innanzitutto valorizzare le esperienze di buona accoglienza esistenti, dando il giusto appoggio a enti locali ed associazioni che la praticano. Poi sarebbe necessario una rigorosa analisi dei livelli di finta accoglienza in diverse strutture in cui si verificano gravi violazioni dei diritti basilari, gestite da enti e soggetti spesso vicini al Pd. Infine, sarebbe veramente opportuno verificare la possibilità di attuazione di un’antica quanto realistica proposta lanciata anni fa dallo scrittore Francesco Cirillo, quella di ospitare nei borghi rurali della nostra Calabria, oramai semideserti, e sulle terre libere, in grande parte abbandonate, i migranti che fuggono dalle guerre, dalla fame, dalla disperazione».

Insomma, più che di cimiteri di profughi morti, avremmo bisogno di cento e mille Riace.

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