Economia

Se perfino Renzi si taglia la crescita

Se perfino Renzi si taglia la crescitaI sindacati ieri in presidio davanti a Montecitorio

L'allarme cig e l'ammissione del premier I sindacati davanti a Montecitorio: mancano 1,2 miliardi per la cassa in deroga. Crescita piatta, consumi in calo. Il presidente del consiglio: "Sarà difficile centrare le stime del Def"

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 25 luglio 2014

Mille giorni per cambiare il Paese. Ma c’è chi 1000 giorni non può davvero aspettarli. A rigore, neanche qualche settimana: mentre dentro i palazzi della politica si attorcigliano le scelte sulle riforme, per precipitare in una “tagliola”, fuori manifestano i lavoratori che vedono assottigliarsi le proprie tutele. E intanto il premier Matteo Renzi ammette: «Molto difficile confermare la stima» di una crescita del +0,8% contenuta nel Def. «Che la crescita sia 0,4 o 0,8 o 1,5% non cambia niente dal punto di vista della vita quotidiana delle persone».

E meno male che Renzi se ne rende conto. D’altronde, qualche giorno fa è stata la Banca d’Italia a tagliare le stime sul Pil, concedendo uno striminzito +0,2%. E ieri (numeri arrivati dopo la dichiarazione del premier), si è aggiunto anche l’Fmi: dimezzando le proprie previsioni da +0,6% a +0,3%.

Il problema sociale più evidente resta quello della cassa in deroga, per cui i sindacati dicono mancare 1,2 miliardi di euro: se non risolto, può gettare, entro fine estate, oltre 60 mila persone in mezzo a una strada. Ma in realtà, il nodo di fondo è un’Italia che non riparte. Che resta frenata, a dispetto della “velocità” del suo premier.

Altri dati arrivati ieri, quelli dell’Istat, continuano impietosamente a certificare che per ora non ci siamo. In maggio le vendite al dettaglio hanno subito una brusca battuta d’arresto, con un -0,7% sul mese precedente, e un -0,5% sull’anno. Giù – ma in questo caso la cifra è riferita a luglio – anche la fiducia dei consumatori: dai 105,6 punti di giugno è scesa a 104,6.

Non sembrano essere bastati, insomma, gli 80 euro che tanti italiani hanno trovato in busta paga da fine maggio. E delusi, infatti, nei giorni scorsi, si erano detti i commercianti, per un sostanziale flop dei saldi (cresciuti in media solo dello 0,78% rispetto al 2013). I cittadini continuano a non spendere, forse spaventati dalla prospettiva di un autunno nero.

E sì, perché se è vero che il bonus fiscale è andato a premiare lo zoccolo duro del lavoro dipendente, dall’altro lato diversi milioni di potenziali consumatori, come gli incapienti, le partite Iva o i pensionati, sono stati completamente esclusi. E se adesso si incrina un altro pezzo di welfare, ovvero quello che sostiene i lavoratori in difficoltà – appunto gli ammortizzatori sociali – la paura non può che aumentare, moltiplicarsi. Spingendo a tenere ancora più stretti i cordoni del borsellino.

Perché non solo si deve ancora coprire un buco di 200 milioni per la cassa in deroga del 2013, e non solo – ancor più grave – manca ben 1 miliardo per il 2014, ma il progetto del governo (per il momento congelato, ma pronto a dispiegarsi) è quello di restringere i criteri di accesso, escludendo insomma dagli ammortizzatori sociali sempre più persone.

Né, d’altronde, si attua una qualche forma di politica industriale, per settori come i trasporti, l’acciaio, l’energia, fortemente a rischio. E soprattutto in fuga dall’Italia. Servirà a qualcosa il viaggio del ministro Pier Carlo Padoan in Cina? Riuscirà ad aprire i forzieri orientali, a fare in modo che i “nuovi ricchi” acquistino i nostri gioielli in via di privatizzazione?

Intanto gli operai, gli impiegati, aspettano: ieri il responsabile del Lavoro, Giuliano Poletti, ha assicurato che il tema delle risorse per la cig sarà al centro del prossimo consiglio dei ministri, ma i sindacati non sembrano fidarsi.

Susanna Camusso, come ormai da una settimana a questa parte, anche ieri è stata molto severa nei confronti del presidente del consiglio Renzi: «Assistiamo – ha detto – ad annunci di sblocco senza che apra mai un solo cantiere». Dunque, oltre a risorse per la cig in deroga, la Cgil – insieme a Cisl e Uil – si aspetta «l’avvio di una stagione nuova, perché senza lavoro non è vero che l’Italia cambia». Quindi «ammortizzatori sociali realmente universali, i contratti di solidarietà espansiva, la modifica della riforma delle pensioni targata Fornero; una politica industriale che orienti davvero la produzione del Paese». Forse un po’ troppo per un solo consiglio dei ministri, ma non si può che sperare.

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