«Milla», la rabbia giovane di una storia d’amore
Locarno 70 Nel concorso Cineasti del presente, l’intimo on the road contro mode e regole di Valérie Massadian
Locarno 70 Nel concorso Cineasti del presente, l’intimo on the road contro mode e regole di Valérie Massadian
Milla ha i capelli biondi decolorati, diciassette anni vissuti a perdifiato senza fermarsi davanti al mondo. Ride anche con gli occhi, anche quando è ferita, le lacrime le caccia indietro come una sfida. Leo è il suo ragazzo, hanno scelto di condividere l’avventura della vita, l’amore, la scoperta, l’eccezionale e il quotidiano correndo via in un paesaggio del presente, il nord della Francia di case abbandonate e paesi quasi vuoti dove la lingua nazionale si mischia al basco e per due come loro è più facile confondersi tra gli altri.
Milla, come la sua protagonista – una scoperta l’energia di Séverine Jonckeere – è il secondo film di Valérie Massadian (nel concorso Cineasti del presente), che proprio al festival di Locarno aveva presentato il suo esordio, Nana (2011), lì come qui una protagonista donna, nel primo una bimba di quattro anni, stavolta una adolescente che sembra essere stata costretta a crescere presto.
E se Nana era una fiaba nera, senza baci del principe che risvegliano la bella principessa, in un bosco nel quale si materializzavano tutte le paure infantili, Milla è un on the road intimo dalle tonalità contemporanee che esplora le diverse possibilità narrative di una figura femminile alla ricerca di una sua indipendenza – specie di rappresentazione – evitando anche l’enfasi, le sottolineature in una apparente semplicità. È possibile e se sì come orchestrarlo sembra chiedersi Massadian accettando anche l’imprevisto, o soprattutto questo.
Una storia d’amore, il soffio della rabbia, il sentimento precario del nostro tempo a cui Milla e Leo con lei non vogliono soccombere. I due occupano una di quelle abitazioni abbandonate, diventa la loro casa, lo spazio in cui inventare la loro relazione e il loro essere al mondo. Spensieratezza e irriverenza della fuga, le necessità della vita di tutti i giorni: come metterli insieme? I soldi che non ci sono, il panino diviso a metà, un litigio, la tristezza, intorno il vento che soffia e quel mare aspro che si rompe sugli scogli.
I giorni passano, forse sono mesi, anni: Leo lavora su un peschereccio, passa fuori tutte le notti: «Cosa farai quando non ci sono?» chiede a Milla. «Sognerò di te» risponde lei. La spensieratezza della rabbia giovane sembra essere sfumata, Milla e Leo, tenerezza e routine, forse stanchi, all’improvviso lei ha la pancia, aspettano un figlio. Poi un giorno succede qualcosa in mare e Milla si ritrova sola.
Grembiulino celeste, stretto davanti, la troviamo che lavora in un hotel, donna delle pulizie, un’altra donna l’ha aiutata, l’ha presa lì, è più grande, bionda come lei ma alta e sottile (la stessa regista). È sua madre, la madre di Leo, un’amica, o forse lei stessa? Il film cambia, Milla è sempre lì, col suo universo, si racconta sempre un amore, anche se stavolta è diverso, c’è sempre la vita con le sue sfide e le sue battaglie, le sue scoperte, i passaggi che ne sono parte.
La storia somiglia a tante altre ma il personaggio di Milla con quella sua forza ostinata è di quelli che lasciano una traccia nell’immaginario, molto si deve alla fisicità della sua interprete sintonizzata col ruolo in una bella affinità, è però soprattutto la messinscena di Massadian che rende possibile questa miscela complicatissima di equilibri umani, sentimentali, di esistenze a loro modo rivoluzionarie.
Impasti pittorici, una frontalità quasi primitiva dell’immagine, l’interno e l’esterno di luoghi che sono anche quelli dell’anima: raccontare la vita di una ragazza proletaria senza trucchi retorici o virate «rave girl» è molto più che una scelta di stile, specie se poi questo racconto come nel film di Massadian procede dentro l’immaginario rifiutandosi di attivarne gli artifici.
Non ci sono altri personaggi al di fuori dei tre protagonisti né detour narrativi che ci offrano una spiegazione: è un cinema che crede in sé, nelle sue immagini e per questo importante, che non si attacca spasmodicamente alla sceneggiatura fino a ridurre il proprio film nella sua illustrazione.
Ci sono pause, silenzi, corse, c’è il ritmo del respiro che è quello dei personaggi, e dentro il loro stare al mondo – forse anche, come si dice, scoprirne diverse declinazioni – Massadian trova l’accesso anche alla realtà del presente (anche questa può assumere una forma non codificata): la provincia francese con la sua crisi economica (è laddove più la destra aveva guadagnato voti), una società che certo il narcisismo macroniano non riuscirà a avvicinare, il sentimento precario che condiziona l’esistenza di generazioni giovani e meno, a cui però il suo personaggio oppone resistenza. La stessa del film a mode e regole, un gesto irriverente in cui errori e istanti di grazia si alternano, una vita.
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