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Milk tea alliance, prima volta in strada

Milk tea alliance, prima volta in strada

Asia È accaduto a Bangkok, con attivisti birmani e thailandesi. L’organizzazione è on line: sostegno legale e alert sulla presenza della polizia

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 11 marzo 2021

Domenica 28 febbraio, a Bangkok, migliaia di manifestanti pro-democrazia hanno marciato sulla caserma del Primo Ministro thailandese Prayuth Chan-ocha: come succede ormai da quasi un anno, i giovani sono scesi in strada per chiedere elezioni e una nuova costituzione che limiti le prerogative della monarchia. Stavolta, però, alle proteste hanno partecipato anche molti birmani, uniti ai thailandesi nelle loro lotte e indignati dall’incontro tra la giunta militare e il Ministro degli Esteri thailandese, la prima visita ufficiale dopo il colpo di stato del 1° febbraio. I manifestanti portavano slogan e bandiere della #Milk Tea Alliance, il movimento trans-asiatico dei giovani contro l’autoritarismo.

Si tratta della prima campagna fisica lanciata e coordinata dal movimento. Un bel traguardo considerato che l’alleanza, nata online e presente soprattutto nella sfera digitale, si propone di unire le lotte di tutto il sud-est asiatico nel segno del tè al latte, bevanda popolare nella regione. Le lotte politiche nell’area hanno per ciascun paese diverse caratteristiche e diversi obiettivi, ma il movimento continua a portare migliaia di persone in piazza: in Thailandia, in Myanmar, ma anche ad Hong Kong, nonostante la legge sulla sicurezza nazionale.

«Ad unirci sono gli ideali di libertà e democrazia e ci piace pensarci come una versione asiatica e digitale delle Primavere arabe», dicono gli attivisti di un gruppo di coordinamento su Telegram. «L’alleanza conta in realtà molti più membri di quanto si creda, ma alcuni sono più visibili di altri – spiegano – il Vietnam e le Filippine, ad esempio, sono stati tra i primi e più attivi a farne parte, ma l’attivismo digitale in quei paesi non fa notizia quanto la gente nelle piazze».

Secondo i portavoce, a tenere unite le lotte, oltre all’aspirazione democratica, è un forte sentimento anticinese. Già nel 2019, mentre ad Hong Kong si protestava contro l’estradizione, i vicini meridionali contestavano la «politica dell’acqua» della Cina, accusata di costruire dighe a monte del fiume Mekong, sul plateau tibetano, per rallentare i flussi diretti a valle. Tutto ciò, accompagnato dal risentimento crescente verso le armate di nazionalisti cinesi che diffondono online la propaganda del Partito Comunista, ha portato al fiorire di campagne digitali contro Pechino.

«Tutti nella Milk Tea Alliance si sentono in qualche modo vittime dell’autoritarismo cinese» dice Parti Chiwarak, ventiduenne figura di spicco del movimento thailandese «quindi c’è un naturale sentimento di amicizia». Sembra questo quindi il collante del movimento: anche l’India sarebbe entrata a farne parte a seguito degli scontri militari al confine con la Cina. «Essendo un movimento decentralizzato, la Milk Tea Alliance ha geometria variabile», spiega un portavoce del gruppo Telegram. «Ovviamente le proteste nel mondo fisico attirano più attenzione, quindi di volta in volta sono gruppi diversi, da paesi diversi, a guidare il movimento. Noi ci occupiamo del coordinamento e aiutiamo come possiamo i compagni nei paesi dove manifestare è più difficile: lanciamo campagne di sensibilizzazione online, e li aiutiamo diffondendo notizie e risorse. Di recente abbiamo tradotto il manuale di Hong Kong 19».

L’HK19 Manual, tradotto dall’inglese in filippino, birmano e thai è un documento di 70 pagine che elenca in modo dettagliato le best practices dei movimenti di protesta: dalle linee guida – «be water» è un mantra – all’equipaggiamento per la guerriglia, dalla sicurezza digitale a quella fisica, dal primo soccorso alla salute psicologica dei manifestanti, fino alla ripartizione dei compiti in base all’età e alle capacità fisiche. Tra i punti chiave del manuale, consigli per il boicottaggio del grande business e la creazione di modelli di economia circolare, già testati ad Hong Kong nel 2019 con lo Yellow Economic Circle.

Con l’aiuto dell’HK19 Manual, gli attivisti in Myanmar cercano di indebolire la posizione economica della giunta. Alla fine di febbraio, la società Genxyz, con sede a Yangon, ha lanciato Way Way Nay (in inglese Stay Away) un’applicazione che elenca 250 aziende, tra cui istituzioni finanziarie, imprese di vendita al dettaglio, di costruzione, media e centri di salute e bellezza legate ai militari. L’app ha ricevuto più di 70.000 download in un solo giorno. Così Blacklist Myanmar, lanciata il 3 marzo su Android, guida gli acquirenti che vogliono boicottare le aziende le cui vendite beneficiano le forze armate.

Gli attivisti birmani hanno anche ideato app per avvertire i cittadini e i manifestanti della presenza della polizia e delle truppe nelle strade. Lanciata su Android l’11 febbraio, Myanmar Live Map usa i dati in tempo reale degli utenti per indicare in quali aree si concentra il personale di sicurezza. L’applicazione, che ha già 40.000 utenti, rivela anche le posizioni di cannoni ad acqua, blocchi stradali e ambulanze. Uno dei creatori ha rivelato che i progettisti dell’app hanno preso spunto dalle mappe digitali dei manifestanti di Hong Kong e diffuse proprio tramite il manuale.

Con l’Hong Kong 19 Manual, insomma, la Milk Tea Alliance ha realizzato un vero e proprio vademecum per la protesta contro il modello autoritario cinese nel sud-est asiatico; vademecum che, come gli attivisti non hanno mancato di sottolineare, si discosta anche dai principi della democrazia occidentale, verso un modello più genuinamente partecipativo.

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