Volete demolire questa città». Questa è la frase più moderata espressa l’altro giorno dalla destra in consiglio  comunale di Milano durante la discussione sull’Ordine del giorno che impegna la giunta del sindaco Beppe Sala a istituire il limite di velocità a 30 km/h. Il virgolettato è del consigliere di Fratelli d’Italia Marcora, cui do atto di aver espresso molto pacatamente – a differenza della sua collega leghista Sardone – la sua netta contrarietà. L’Ordine del giorno è stato firmato da 27 consiglieri di maggioranza e accolto dall’assessora alla mobilità Arianna Censi, infine approvato. Vedere la discussione del consigliosul punto in questione, disponibile sul canale YouTube, è davvero illuminante e consiglio chiunque di vederlo, anche se so che probabilmente avete di molto meglio da fare. Ma in quel video vi si mostra, in tutta la sua evidenza, la differenza antropologica tra la destra italiana e quella che viene chiamata sinistra e che io mi limito a chiamare progressismo moderato.

C’è qualcosa di straniante nella difesa di un sistema obiettivamente assassino, persino da partedi gente che si autoproclama esponente del buon senso, della tradizione in salsa tricolore, della difesa di patria&famiglia e di tutto il vasto armamentario conservatore che  conosciamo. Persino io che mi trovo dall’altra parte della barricata e che per natura rifuggo dall’odore muffito che sprigiona dai benpensanti ricordo che esiste un detto tradizionale italiano, «chi va piano va sano e va lontano»: che è alla base dell’iniziativa a prima firma Marco Mazzei, consigliere comunale della Lista Sala e compagno di strada della prima ondata del cicloattivismo ormai più che ventennale. La furia con cui la destra milanese, capofila Matteo Salvini, si è scagliata contro una misura di salvaguardia delle persone a fronte di un uso sregolato delle strade urbane è però comprensibile: c’è la naturale propensione al primato dell’individuo versus la collettività, all’interpretazione della libertà – bene supremo, ce lo ricordano i manifestanti in Iran – come esercizio del proprio comodo, poco importa se a scapito altrui, a quel fumoso sentimento di autoaffermazione attraverso la prevaricazione che è proprio delle anime nere.

Di fronte a una misura che semplicemente dice «rallentiamo per evitare morti e feriti», assai documentata nell’Ordine del giorno della discordia a Palazzo Marino, esplode la rivolta dell’individuo che si sente umiliato nell’espressione della sua libertà di sgommare, e voialtri levatevi da davanti altrimenti vi acciacco e ve lo siete pure meritato. Nella discussione che da lunedì 9 gennaio ogni tanto vado a rivedere c’è un momento direi quasi commovente, e davvero non me lo aspettavo da un esponente Pd, in cui la consigliera Natascia Tosoni si rivolge alla destra dicendo «è il mondo che sta andando in questa direzione, è il tempo, il momento che vi smentirà clamorosamente ».

La consigliera comunale sembra quasi scioccata dalla reazione della destra e a volte incespica nelle parole, ripetendo che è il mondo eccetera, «anacronismo allucinante » e quant’altro. Viene voglia di abbracciarla per consolarla. La documentazione sui benefici della misura approvata è imponente. Luca Studer, responsabile del laboratorio Mobilità del Politecnico milanese, segnala che, applicandola, a Toronto l’incidentalità «rilevante», quella con morti o feriti, è scesa del 60%, a Londra del 40%, a Bruxelles dl 25%. Il rancore via social è stato rilevante. Marco Mazzei afferma di non poter più aprire Twitter per gli insulti, che però continuano ad arrivare anche via mail ordinaria. Il padre di Francesco Valdiserri, Luca, twitta di lasciare il social dopo la sequela di ragli che gli è arrivata, uno di questi gli consigliava addirittura di non andare a piedi perché è pericoloso. Francesco, suo figlio, 18 anni, è stato ammazzato sul marciapiede da un automobilista.

E’ davvero inquietante questo odio verso la vita (degli altri) così ben espresso dalle anime oscure in mezzo a noi.