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Milano, sfrattati in piazza: «Una casa a chi non ce l’ha»

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La casa di tutti milanesi, quella che doveva essere sempre aperta come aveva promesso tre anni o un secolo fa il sindaco Giuliano Pisapia, ieri sera era protetta da un […]

Pubblicato quasi 10 anni faEdizione del 5 dicembre 2014

La casa di tutti milanesi, quella che doveva essere sempre aperta come aveva promesso tre anni o un secolo fa il sindaco Giuliano Pisapia, ieri sera era protetta da un muro di poliziotti in assetto anti sommossa. L’immagine di per se è piuttosto scontata, ma fa ugualmente una certa impressione. E’ l’assalto, o meglio la messa in scena di un assedio al palazzo del potere da parte di una massa che un tempo si sarebbe detto di diseredati. O poveri. O senza casa, come rischiano di esserlo da un giorno all’altro le centinaia di persone che ieri per la prima volta sono sbarcati in centro città per una manifestazione diversa dalle solite. Ma avevano tutta l’aria di essere persone normali, cioè anche povere e anche disperate, come possono esserlo tutti coloro che potrebbero essere sbattuti in mezzo a una strada. Famiglie. La fotografia non della realtà, ma di una realtà. La più scandalosa nella città che ha appena vinto il prestigioso premio per aver costruito la casa – dicono – più bella del mondo, il grattacielo verticale.

Gli «occupanti», perché in piazza c’erano famiglie che hanno occupato una casa per necessità, chiedevano un incontro con il sindaco di Milano. Davanti al portone di Palazzo Marino hanno incontrato Basilio Rizzo, presidente del consiglio comunale, e Paolo Limonta, il «braccio sinistro» di Pisapia. Sono gli unici due che per storia e consuetudine ci mettono sempre la faccia, anche nelle situazioni più imbarazzanti (prendersi un uovo sulla schiena ogni tanto ci sta). Perché mai come in questo caso l’imbarazzo di chi amministra è piuttosto evidente, visto che i manifestanti chiedono l’assegnazione immediata delle 9.700 case sfitte che ci sono a Milano e la regolarizzazione di tutti gli occupanti per necessità. Senza nessuna attitudine rivoluzionaria, ma solo attuando l’articolo 34 comma 8 della legge regionale 27 del 2009, cioè in maniera del tutto legale (prima che si spaventi qualche paladino della sciocca demagogia legalitaria che fino a qualche settimana fa si vantava di aver ordinato duecento sgomberi per fare piazza pulita di chissà quali delinquenti). E proprio il Comune di Milano, due anni fa, in accordo con i sindacati degli inquilini, aveva promesso una verifica di tutte le occupazioni per necessità allo scopo di procedere a una sanatoria famiglia per famiglia. Peccato che in due anni non sia stato fatto nulla. Si comincia in questi giorni, questa è la promessa.

Non capita spesso di vedere certi «soggetti» in corteo, soprattutto dalle parti di piazza Duomo. I navigati di mille manifestazioni a sinistra, per l’imbarazzo, nemmeno riescono a definirli senza un malcelato pudore. Per troppi anni sono rimasti distanti dai margini della città. Bella gente? Mah. Persone vere? E ci mancherebbe. Famiglie? Quelle di sicuro. Persone e basta. Tanti stranieri, mai visti dalle «nostre» parti. Non saranno molti i cittadini dei comitati per la casa (sono arrivati da San Siro, Corvetto, Niguarda, Ponte Lambro, Giambellino, Quarto Oggiaro), ma sono aria fresca. Striscioni mai visti prima. Tanti bambini, ma non per fare decorazione: le donne straniere dopo il lavoro non sanno dove metterli. Piccoli italiani crescono, sventolando la bandiere dell’Unione Inquilini. E poi i ragazzi e soprattutto le ragazze di periferia, orgogliose di far parte di un mondo che per qualcuno è a parte, «le ragazze di Niguarda siamo noi», soggetti col fuoco dentro che a far politica ci stanno prendendo gusto.

Sembrano determinati a non mollare. «Ogni sgombero sarà una barricata».

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