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Milano est Charlie

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Milano Cinquemila persone ieri pomeriggio sono scese in piazza Duomo unite dalla voglia di stare insieme, non solo per dire "Je suis Charlie". E' stata una manifestazione spontanea e molto lucida convocata da Emergency e da tutte le sigle delle associazioni di sinistra milanesi. Hanno partecipato anche le comunistà islamiche.

Pubblicato quasi 10 anni faEdizione del 11 gennaio 2015

La voglia di stare insieme è un sentimento più forte dell’unità nazionale. Ma di solito è difficile dargli corpo. Ieri, a Milano, non è stato così. Forse c’entra l’enormità del fatto, ma non era scontato raccogliere cinquemila persone attorno a un camioncino con l’altoparlante che per un eccesso di prudenza si era schiacciato sul lato destro del Duomo. Non osavano gli organizzatori, e invece alla fine si è trattato di una manifestazione vera e mischiata come non capita mai, come se fosse stata convocata da tutti quelli che hanno sentito che questa volta non potevano non esserci.

 

Quando mai, nello stesso luogo, si stringono fino a sfiorarsi vecchi e studenti, cattolici e laici anche impenitenti (“io abolirei tutte le religioni”), musulmani con le figlie mezzo velate e “vippame” di varia natura, curdi e palestinesi, dirigenti di associazioni e pensionati “qualsiasi” con in mano le matite di Charlie Hebdo? C’era, a titolo personale, in disparte, con le mani in tasca, anche chi in piazza non scendeva da anni. Come a dire, eccomi qui. La spia di quel bisogno, che la sinistra quasi mai riesce ad intercettare.

 

Per una volta non c’era solo il solito branco di cuccioli spaesati di sinistra che si cercano con lo sguardo preoccupato per raccontarsi “io pensavo peggio” e “no io pensavo meglio”. Ecco la novità.

 

Adesso bisognerebbe attrezzarsi per non disperdere questa lucida capacità di reazione e mobilitazione, magari allargandosi laddove presto ce ne sarà bisogno, perché quelli che non condividono gli stessi “valori” di questa piazza sono già al lavoro, nelle periferie e nei luoghi dove le farneticazioni sulla “guerra di civiltà” rischiano di diventare molto convincenti. Intanto complimenti a chi ha sentito che questa necessità di stare insieme era diffusa, in testa Emergency, ma senza pensarci due volte anche tutto il mondo dell’associazionismo di sinistra (Arci, Acli, Fiom, Anpi e con discrezione anche alcuni esponenti dei partiti).

 

Avrebbe partecipato anche il sindaco Giuliano Pisapia, ma era in viaggio per Parigi, oggi anche lui oggi sfilerà nella capitale di Francia, per “la Republique” e per la democrazia. Che non tutti i partiti sono democratici se n’è avuta dimostrazione anche ieri, sempre a Milano, con Matteo Salvini che si è guadagnato il suo ennesimo quarto d’ora di celebrità aggirandosi nei quartieri dove potrebbe sorgere una moschea. Aveva in mano le vignette di Charlie Hebdo, una bestemmia: “Ci sono migliaia di musulmani pronti a sgozzarci nel pianerottolo di casa”.

 

Con questi argomenti saremo chiamati a confrontarci, ma la piazza di ieri ha dato l’impressione di essere preparata. Tutti si sentivano Charlie, ovvio, ma erano lì per dire anche altro. Una piazza illuminata, quasi fredda tanto lucide erano le analisi, sul palco e tra le persone. Non c’era aria di veglia e nemmeno la compostezza che richiede la commemorazione di una strage. Circolavano le idee, quasi che si fosse consapevoli che non sarà guerra di civiltà ma sarà battaglia politica molto dura, qui e in Europa.

 

Gli interventi dal palco sono stati decine: per la tolleranza, per la pace come azione politica, contro il traffico d’armi, per respingere gli attacchi delle nuove destre, per mettere a fuoco gli scenari internazionali dove è l’occidente a terrorizzare le popolazioni civili (musulmane e non). Non erano doverose – perché nessuno deve sentirsi chiamato a prendere le distanze dagli assassini di Parigi – ma molto “dentro” alla piazza anche le parole dei rappresentanti delle comunità islamiche. “Collaboriamo insieme per la pace”, ha gridato l’imam della Casa della cultura islamica di via Padova. “Sono qui come milanese di vecchia data per sottolineare ancora una volta agli italiani che siamo dalla loro parte, non dall’altra”, ha replicato all’assedio dei giornalisti Abdel Hamadi Shaari, fondatore dell’istituto islamico di viale Jenner.

 

Cecilia Strada, presidente di Emergency, è come se avesse riassunto tutti gli interventi dicendo “Milano vuole stare insieme e dire no con forza alla violenza in ogni sua forma: no al terrorismo e no alle reazioni xenofobe e contro l’Islam che abbiamo visto dopo questa strada”.

 

Poi tutti a casa, consapevoli che non sarà facile, né restare insieme né dire no, ma che è questa la sfida da raccogliere. Forse la più grande di tutte, per ricominciare a fare qualche passo in avanti.

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