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Milano a 2 ruote, le ciclabili e le cose da fare

In Consiglio comunale, a Milano, la settimana scorsa alcuni consiglieri di centrodestra, discutendo di mobilità ciclabile, hanno lanciato un appello: a Milano bisogna vietare la circolazione delle biciclette perché troppo […]

Pubblicato 9 mesi faEdizione del 18 gennaio 2024

In Consiglio comunale, a Milano, la settimana scorsa alcuni consiglieri di centrodestra, discutendo di mobilità ciclabile, hanno lanciato un appello: a Milano bisogna vietare la circolazione delle biciclette perché troppo pericolosa.
Per questi colleghi, Milano non dovrebbe attivare misure per ridurre il traffico veicolare e migliorare la sicurezza di pedoni e ciclisti (come avviene da decenni in molte altre città europee, amministrate sia da destra che da sinistra); no: dovrebbe semplicemente impedire la circolazione delle biciclette, senza cercare altre soluzioni.

Esiste una ragione per cui il dibattito sulla mobilità urbana, a destra ma non solo, dalle nostre parti è così arretrato: si fa propaganda, anziché documentarsi per proporre soluzioni. L’approssimazione non si limita all’aula consiliare milanese: è diffusa anche sui media. Si leggono articoli, per esempio, che paragonano (giuro, non sto scherzando) la ciclabilità di Milano con quella di Amsterdam, articoli intitolati Gli incidenti mortali aumentano anche nella patria delle due ruote.

La conclusione (prendete nota) è che «la formula per percorsi ciclabili sicuri non è stata ancora trovata nemmeno nella patria della ciclabilità».
L’autore dell’articolo non sa, o ha ritenuto trascurabile il fatto che ad Amsterdam (dove quasi l’80 per cento delle strade hanno il limite dei 30 km/ora) il 60 per cento degli abitanti si muove in bicicletta nei quartieri della città.

A partire dagli anni Novanta, ad Amsterdam i ciclisti circolanti hanno superato il numero di automobilisti e ora sono 4 volte il loro numero. Ad Amsterdam il rapporto auto/abitanti è il seguente: 230 automobili ogni 1000 abitanti; a Milano oltre 500 auto ogni mille abitanti, esclusi i 650 mila veicoli in ingresso dall’hinterland.

Anche Amsterdam registra un flusso di auto in aumento provenienti dall’esterno. E come lo affronta la città olandese? Obbligando gli automobilisti a cambiare auto come avviene a Milano per Area B? No: sottraendo ulteriore spazio urbano alle auto e investendo risorse pubbliche per realizzare nuove corsie riservate per il trasporto pubblico, biciclette (già 400 chilometri di ciclabili) e pedoni.

Ad Amsterdam l’estensione del limite dei 30 km/h sull’80 per della rete stradale urbana è arrivata solo dopo la realizzazione di questi interventi, necessari per ridurre il traffico privato e liberare spazio urbano per garantire alla comunità una mobilità ciclopedonale davvero efficiente e sopratutto sicura.

Un paragone non comico tra Milano e Amsterdam in materia di mobilità urbana sarà possibile se troveremo il coraggio di investire le necessarie risorse pubbliche per liberare la città dalla morsa delle automobili.

Diversamente, la città a 30 km/h diventa uno slogan vuoto con pericolosi costi sociali.

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