Il finale non ha presentato sorprese. Ed è giusto così, il Milan ha davvero meritato di vincere questo strambo, mediocre e appassionante campionato. Equilibrato verso il basso, senza squadre irresistibili, con un manipolo di campioni disseminati in tre o quattro club, bocciato senza appello nelle coppe europee, eccetto la Roma, che tra due giorni si gioca la Conference League con il Feyenoord. Il Milan di Pioli, di Ibra, di Paolo Maldini. Costruito con cura, tagliando stipendi, rafforzando la dirigenza, puntando su giovani forti, un paio di assi e qualche conoscitore delle dinamiche di campo e spogliatoio. Regge poco l’assunto dell’Inter che ha sprecato tutto, con una rosa decisamente più forte e un vantaggio in classifica sostanzioso a un certo punto del cammino.

E COSI’ il Napoli, da anni vanesio e autodistruttivo, in ogni caso terzo in classifica in scioltezza, arrivato sul vialone assieme alle milanesi per poi cedere di schianto nel trittico Roma-Fiorentina-Empoli. Leao, Theo Hernandez, Tonali, Maignan: la base rossonera è solida in vista di un futuro che passa attraverso il calciomercato e che vedrà il ritorno non solo dei cugini interisti ma della Juventus. Da Pogba a Di Maria, la valorizzazione di Vlahovic e il rientro di Chiesa, il riscatto bianconero, dopo due quarti posti in fila (e nove scudetti in fila), è atteso al varco e difficilmente, soprattutto per le possibilità economiche della proprietà, sarà fallito. Nel frattempo l’asse del pallone si è spostato a Milano. La scorsa stagione ha vinto all’Inter per la prima volta una proprietà straniera, stavolta al Milan (con Elliott) ha fatto centro il primo club del private equity. Segno del calcio che cambia, anche in Italia. Lo sarà ancora di più con il passaggio del Milan da Elliott al fondo Red Bird per circa 1,3 miliardi di euro dopo il fallimento della trattativa con Investcorp (Bahrein).

La squadra di Pioli è stata costruita con cura, tagliando stipendi, rafforzando la dirigenza, puntando su giovani forti, un paio di assi e qualche conoscitore delle dinamiche di campo e spogliatoio.

QUELLO  che invece non cambia mai è il copione sugli insulti razziali. Una piccola fetta del tifo laziale si è macchiata del solito, triste, flusso di offese, stavolta non verso qualche calciatore nero ma uno steward, costretto a spostarsi durante la gara di sabato all’Olimpico contro il Verona, ai piedi della curva, per evitare il rischio che dalle parole si passasse ai fatti. La nota a stigmatizzare l’accaduto della società di Claudio Lotito è arrivata immediata, così come l’intervento del ministro degli Esteri Luigi Di Maio a invocare l’intervento della forza pubblica, sperando si possa risalire ai filmati per individuare quel gruppetto di razzisti.

MA LO SCONCERTO resta e lo stesso sentimento si è provato osservando i tifosi di Spezia e Napoli che si lanciavano fumogeni a vicenda sugli spalti dello stadio dei liguri, tra cori su morti, il solito vomito di cori di discriminazione territoriale e l’incapacità da ambo le parti a fermarsi, onorare una giornata di sport, in una partita senza nulla in palio, oltre a due ore di festa, di calcio per famiglie e bambini. Ancora peggio in Lega Pro, il calciatore dell”Avellino inseguito e spogliato della maglia, non degno di indossarla secondo un pugno di ultras (tre arresti), dopo la sconfitta dei campani nei playoff con il Foggia.

Su questi presupposti si ripartirà, tra tre mesi scarsi, in una stagione che si metterà in moto prima: il campionato inizia il 14 agosto, le coppe europee ai primi di settembre, un piano rivisto, del tutto anomalo, per i Mondiali in Qatar tra fine novembre e inizio dicembre, con l’Italia di nuovo esclusa dalla competizione. Il nuovo calendario potrebbe imporre ai club di anticipare le strategie di mercato, ma i soldi sono quelli che sono, in molti casi saranno le cessioni a finanziare gli acquisti. In Italia non ci sono emuli del Psg che prende soldi dallo stato qatariota e li mette sul tavolo  (circa 600 milioni di euro) – con il silenzio circostanziato dell’Uefa – solo per regalarsi di nuovo Mbappè..