Mike Hoolboom, cinema umano e respiro profondo
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Mike Hoolboom, cinema umano e respiro profondo

Il regista «Freedom from Everything», è fra i documentari in concorso in questi giorni nella sezione Nuove visioni del Sicilia Queer Film Festival
Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 4 giugno 2022

Il cinema del canadese Mike Hoolboom ha il respiro meditabondo di un saggio che cuce in libera associazione vari riferimenti tra teoria, letteratura e arti virando per strade inconsuete, mettendosi in ascolto del corpo e del cuore come nel bellissimo We make couples (2016) che rifletteva sulla coincidenza tra la nascita della proiezione cinematografica e quella del concetto di proiezione in ambito psicoanalitico. La sua opera più recente, Freedom from Everything, è fra i documentari in concorso in questi giorni nella sezione Nuove visioni del Sicilia Queer Film Festival. Anche stavolta c’è un’immagine che ricorre ossessivamente e attorno a cui l’autore espande una riflessione per cerchi concentrici: un corpo che cade all’infinito. È quello a cui frana il terreno sotto i piedi quando nell’esistenza irrompe la malattia e la morte.

Con il diffondersi planetario della pandemia da covid19 quel corpo è diventato sociale. L’ultima pandemia a Hoolboom ne ricorda un’altra che gli ha sconvolto la vita, quella dell’AIDS con tutto il carico di paura e rabbia politica che l’ha accompagnata. Un’esperienza allo stesso tempo singolare e collettiva che ha portato a interrogarsi su quali possano essere i margini di sopravvivenza all’interno di un modello capitalista che si espande ed erode l’esistenza come un virus.

Nell’immagine di un corpo in caduta libera si riverbera infatti la condizione più caratteristica del nostro tempo, quella di una precarietà spacciata per libertà da ogni vincolo, in primis lavorativo. Il film riprende le riflessioni dell’artista Hito Steyerl contenute nel saggio Freedom from Everything: Freelancers and Mercenaries sottolineando che chi si lancia liberamente nel mercato, chi è freelance ha come antenato medioevale il mercenario che non essendo legato a un padrone poteva vendere liberamente (free) la propria lancia (lance) al miglior offerente, come Ivanhoe nel romanzo di Walter Scott che per primo utilizzò il termine. Mentre il testo in voce off risale alle origini del capitalismo e alla privatizzazione come furto di beni comuni, Hoolboom trasferisce la critica anche sul piano della pratica audiovisiva mediante il riciclo di found footage libero da licenze e facendo rientrare la maggior parte della sua stessa opera in una logica creative commons (dal suo sito mikehoolboom.com). L’idea è quella di un cinema fondato sull’interdipendenza degli esseri umani e sul rifiuto della proprietà privata che però cita sempre le sue fonti: da James Baldwin a George Michael, da Audre Lorde a Janis Joplin, da Silvia Federici a David Wojnarowicz.

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