Europa

Migranti: gli stati Ue si scaricano il “fardello”

Vertice Affari Interni Clima meno teso, ma ancora attesa per qualche decisione concreta. Francia e Germania insistono: hot spots in Italia, poi ci sarà "solidarietà". Una maggioranza di paesi rifiuta l'obbligatorietà e i criteri proposti dalla Commissione. Bruxelles insiste per rimpatri più efficaci. In vista un Big Brother dei migranti

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 17 giugno 2015

Ci vorrà ancora non meno di un mese, nella migliore delle ipotesi, per arrivare a una qualche decisione europea sul dramma dei migranti. Ieri, al Consiglio Affari Interni, tutti hanno avanzato le proprie pedine, dopo la fiammata franco-italiana avvenuta a scapito dei migranti nel braccio di ferro di Ventimiglia. Francia e Germania hanno precisato la propria pedina comune: la “solidarietà” degli altri paesi della Ue nei confronti dell’Italia sarà possibile solo se Roma mostrerà “responsabilità”. Parigi e Berlino insistono sull’apertura in Italia di hot spots, che potrebbero essere gestiti dalla Ue, cioè dei centri di smistamento per individuare chi è candidato all’asilo e chi, invece, è semplicemente un migrante economico. Per questi ultimi, non c’è posto in Europa. Invece, i candidati all’asilo, cosi’ individuati, potranno poi venire “ricollocati”, secondo “quote” ancora da stabilire, in tutti i paesi della Ue (escluse Gran Bretagna, Irlanda e Danimarca, che godono dell’opt out in questa materia e Londra insiste: la partecipazione a Triton era legata alla certezza di sbarcare i migranti eventualmente salvati sulle coste di Italia o Malta).

Prima del Consiglio a 28, i ministri degli Interni di Italia, Francia e Germania, con il commissario Dimitris Avramopoulos, si sono incontrati per calmare il clima infiammato della vigilia tra Parigi e Roma. Bernard Cazeneuve non ha indietreggiato di un millimetro e ha giustificato il comportamento della Francia alla frontiera tra Ventimiglia e Mentone: “è normale che i migranti vengano rinviati in Italia, poiché è il paese in cui sono arrivati”. Un’interpretazione letterale di Dublino, ma Angelino Alfano ha cercato di leggere una certa flessibilità: “c’è una consapevolezza diffusa che oggi Dublino non funziona più e questo è essenziale”. Il ministro tedesco, Thomas de Maizière, ha messo in guardia in particolare sui rischi che corre Schengen in queste ore: la Germania “non vuole la fine di Schengen”, ha precisato, “né controlli sistematici alle frontiere, Schengen è un elemento della nostra integrazione”. Ma, ha ammesso de Maizière, “l’Italia è chiamata a sobbarcarsi un grande fardello”, mentre il problema riguarda “tutti”. Per Maizière, “gli stati cercano un compromesso”, ma questo non vuol dire il via libera a Roma per sbolognare altrove i migranti: agire con responsabilità, ha sottolineato il ministro tedesco, “implica una responsabilità nazionale il cui non rispetto puo’ condurre alla morte della libera circolazione. Tutti devono prendere coscienza del pericolo”.

Nel comunicato congiunto viene sottolineato che il clima è migliorato nella Ue, ma che ci vorrà ancora tempo prima di prendere decisioni precise sulla redistribuzione.

La proposta delle cosiddette “quote” era stata fatta dalla Commissione il 27 maggio scorso per sole 40mila persone ed era stata accolta con freddezza dalla maggior parte dei paesi (Frontex afferma che da gennaio sono entrate nella Ue 100mila persone). Una decina di stati sarebbero pronti ad intraprendere la via di quote anche obbligatorie, ma contestano le basi su cui è stato fatto il calcolo della Commissione (per esempio, Francia e Germania ritengono che debba essere preso in maggiore considerazione il numero elevato di rifugiati già ospitati). Inoltre, Parigi insiste per avere l’assicurazione che il meccanismo delle “quote” non sarà permanente (quello che è eventualmente possibile per 40mila diventa impossibile per 200mila, riassume un diplomatico). La maggior parte dei paesi sono decisi a non far passare alcuna obbligatorietà di accoglienza (il nocciolo duro è composto da Baltici, Slovacchia, Slovenia, Croazia, Polonia, Bulgaria, Romania, Spagna, Portogallo, Finlandia). “Siamo chiaramente contro l’obbligo” ha fatto sapere il ministro spagnolo José Fernandez Diaz. Poi ci sono i paesi assolutamente contrari ad ogni solidarietà, Ungheria e Repubblica ceca in testa.

La Commissione ha inviato una lettera agli stati membri, con una serie di proposte: la prima, malgrado le affermazioni di Alfano, riguarda l’obbligo di prendere le impronte digitali dei migranti nel paese di sbarco, con un possibile aiuto da parte di Frontex. Il commissario Avramopoulos suggerisce anche di intensificare gli accordi con paesi terzi, sul modello di quelli conclusi finora da Bruxelles con Marocco, Tunisia e Egitto. I “rimpatri” restano un punto fondamentale: l’Europa resta chiusa e pronta a spendere per respingere. Anzi, l’obiettivo è uniformare il tasso di applicazione delle misure di espulsione (molto vario da paese a paese). Per realizzare meglio questa politica ci saranno investimenti nella “digitalizzazione” di Schengen, cioè schedature più efficaci, che verranno scambiate tra le varie amministrazioni per mettere in atto un Big Brother delle migrazioni.

 

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