Microfilosofia del cinema
Libri Lo studio di Paolo Bertetto si riferisce a una ricognizione chiara e articolata del cinepensiero attraverso un percorso che isola alcuni autori, circoscrive alcuni film
Libri Lo studio di Paolo Bertetto si riferisce a una ricognizione chiara e articolata del cinepensiero attraverso un percorso che isola alcuni autori, circoscrive alcuni film
Chi conosce Paolo Bertetto sa che pur essendo un professore ordinario di “Analisi del film” (La Sapienza di Roma), è il meno accademico (nell’accezione negativa di visione conservatrice del cinema e di metodologia tradizionale di insegnamento e approccio storicistico alla materia) dei docenti e degli studiosi italiani. Esperto in particolare del cinema degli anni ’20 – ’30 (le avanguardie, l’espressionismo, Buñuel ecc..), è autore di numerosi saggi e volumi alcuni dei quali esprimono in maniera inequivocabile certe sue intelligenti provocazioni e certe sofisticate e anticonformiste provocazioni. Su tutti un libro dedicato nei primi anni ’80 al cinema italiano intitolato Il più brutto del mondo e un saggio recente di cinema politico apparso su “alfabeta2” intitolato Perché il cinema americano è interessante? Perché è marxista.
E’ da poco uscito invece un volume più accademico (si fa per dire) sul rapporto tra cinema e filosofia Microfilosofia del cinema (Marsilio, pp. 310, euro 25). Il saggio arriva dopo altri studi sull’argomento ma sintonizzandosi splendidamente e con un’angolazione originale su un trend culturale che da alcuni anni ha scardinato tabù e preconcetti per esplorare non solo e non tanto un’applicazione più sistematica della filosofia al cinema e una lettura più approfondita del film con le categorie filosofiche, quanto per andare deleuzianamente oltre, rivisitare in maniera più audace i concetti che legano le due discipline. Come testimoniano rassegne, festival e libri dai titoli inequivocabili: “il vento del cinema – chi pensa il cinema/chi è pensato dal cinema” (il festival procidano inventato da Enrico Ghezzi), A cosa pensano i film, I film pensano da soli.
Insomma tutto ruota prevalentemente intorno alla questione che il cinema ha la capacità di produrre pensiero con mezzi diversi dalla parola. E proprio partendo dalle riflessioni teoriche di Jacques Aumont “L’immagine pensa, l’immagine non rinvia direttamente, e soprattutto non rinvia esclusivamente, a ciò di cui è immagine” e naturalmente del Gilles Deleuze di L’immagine-tempo e L’immagine-movimento “Il cervello è lo schermo. I concetti sono immagini. Sono immagini di pensiero. Non bisogna chiedersi “che cos’è il cinema?” ma “che cos’è la filosofia?” “, il libro di Bertetto intreccia i concetti creati dalla filosofia e i concetti creati dal cinema, riflette sulla relazione cinema-filosofia attraverso i concetti. La premessa necessaria è quella di considerare il cinema non come una forma espressiva/disciplina subalterna ma come un sistema spettacolare-narrativo capace di produrre concetti e rielaborare idee. E questa autonomia di pensiero del cinema mette in moto un doppio movimento dal cinema alla filosofia e dalla filosofia al cinema, individua dinamiche di scambio per cui ci si chiede quanto arriva al cinema dalla filosofia ma anche quanto il cinema porta alla filosofia. A differenza di altri volumi sull’argomento che spesso trasformano la stessa premessa teorica nel pretesto per elaborare altre teorie o per elucubrazioni intellettuali di vario tipo aggrovigliandosi in ipotesi e suggestioni complici le potenzialità speculative della filosofia stessa, il libro di Bertetto tra i tanti ha il pregio di tracciare un percorso chiaro e articolato, di esemplificare il rapporto stratificato e sfuggente tra le due discipline, di rendere comprensibile una materia complessa.
E allora la “microfilosofia” del titolo si riferisce appunto a una ricognizione del cinepensiero attraverso un percorso che isola alcuni autori, circoscrive alcuni film, individua alcuni modelli filosofici e cinematografici, cerca alcune interferenze evidenti e altre più nascoste. Nel primo capitolo Dal cinema al pensiero l’autore ipotizza (e documenta) rapporti immaginari tra Buñul, Dalí e Lacan, Fellini e Debord, Godard e Derrida, Wenders e Deleuze-Guattari. Nel secondo Dal pensiero al cinema affronta alcuni filosofi-chiave per il cinema come Nietzsche, Benjamin, Marx e ancora Deleuze. Nel terzo Il cinema e i concetti approfondisce il cinema in rapporto al divenire, al soggetto e all’altro. Nel quarto infine Personaggi concettuali Bertetto si sofferma sui personaggi concettuali “una sintesi tra immaginazione e intelletto, tra sensazione e logica, tra narrazione e concetto” analizzando alcune figure scolpite nell’immaginario protagoniste di film come Dr. Mabuse, M, Citizen Kane, Vertigo, Vivre sa vie, Professione: reporter . Lang, Hitchcock, Welles, Antonioni sono veicoli di concetti filosofici moderni e illuminanti ma anche Lynch, Tarantino, Bigelow sono per Bertetto “pensatori” tutt’altro che secondari.
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