Michel Mayor, meglio dimenticare il piano B
Intervista Premio Wolf e premio Nobel per la fisica nel 2019, l'astronomo svizzero risponde ad alcune domande cruciali per il futuro del pianeta
Intervista Premio Wolf e premio Nobel per la fisica nel 2019, l'astronomo svizzero risponde ad alcune domande cruciali per il futuro del pianeta
Michel Mayor è stato il primo, con Didier Queloz, ad aver scoperto un altro pianeta fuori dal nostro sistema solare, impresa che nel 2019 gli è valsa l’assegnazione del Nobel per la Fisica. Nell’autunno di quell’anno, quando la pandemia già metteva le basi a Wuhan, a Stoccolma lo scienziato chiudeva la sua Nobel Lecture con un monito: anche se non siamo l’unico sistema planetario nel cosmo, non pensiamo di avere un pianeta di riserva quando questo mostrerà segni di cedimento.
Oggi nell’anno domini 2022 in cui abbiamo imparato a scandire il passato prossimo per ondate come fossero intifade e non esistono mezze stagioni ma neanche stagioni se non quelle di Netflix, le sue parole sembrano uscite dalla sceneggiatura di Don’t look up. Qualcuno tra i collaboratori di Adam Mac Kay, che ha diretto scritto e prodotto il film con Jennifer Lawrence, Meryl Streep e Leonardo Di Caprio, deve averle avute in mente quando ha messo a punto la trama che, piaccia o no, molto ha fatto parlare e sintetizzato senza sottotesti e con accenti pop (solo i Simpson hanno fatto di meglio in tal senso) le aberrazioni e le emergenze di questo momento storico. Su tutti il ruolo della scienza, la manipolazione mediatica e politica, l’interesse economico.
L’approssimazione dell’informazione statistica, la pericolosità dei numeri dati in pasto a chi ha vuoti di competenze e strumenti per leggerli e capirli. E ovviamente i disastri ambientali che portano a salti di specie e nel vuoto.
E dire che, guardando su, gente come Talete è sì caduta dentro un pozzo, beccandosi lo scherno della servitù ma ha appreso dalle stelle informazioni utili a terra quali ad esempio l’avvicinarsi del momento della raccolta delle olive (guadagnando, vuole la vulgata, denaro terrestre, dalla compravendita di otri di olio).
Chi scruta le stelle a tempo pieno si fa carico di una domanda antica come l’uomo e la sua Filosofia che alle origini coincideva con la Fisica, una responsabilità che gronda simboli, mitologie e mette di fronte a ribaltamenti culturali e questioni epistemologiche enormi.
Prendiamo Michel Mayor. Ha scoperto nel 1995 un pianeta extrasolare, 51 Pegasi b; si tratta di un gioviano caldo, dalla massa 150 volte quella della Terra, che compie la rivoluzione attorno alla sua stella in quattro giorni. Eppure le sue caratteristiche fisiche, secondo le teorie consolidate fino al momento della sua individuazione, escludevano potesse farcela in meno di dieci anni. Eppure 51 Pegasi b ci mette meno del Governo Italiano ad eleggere il Presidente della Repubblica. Ecco qua, paradigma ribaltato.
«Abbiamo faticato ad accettarlo, ma abbiamo dovuto ricrederci e cominciare da capo» spiega Mayor raggiunto a Ginevra via Skype.
Il film lo ha visto?
No
Se lo permette lo spoileriamo.
(Mayor permette)
Di fronte alla minaccia dell’impatto della cometa, dopo aver tentato di negare l’evidenza, forzare i numeri sulla possibilità di impatto, e guadagnarci economicamente, i Potenti si crioconservano e volano su un pianeta b, dove atterrano dopo 22.000 anni. Disubbidendo a quanto lei aveva raccomandato nel 2019. Anche il film mostra che il piano è impossibile, inoltre non è vita ma è morte quello che si trova nell’esodo. C’è qualcosa di compatibile con la realtà, nella trama provocatoria?
Rispetto alla possibilità di fuga altrove, no. Trovare nuovi pianeti è un sogno di sempre e il primo pensiero, ora che sappiamo che gli esopianeti sono diversi miliardi nella nostra Galassia (oltre 4.300 quelli già individuati e classificati) l’urgenza che ne consegue è capire se sono abitabili e se c’è vita.
Ammesso che ve ne siano, evenienza possibile, bisogna tenere a mente un calcolo: la Via Lattea è larga centomila anni luce; supponiamo di trovare un pianeta simile alla Terra, diciamo a trenta anni luce da noi, lo considereremmo un nostro vicino, giusto?
Ebbene, trenta anni sono un miliardo di secondi. Un secondo è il tempo che la luce impiega per percorrere la distanza fra la Terra e la Luna. Ma noi quando siamo andati sulla Luna ci abbiamo messo tre giorni. Moltiplichiamo tre giorni per un miliardo: fa dieci milioni di anni. Dunque, impossibile pensare di traslocare! Non c’è modo di superare questa difficoltà, perché l’unico sistema sarebbe, teoricamente, aumentare la velocità del mezzo fino ad approssimarci a quella della luce: la quantità di energia che questo richiederebbe sarebbe pazzesca e impossibile da sostenere.
Da un lato stiamo rendendo il nostro pianeta sempre più inospitale, dall’altro ne stiamo cercando un altro che ci possa ospitare. Da uomo di scienza, pensa che sia ancora possibile evitare i disastri ambientali? pensa che sia probabile che l’umanità farà davvero ciò che è necessario?
Troveremo una soluzione, faremo quel che si deve ma non abbastanza velocemente. L’umanità ce la farà, ma un numero enorme di persone pagherà un conto altissimo. Innalzamento dei mari, siccità e inaridimento dei suoli. Anche se riuscissimo ora a ridurre drasticamente le emissioni di CO2, l’inerzia del sistema farà sì che il loro livello rimarrà alto a lungo. E pensare che già oggi chi vive nei Paesi ricchi guarda alle prime migrazioni di questi anni come invasioni e non riesce a farci i conti, accettarle e gestirle; beh questo non è niente rispetto a quello che potrà succedere. Ci saranno sempre sulla Terra luoghi adatti alla vita dell’uomo, quindi non finirà l’umanità e non finirà il pianeta, ma le immigrazioni saranno imponenti e le conseguenze drammatiche.
Crede che il vostro studio di altri pianeti possa aumentare la nostra consapevolezza questioni terrestri, in qualche modo come l’effetto overview degli astronauti che hanno visto la Terra dallo spazio?
Spero di sì, innanzitutto se spieghiamo chiaramente che la possibilità di emigrare è esclusa quanto quella che su Venere ci sia mai stata vita, che era una delle cose che si era creduto in passato.
Lei sta dando un fondamento scientifico al messaggio di Greta Thumberg.
Sì quello che dice è semplicemente ’ascoltate la scienza’, ma molti politici continuano a mostrarsi molto aggressivi con lei.
In questo momento così critico per la scienza, con tanti che negano emergenza covid e si oppongono ai vaccini, sente la responsabilità di guidare la discussione?
Sì, e sento preoccupazione per il fatto che nei Parlamenti siedano più avvocati che scienziati, parlano di questioni energetiche senza nessun background. A Ginevra porto il mio contributo alla Fondazione Gesda (Geneva Science and Diplomacy Anticipator), una realtà che mira, a favore del multilateralismo, a sfruttare l’ecosistema internazionale di Ginevra per anticipare, accelerare e tradurre in azioni concrete l’uso di argomenti scientifici emergenti e allargando la platea dei beneficiari dei progressi scientifici e tecnologici. Si può fare molto ma certo la parola finale spetta alla politica.
Se da un lato sfruttiamo la Terra e ne compromettiamo l’ecosistema, dall’altro siamo arrivati anche a sporcare e sfigurare la volta celeste con spazzatura e progetti molto terrestri: nello spazio galleggiano satelliti in disuso, si preparano crociere per miliardari e pianifica l’estrazione di minerali preziosi dagli asteroidi. Gli scienziati prestano attenzione anche a questo aspetto?
Il problema è che governi, e privati, possono fare tutto questo e lo fanno. Non c’è un ordinamento giuridico, non ci sono regole e se hanno soldi per spedire 40.000 nuovi satelliti lo fanno, e anche se ciò ha un impatto su tutti nessuno può impedirlo. Mentre cerchiamo di risolvere la crisi energetica Elon Musk parla di spedire un milione di persone su Marte entro un secolo, operazione che esige una quantità spropositata di energia non solo per il viaggio ma per costruire là quel che serve, con un impatto abnorme sulla Terra.
A proposito dello spedire vita terrestre nello spazio, cosa ne pensa del progetto avanzato da fisici teorici di inviare su pianeti dove la vita sembra possibile kit per accelerare l’evoluzione della vita, contenenti cianobatteri ed eucarioti. attraverso sonde Genesi?
Anche in questo caso si tratterebbe di un viaggio troppo lungo, 10 milioni anni e un po’ di cianobatteri per terraformare e poi…con che diritto contaminare un altro pianeta? Se qualcuno al di fuori del nostro sistema, spedisse sulla Terra materiale biologico per colonizzarci non penso la prenderemmo bene. Se arrivasse qui una forma di vita diversa si instaurerebbe una competizione. È un’idea imperialistica. Andrebbe a finire un po’ come quando abbiamo portato dall’Europa i virus del vaiolo in Sud America.
Un’idea antropocentrica. Gli esseri umani tendono sempre a sentirsi unici e speciali.
Sì, fino alla prima metà del Novecento gli astronomi hanno ritenuto che il sistema solare fosse un’eccezione; anche a fronte di duecento miliardi di stelle nella nostra galassia abbiamo dato per scontato che non fosse possibile si fossero create altrove le condizioni per la formazione dei pianeti. Questa convinzione si basava su una erronea spiegazione sulla formazione dei pianti. Oggi sappiamo, e abbiano verificato, che esistono migliaia di pianeti e sistemi, e questo cambia anche la visione della nostra posizione e della nostra presunta eccezionalità. Se le leggi fisiche valgono dappertutto allo stesso modo, la vita può essersi sviluppata ovunque si siano presentate condizioni simili. Anche nel nostro pianeta la vita esiste in luoghi dalle caratteristiche molto diverse tra loro: al Polo Nord, nel deserto del Sahara, nelle profondità degli oceani.
La ricerca della vita aliena chiama la tradizione di fantascienza, in letteratura e cinema. Ha una qualche preferenza, autostoppisti galattici del cuore?
Non sono una grande fan della science fiction, la scienza è già così ricca, mi basta.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento