In Ascolta, la musica, il suono e noi (La Nave di Teseo, traduzione di Andrea Silvestri), Michel Faber lancia parecchie provocazioni, fin dal titolo: l’ubiquità della musica oggi la rende una forma di prevaricazione e spesso vorremmo non ascoltare. Tra autobiografia, scienza, filosofia e antropologia, il libro è un lungo saggio freeform, con racconti affascinanti come quello di Beatrice Harrison, la violoncellista preferita di Elgar. Leggerlo è come avere Faber nel salotto di casa per una di quelle chiacchierate a tarda notte tra aficionados hard-core. Lo scrittore ha risposto ad alcune domande via email.

Molte pagine di «Ascolta» cercano di smitizzare la musica.

Sì, ma ciò non ne compromette la magia. In questo momento qualcuno starà ascoltando i Doors o i Velvet Underground perché una qualche «autorità» gli ha detto di farlo. Che spreco di tempo e di energia, quando potrebbero ballare con le Mahotella Queens o commuoversi con Mantovani.

Michel Faber, foto di Pal Hansen

Nel Regno Unito un paio di recensori snob l’hanno accusata di essere snob. Faber, lei è snob?

Dovevo aspettarmi qualche recensione simile, eppure sono rimasto ugualmente sorpreso. Uno dei messaggi di Ascolta è che non esiste un gusto «superiore», ognuno ha le sue preferenze per motivi tribali o autobiografici, e che lo snobismo è uno spreco di tempo prezioso. Questo ha spinto alcuni snob a sprecare un sacco di tempo per spiegare perché Michel Faber non è abbastanza qualificato per far parte della loro gang di sommi esperti.

A proposito di snobismo inglese, l’ostracismo verso la musica non anglofona è duro a morire. Una volta ho provato, senza successo, a richiedere «Se telefonando» di Mina a Bbbc Music.

Molto dipende dall’atteggiamento di chiusura dovuto al fatto che sono uno stato insulare. Nell’intervista che le ha fatto Matteo Uggeri per Concrete Shelves lei diceva che da bambina cantava «iello sammarì» dei Beatles perché era «attratta dal suono, dal mistero di una lingua straniera». È un sentimento con cui crescono molti bambini in Europa, Africa e Asia: canzoni esotiche che vengono da molto lontano, o magari anche solo da un paese oltreconfine, e che funzionano come incantesimi prima ancora di sapere che significano le parole. I britannici non vedono il mondo allo stesso modo. Per loro, l’inglese è un paradigma universale: qualsiasi artista «straniero» che voglia farsi conoscere in Gran Bretagna deve imparare a cantare nella loro lingua, e loro sono spietati nel prendere in giro chi non ha un accento perfetto. Sicuramente qualche hipster che conosce Mina informerà gli altri componenti della sua tribù che la musica di Se telefonando è di Ennio Morricone, una figura estremamente rispettabile per uomini che sfoggiano gusti sofisticati. Ma non vogliono che la Bbc suoni Mina, è più importante che resti un oscuro oggetto di conversazione. Se fosse conosciuta da un pubblico più ampio, avrebbe meno valore.

A proposito di anglocentrismo, lei fa l’esempio di Nana Mouskouri, la musicista donna che ha venduto più dischi, un record che invece è attribuito a Madonna. Ian Brennan e Marilena Delli sono due attivisti che dedicano le loro risorse a fare dischi con musicisti di aree remote del mondo che altrimenti non avrebbero nessuna probabilità di essere registrati e ascoltati. Brennan ha scritto dei libri sul falso mito della meritocrazia in musica e sulla sua battaglia per la democrazia nell’arte.

L’album che hanno registrato in Ghana con Witch Camps, I’ve Forgotten Now Who I Used To Be (2021), è stata una delle mie scoperte dell’anno passato. Ho comprato i libri di Ian dopo aver ascoltato quel disco, lo ritengo un autore importante. Adesso siamo in contatto via email e spero che un giorno riusciremo a fare qualcosa insieme. La musica che ascoltiamo è molto diversa, ma entrambi siamo consapevoli che al mondo esistono molte più cose di quelle di cui si occupano i media mainstream, ed entrambi vogliamo scrivere libri che non si limitino a rafforzare le opinioni dei lettori, ma servano a qualcosa di più.

Nana Mouskouri, foto wikipedia

Ho fatto ascoltare Mozart a mio nipote quando era neonato e pensavo che il suo sgambettio fosse una manifestazione di felicità. Ma dopo aver letto il capitolo «Le orecchie di un bambino», ho paura di avergli danneggiato il sistema nervoso.

Non si preoccupi! Suo nipote è un essere umano, presumo, e quindi ha maggiori capacità di apprezzare Mozart di un cane, un uccello o un insetto. Le comunicherà se qualcosa gli piace. In realtà probabilmente non fa differenza che si tratti di Mozart, Metallica, Muslimgauze o Mina: se lui associa la musica al tempo piacevole che passate insieme, imparerà ad apprezzarla.

Lei si definisce un collezionista di suoni e di fenomeni culturali. Ci fa un paio di esempi?

Di recente ho molto apprezzato i lavori di ristrutturazione degli inquilini al piano di sopra. Un sacco di trapanature, smartellamenti e seghe elettriche. «Concerti» che purtroppo finiscono puntualmente alle sei di sera. Mi sono molto appassionato anche alle riviste maschili di avventure che ebbero grande successo in America dagli anni Cinquanta ai Settanta. Fantastiche copertine di uomini muscolosi che lottano contro orsi, tigri, serpenti, donnole assassine, o che vengono torturati da splendide fanciulle naziste con le camicette sbottonate e una frusta in mano. Dentro ci sono decine e decine di pubblicità di corsi per corrispondenza per insegnare a uomini con un’autostima sottozero come ottenere lavori ben pagati che li salveranno dalla miseria. Sono commoventi fino alle lacrime.

Nel libro racconta che Franco Battiato ha composto un brano per sua moglie Eva. Ci racconta come è accaduto?

Mi sono innamorato della musica di Battiato nei primi anni 2000 e l’ho fatta conoscere anche a Eva, a cui piacevano in particolare Sulle Corde di Aries e Shadow, Light, un’antologia che comprende Messa Arcaica e alcune canzoni come Povera Patria, una delle sue preferite in assoluto. Quando nel 2008 a Eva fu diagnosticato un mieloma multiplo, all’inizio pensammo che le sarebbe rimasto solo un altro compleanno, così di nascosto ho contattato i suoi musicisti preferiti chiedendo loro di mandarmi un brano musicale per regalarle un cd. Battiato compose un brano intitolato I Have A Message For You. Eva e Franco non si sono mai conosciuti di persona, anche se lui la salutò al telefono alcuni anni dopo, mentre eravamo a Milano. Eva è sopravvissuta sei anni. Il pezzo di Battiato suonava durante la cerimonia funebre umanistica, mentre la bara scivolava via dietro le tende. Sette anni dopo, anche Franco è morto di mieloma multiplo.

Nick Cave sa che lei soffre di acufene?

Dipende se ha letto il libro!

Anche lui ce l’ha.

Non lo sapevo. Non parlo con Nick da quando lo intervistai per il giornale della Melbourne University, io avevo diciotto anni e lui ventuno. Comunque non do la colpa del mio acufene ai concerti dei Birthday Party e dei Bad Seeds, per quanto fossero assai rumorosi.

Data la sua passione per la musica industrial, sembra quasi che abbia voluto interiorizzarla per portarla sempre con sé.

Immagino che lo dica per punzecchiarmi. Mi piace ogni genere di musica, anche quella più tranquilla che l’acufene rischia di rovinare. Ma ho imparato a conviverci, ci sono molte malattie peggiori e mi ritengo fortunato a poter vedere, camminare, concentrarmi, mangiare, dormire e così via.

Non sarebbe stato più semplice intitolare «Ascolta» «Un’autobiografia in musica»?

Quando ho iniziato a scrivere il libro, ero deciso a tenermene fuori, a farne un libro su voi lettori anziché su di me. Dopo un po’ mi sono reso conto che sarebbe stato utile parlare del mio passato, perché così chi legge avrebbe avuto la sensazione di conoscere un’altra persona, anziché dover solo digerire idee provocatorie.