Gli spazi della Fondazione Ica a Milano, a pochi passi dall’area su cui sorgerà il villaggio olimpico per i giochi invernali del 2026, ospiteranno dal 14 dicembre al 16 marzo 2024 la prima mostra personale di Michael Stipe, l’ex cantante e leader dei R.E.M., oggi artista visuale a tutto tondo, dal titolo I have lost and I have been lost but for now I’m fliyng high.

LA PAROLA CHIAVE e filo conduttore dell’esposizione, curata da Alberto Salvadori, prendendo spunto dalla poesia in prosa Desiderata, scritta nel 1927 dal poeta statunitense Max Ehrmann, è la vulnerabilità, che da deprecabile debolezza da nascondere nell’epoca dell’iper efficientismo sta diventando se sempre più un fattore di riconoscimento, in grado di unire e creare connessioni tra le persone: «Sto riconoscendo nel mio lavoro e nella mia vita che uno dei miei punti di forza, o uno dei miei superpoteri come performer e musicista, come artista, come figura pubblica, molto pubblica, come attivista, è la mia vulnerabilità – racconta Stipe – le donne lo sanno da sempre e ora gli uomini si stanno mettendo al passo. Ma è chiaro che nel ventunesimo secolo, per me, stiamo riconoscendo le zone grigie. Stiamo considerando le sfumature come una parte molto importante di tutto, che il mondo non è diviso in bianco e nero o maschio e femmina».

La redazione consiglia:
Michael Stipe, fotografie per raccontare la nostra epocaIn questo le nuove generazioni sono già molto avanti: «Loro sono di questo secolo e credo che prendano consapevolezza e riconoscano il genere, la sessualità da soli. Questo è importante, molto importante per le mie figliocce. Sono decenni che canto questa canzone. Lasciatemi imparare dalla gioventù!».

Stipe è molto coinvolto dal discorso e lo amplia fino ad arrivare alla stringente e crudele attualità: «Essere a favore di qualcosa non significa essere contro qualcos’altro. Vediamo come questo tipo di divisione crei terribili violenze, guerre e appropriazioni indebite di potere. Questa energia maschile di potere, di dominio e di potenza militare è ridicola. Eppure, dal punto di vista economico, spinge i motori di tutto il mondo. Penso che come artisti, parte del nostro lavoro sia quello di illuminare questi problemi, ma anche di essere in grado di vedere al di là di essi e di saper riconoscere e dire chiaramente: guarda, questo è male. Ma c’è luce, c’è speranza, c’è la promessa di un futuro migliore».

ANCHE NEL CASO in cui Trump tornasse al potere nelle elezioni del 2024? «Il fascismo non è certo un problema solo americano. Sono molto preoccupato per il mio Paese. Abbiamo un Presidente che è estremamente compromesso nelle scelte che deve fare. Le sue convinzioni non sono identiche alle mie, ma sostengo il buon lavoro che sta facendo. Riconosco il compromesso che è insito in questo lavoro. E la democrazia come idea è un progresso molto lento. Non si muove rapidamente, ma la mia pazienza è molto sottile». Ma l’amore può essere la mia arma più forte, cantava con i R.E.M. nel 2004 prendendo posizione contro l’intervento militare in Iraq: «Erano tempi molto diversi, ma sì, funziona ancora».

«Il cambiamento – continua Stipe – è l’unica cosa che gli esseri umani non sanno fare, ma è l’unica cosa che sappiamo che accadrà. Quindi dobbiamo riconoscere e poi accettare il cambiamento. E io non ne sono all’altezza quanto voi. Quindi stiamo tutti imparando mentre cresciamo».
E, dopo la mostra, Michael Stipe è pronto per tornare alla musica nel 2024 con un album solista: «Musica pop. È per lo più elettronica e un po’ disco. La trovo bellissima. È molto diversa dai R.E.M., ma la voce c’è».