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Michael Jackson, cosa resta del mito

Michael Jackson, cosa resta del mitoMichael Jackson

Musica Nel decennale della scomparsa, il 25 giugno, tra scandali e rivisitazioni

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 23 giugno 2019

Cosa resta del mito della popstar planetaria di cui il 25 giugno ricorre il decennale dalla morte, alla luce dello scandalo pedofilia e – più recentemente – dalle polemiche successive all’uscita del documentario Leaving Neverland, costruito su due testimonianze e molte congetture. La domanda che molti si pongono è se l’immagine iconica di Michael Jackson, «the king of pop», uno degli artisti musicali più amati e seguiti di sempre, possa sopravvivere a tutto questo. La storia musicale e artistica di Jackson e l’influenza che ha avuto sulla cultura popolare globale prescindono da ogni giudizio sulla sua persona. Negli anni ’60 negli Stati uniti la comunità nera e il suo desiderio di emancipazione si identificavano con le tre «M»: Martin Luther King, Malcom X e Motown. I leader politici e spirituali erano parte integrante di un movimento che vedeva anche nella musica e nel suo marchio più celebre, quello dell’etichetta di black music di Detroit, uno dei veicoli verso una società più libera e aperta. Il giovanissimo Michael e i suoi fratelli, in quanto artisti Motown, divennero parte di tutto questo. In anni cupi per la comunità nera in cui le conquiste per i diritti venivano macchiate dagli omicidi, il gioioso ottimismo soul dei Jackson 5 sembrava infondere speranza e voglia di divertimento.

I CINQUE ragazzini dell’Indiana alla fine dei ’60 erano il contraltare pop alla protesta afroamericana e all’impegno dei giovani bianchi contro la guerra del Vietnam. Diventarono la prima «boy band» nera a conquistare il pubblico americano di tutti i colori e tutte le età. Nei ’70 i Jacksons erano star della musica e della televisione, ritratti in un popolare cartone animato della ABC e successivamente protagonisti di uno show di varietà tutto loro per la Cbs. La triade di dischi prodotti con Quincy Jones, Off the Wall, Thriller e Bad, trasformò Jacko in una icona globale internazionale e nell’artista discografico più venduto della storia. Era sopravvissuto alla maledizione dei bambini prodigio, portando il suo talento nell’età adulta. All’alba dell’era del dominio della video musica, Jackson diventò pioniere e conquistatore, ridefinendo lo stile e i contenuti di musica e immagini. Nei ’90 un’altra rivoluzione stava scuotendo dalle radici la black music.

LA CULTURA hip-hop non rinnegava il passato, ma era nuova, dirompente e trasgressiva. Quincy Jones capì che la terra tremava sotto i piedi della vecchia generazione, Michael non riuscì a cogliere il mutare dei tempi e il connubio si spezzò. Ma Jackson, pur tra eccentricità sempre più marcate, riuscì a ampliare il suo pubblico in luoghi in cui il pop di impostazione anglosassone ha spesso avuto difficoltà ad affermarsi come l’Africa e i paesi dell’Asia orientale. L’eredità lasciata nella cultura di massa da Jackson è troppo marcata per essere cancellata dalle nuove rivelazioni.
Quincy Jones a inizio maggio ha dovuto rimuovere, dal titolo di un concerto dedicato alla sua carriera di produttore, ogni riferimento al cantante. Ma lo scorso mese più di 21 milioni di persone hanno ascoltato su Spotify le canzoni del re del pop. Secondo Billboard le vendite dei suoi dischi sono aumentate del 10% dopo la diffusione di Leaving Neverland. Jackson è un costante parametro di riferimento per ogni divo globale e ispirazione per la scena pop contemporanea da Kanye West a Justin Timberlake. Un suo pezzo rimasto inedito, è stato usato da Drake per il singolo Don’t matter to me del 2018. L’imperante scena trap, quanto di apparentemente più lontano dallo stile di Michael, ha cannibalizzato molti dei suoi successi in innumerevoli remix non ufficiali reperibili online. «È il più grande artista nero che il mondo abbia mai conosciuto. Venivamo ricevuti da re, regine e capi di stato» così disse Bob Jones che fu per anni uno dei suoi PR. Jones, che nel 2005 scrisse una biografia scandalistica, fu uno degli ideatori di molte delle eccentricità che nutrivano una stampa avida di scoop sulla star. Jackson era anche un maestro del gossip e sapeva come dominare il mondo delle notizie prima che si usasse l’aggettivo «virale».

A DIECI ANNI dalla sua scomparsa, l’universo del King of Pop è popolato da grandi ricordi e grandi dubbi: un repertorio entrato nella memoria collettiva,episodi aneddotici inverosimili, illazioni, accuse smentite dai tribunali e nuove da cui non può più difendersi. Non è forse giusto separare l’arte dalla vita degli uomini che l’hanno creata. Ma per gli artisti diventati icone accade l’esatto contrario di quello che diceva il Marco Antonio di Shakespeare: è il male che hanno compiuto a essere sepolto insieme alle loro ossa, mentre il bene si prolunga oltre la loro vita.

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