La solennità spezzata dalla disperazione dell’ultima opera dei Metallica, dodici canzoni per settantasette minuti che trascorrono riluttanti di rivelarsi ai primi ascolti, occultate e confuse nell’oscurità del loro tono, una massa nera che può sembrare indistinta nell’uniforme tenebra timbrica che solo Lux Aeterna parrebbe dissolvere se la sua concisa, violenta («Light it!») chiarezza in tanta notte non fosse quasi dolorosa, l’abbagliante crudeltà di una luce improvvisa. D’altronde «Senza tenebra non c’è nessuna luce» canta dopo un sempre potente James Hetfield in Chasing Light e la verità si cela sempre laddove non vi è lucore alcuno.

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Metallica, rock all’ippodromoLA CONFIDENZA con 72 Seasons non dissolve l’illusione di un album monocromatico che infine risulta in una costruzione monumentale e cadente, una gotica cattedrale in rovina sepolta dal crepuscolo di un bosco stregato, e così come lo sguardo si adegua ad una povera illuminazione ecco che anche l’orecchio si abitua e comincia così a distinguere le forme, i dettagli e le sfumature in questo vasto panorama ombroso.
Non ci sono brani che lasciano indifferenti, metallo assai pesante senza dubbio che solo raramente cede all’antica ritmica «thrash» come nella convulsa Room of Mirrors, ricordo di un passato estinto dalla volontà di superarsi della band tuttora malvista dagli appassionati più radicali della prima ora, ma che si è rivelata fondamentale per la loro sopravvivenza e per il valore delle loro opere dopo And Justice for All (1988), così James Hetfield sembra rivolgersi al pubblico dei delusi, o meglio degli offesi dalla loro svolta quando urla «Criticheresti, esamineresti, stigmatizzeresti il mio dolore? Puoi giudicare, potresti seppellirmi o lasciarmi solo libero». Liberi appunto da un passato comunque straordinario nel quale molti avrebbero voluto che i Metallica stagnassero e dalla cui negazione sono nati album notevoli e sottovalutati, come quel capolavoro sperimentale che fu Lulu con Lou Reed, perlopiù vituperato in maniera odiosa.Non ci sono brani che lasciano indifferenti, metallo assai pesante senza dubbio che solo raramente cede all’antica ritmica «thrash» come nella convulsa Room of Mirrors

CONCLUDE un brano bellissimo e mostruoso di oltre undici minuti, Inamorata, una folle canzone d’amore dedicata al tormento esistenziale, all’angoscia che si nutre di noi, che ci uccide ma della quale abbiamo un disperato bisogno.
72 Seasons è un album sfuggente in maniera magnifica e tremenda, che può alimentare e demolire i pregiudizi, fluendo con la rabbia luttuosa e travolgente di un fiume mitico. Da affiancare agli ultimi Iron Maiden, Helloween, Megadeth e Blind Guardian per ribadire l’inestinta qualità di una «vecchia» ma sempre grandiosa e necessaria musica Metal.